CATANIA – La notizia è di quelle che faranno storcere il naso a quanti sperano che, prima o poi, la politica e la pubblica amministrazione regionali riescano a dare un sussulto d’orgoglio iniziando a risolvere i problemi della Sicilia. Allo stesso tempo ha tutte le carte in regola per portare i più disillusi – realisti? – a ribadire che si ha a che fare con una terra irredimibile. A prescindere da come la si veda, la sostanza è questa: a Catania e provincia, dove le condotte sono talmente fatiscenti da riuscire a portare nelle case meno di un litro su due di acqua, è molto probabile che si dovrà fare a meno dei quasi 17 milioni di euro che erano stati concessi proprio per iniziare a tappare tali falle.
Pnrr e reti idriche a Catania: il rischio revoca dei fondi
Del progetto, il cui valore esatto è 16.899.026,60 euro e rientra tra quelli finanziati con il Pnrr, si sarebbe dovuto occupare la Servizi idrici etnei (Sie), ovvero la società pubblico-privata che dopo aver vinto una lunga battaglia giudiziaria per prendere in mano le reti in tutti i 58 Comuni della provincia da un anno a questa parte sta stentando ad avviare la propria gestione. Un po’ per la mancanza di un piano d’ambito aggiornato, un po’ per le perplessità – espresse dall’Ati, l’assemblea dove siedono i sindaci – sulla solidità finanziaria della società, l’ingresso di Sie sta avvenendo al rallentatore. E ciò ha comportato l’avvio del procedimento che porterà alla revoca del finanziamento per la riduzione delle perdite nelle reti di distribuzione dell’acqua.
Le motivazioni del ministero e le scadenze mancate
La decisione è stata confermata nei giorni scorsi in una lettera che la Direzione generale per le dighe e le infrastrutture idriche del ministero delle Infrastrutture ha inviato sia all’Ati che a Sie, e per conoscenza ai sindaci e soprattutto all’Unità di missione per il Pnrr. All’origine della procedura, che è partita a metà ottobre, e che si avvia verso l’epilogo peggiore c’è la pressoché impossibilità di rispettare le scadenze per la realizzazione delle opere. Il termine ultimo sarebbe il 31 marzo 2026 e ad avere la consapevolezza che si tratti di una chimera è stata la stessa Sie. La società guidata da Sergio Cassar, infatti, già il 13 settembre aveva inviato una nota al ministero in cui “ha espressamente evidenziato l’impossibilità di raggiungere l’obiettivo finale”.
In primavera da Roma erano stati concessi i primi cinque milioni di euro. Somma che l’Ati avrebbe dovuto girare a Sie come soggetto attuatore. A Catania, però, quella che ha come protagonista il gestore unico è una storia che finora si è scritta soprattutto sulle carte: quelle che passano dai tribunali ma anche le corrispondenze ufficiali con l’Ati. Un crescendo di attriti di cui si fatica a vedere la fine.
L’iter di revoca e il ruolo dell’Ati
“Si premette che, con nota del 13 ottobre 2025 – si legge nella lettera del ministero – questa Direzione generale ha avviato il procedimento di revoca del finanziamento relativo all’intervento in oggetto, concedendo termine di trenta giorni ai soggetti attuatori, per presentare esaustiva memoria contenente controdeduzioni e documentazione pertinente. Il suddetto termine risulta ad oggi scaduto, senza che i soggetti legittimati abbiano presentato alcuna controdeduzione volta a superare le condizioni contrattuali che danno luogo a revoca del finanziamento”.
Per il governo nazionale, il fatto che l’Ati “abbia garantito con fondi propri la copertura finanziaria residua necessaria all’avvio della gara di affidamento dell’appalto” non rappresenta una garanzia utile a “superare le criticità più volte evidenziate” in merito al rispetto dei termini. D’altra parte nei mesi passati era stata la stessa Ati che, davanti allo stallo, “ha espressamente richiesto di procedere alla revoca del finanziamento”.
Dieci giorni ai sindaci e l’ipotesi proroga Pnrr
Adesso prima che cada il sipario su una vicenda che porterà inevitabilmente a nuove polemiche, i sindaci avranno dieci giorni per presentare memorie e documenti che possano far cambiare orientamento al ministero. Al momento è difficile immaginare una mossa utile a riaprire la partita. L’unica non dipende dall’Ati e sarebbe la concessione di una insperata proroga. Formula a cui nei prossimi mesi è molto probabile che cercheranno di ricorrere anche altre pubbliche amministrazioni, incapaci di rispettare le scadenze – annunciate già diversi anni fa – del Piano nazionale di ripresa e resilienza.

