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Richieste di pareri di Comuni ed ex Province: la Regione è sommersa

Richieste di pareri di Comuni ed ex Province: la Regione è sommersa
Regione Siciliana – Palazzo d’Orléans – da Imagoeconomica

I pareri non vincolano nelle scelte gli enti così come il loro mancato rilascio non è da considerare un “silenzio-assenso”

Porre dei limiti alle richieste dei Comuni, delle Città metropolitane e dei Liberi consorzi comunali, che si rivolgono al dipartimento regionale delle Autonomie locali per consulenze giuridico amministrative. Tale attività è stata regolamentata dalla circolare numero 7 del 17 marzo 2008, ma ad oggi è necessario aggiornare la normativa, soprattutto a causa delle numerose richieste di rilascio di pareri che pervengono da parte dei vari organi dei Comuni e degli enti di area vasta in ordine a svariate problematiche. In particolare, la nuova circolare specifica che il Servizio 1 “Indirizzi generali e contenzioso” non fornisce pareri su casi specifici, ma svolge attività di orientamento e indirizzo generale sull’assetto e sul funzionamento degli enti locali. Infatti, l’assistenza giuridico/amministrativa degli organi comunali, è in primis assegnata ai segretari comunali degli enti locali.

La responsabilità della scelta non può ricadere sugli uffici regionali

Non solo: mentre l’attività consultiva svolta dai segretari comunali degli enti locali ha natura endo-procedimentale, cioè relativa anche alla natura unica del singolo procedimento, l’attività di consulenza svolta dal Servizio 1 del dipartimento regionale delle Autonomie locali non ha questa caratteristica, ponendosi al di fuori del procedimento amministrativo. Pertanto, l’omesso riscontro alle richieste di parere da parte del Servizio 1 non giustifica la mancata adozione del provvedimento amministrativo da parte delle amministrazioni richiedenti, né si può fare riferimento ai principi del silenzio-assenso o del silenzio-diniego. Nella stessa circolare numero 7/2008 era stato precisato che “i pareri rilasciati dal dipartimento, per la natura di mera interpretazione di norme di legge, non possono essere annoverati fra gli atti generali di imposizione, non vincolano l’ente richiedente, che resta libero di non adottare un comportamento ad essi uniforme. Essi rappresentano una “dottrina dell’amministrazione”, vale a dire l’opinione di una parte e possono essere disattesi.

Nuovi requisiti per la valutazione delle istanze

Quindi, sono stati fissati i requisiti “imprescindibili” che le istanze dei richiedenti devono possedere, in assenza dei quali il responso dell’ufficio non potrà essere esitato: innanzitutto, la materia relativamente alla quale viene richiesta la consulenza deve concernere l’assetto ed il funzionamento dei Comuni o degli enti di area vasta; le questioni poste non devono esaurirsi in singoli casi specifici, ma possedere carattere generale per la cura dell’interesse pubblico, per cui la richiesta dovrà essere adeguatamente motivata, mettendone in risalto il fine superiore di salvaguardia dell’interesse pubblico. Ancora, le istanze devono essere debitamente formulate in modo inequivocabile e compiuto, con l’annessa documentazione di supporto, necessaria per una prima cognizione della problematica, e devono essere supportate dal parere obbligatorio del segretario del Comune o dell’ente di area vasta che è tenuto ad esprimere il proprio orientamento.

Risposte dall’Amministrazione soltanto per richieste attuali e aggiornate

In ultimo, le questioni poste non devono riferirsi ad atti procedimentali nei quali l’amministrazione regionale è controparte in conflitto dell’ente richiedente, e devono possedere la connotazione di “attualità”, ossia, riferirsi all’interpretazione applicativa di norme vigenti; pertanto, sono inammissibili e non saranno esitate dall’ufficio le richieste di consulenza  relative a norme che non sono state aggiornate dall’ente richiedente, in conformità all’adeguamento imposto da specifiche norme di legge regionale.

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