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Regione siciliana, fondi Ue spesi in ritardo. Serve rivoluzionare la gestione delle risorse

Regione siciliana, fondi Ue spesi in ritardo. Serve rivoluzionare la gestione delle risorse
Palazzo dei Normanni

Il governatore regionale esulta per i risultati ottenuti, ma l’Isola è lenta nei cambiamenti. Manca un bilancio degli effetti sui territori, sui posti di lavoro realizzati e sul progresso

Domenica 3 agosto il presidente della Regione siciliana, Renato Schifani, ha esultato sulla stampa perché sono state “spese tutte le risorse Ue del programma Fesr”, cioè le risorse dell’Unione europea che, ogni sette anni, sono attribuite alle regioni con redditi pro capite al di sotto della media Ue, come la Sicilia, per sostenerle nel realizzare il riequilibrio territoriale in termini di sviluppo economico e sociale.

Ma di cosa esulta esattamente Schifani? Di avere finalmente utilizzato tutti i fondi del programma settennale Ue 2014-2020, e cioè con un ritardo di ben 12 anni, compresi i cinque successivi alla scadenza?

Certo, in questo incredibile ritardo le responsabilità sono anche dei precedenti presidenti della Regione, ma ci si rende conto che in tal modo, e da decenni, le risorse dell’Ue per il riequilibrio territoriale non servono ai siciliani e non raggiungono i loro obiettivi, al contrario di ciò che è accaduto nel resto d’Europa?

E perché il presidente Schifani non comunica, magari su questo esultando con ragione, quanti posti di lavoro sarebbero stati creati con questo finanziamento Fesr di 3,8 miliardi di euro? Quali strategie di crescita economica e sociale sarebbero state attuate, con quali obiettivi e, soprattutto, con quali risultati?

O Schifani, insieme ai presidenti precedenti, al suo staff, e alla burocrazia regionale siciliana, pensa che si raggiunge il risultato con la spesa, e non con la realizzazione effettiva del cambiamento in meglio, che infatti non c’è? E non c’è mai stato, se è vero che decine di miliardi di risorse Ue per decenni sono tornati a Bruxelles per l’incapacità congenita di riuscire a utilizzarli.

E sempre sullo stato dei fatti, quante risorse sono state assegnate ai cosiddetti “progetti di sponda”, e cioè di quei progetti già finanziati con altre risorse nazionali o regionali, e già in corso di realizzazione, per evitare di restituire i danari a Bruxelles? Così come sarebbe anche utile sapere come vengono riutilizzate le risorse già precedentemente stanziate, e tolte per fare posto ai “progetti di sponda”?

Magari per implementare la distribuzione di “mance e mancette” ai parlamentari regionali, che senza “risposte ai cittadini”, e quindi senza distribuzioni personali e clientelari di danari, sono indisponibili a fare passare i provvedimenti?

Ma ciò che lascia perplessi è la conclusione di Schifani che, limitandosi ai numeri della spesa raggiunta e dei 6.500 progetti realizzati, null’altro dice, ma anzi forte di questa assenza di chiarimenti sui presunti miglioramenti nella gestione delle risorse Ue, dichiara: “Guardiamo adesso con fiducia alla nuova programmazione, consapevoli che abbiamo dimostrato di saper usare al meglio le risorse disponibili., in un momento storico cruciale per lo sviluppo della Sicilia”.

Ma di cosa sta parlando? A dodici anni di distanza avrebbe dimostrato di saper usare al meglio le risorse disponibili? Il punto politico è che la gestione dei fondi Ue deve essere necessariamente modificata, perché solo l’Italia ha questa tradizione di incapacità di spesa, a fronte di una inesistenza di progettualità che, a sua volta, non avendo obiettivi, non consente di potere misurare i risultati degli investimenti eseguiti.

Questo limite, adottato da politici ottusi e burocrati incapaci, consente un unico misuratore possibile, costituito dalla spesa effettuata, senza alcun riguardo alla qualità della stessa, agli effetti sui territori, ai posti di lavoro realizzati, al miglioramento di ogni possibile leva di sviluppo e di progresso economico.

Ecco perché è assolutamente prioritaria l’urgente adozione di riforme radicali dell’intero apparato preposto alle politiche di riequilibrio territoriale, ed il ricorso a metodologie ispirate a logiche culturali moderne, all’utilizzo del digitale e della Intelligenza artificiale, e a ogni ulteriore strumento per una radicale introduzione di progettualità capaci di gestire con profitto le problematiche del lavoro e dello sviluppo aggiornate a questo tempo, anche per fermare la fuga dei talenti che, in numero crescente, abbandonano il Paese e vanno a lavorare all’estero.

Ciò che occorre è quindi la immediata cancellazione del ricorso a meccanismi inefficaci e obsoleti di 30-40 anni fa, del tutto inutili per le aspettative economiche e sociali delle regioni italiane, come si evince dai risultati fino ad oggi ottenuti.

Ecco perché la dichiarazione di Schifani è mille anni luce lontana da ciò che si dovrebbe fare per ridare un futuro alla nostra terra.

Ma c’è un ulteriore paradosso, messo intelligentemente all’attenzione dei lettori da parte del Quotidiano di Sicilia, che in una approfondita analisi, pubblicata sabato 9 agosto, ha fatto emergere la continuità dei ritardi nella gestione dei fondi Ue, che appare perfino ancora più grave dei ritardi di 12 anni dei Fesr 2014-2020, della serie che mentre si completava il ritardo precedente, se ne creava uno più profondo per la progettazione 2021-2027, che fa capire in che mani è la Sicilia, con questa Regione.

On. Nicola Bono
Presidente Europa Nazione