Nel 2022 le retribuzioni contrattuali in termini reali sono tornate sotto i livelli del 2009, a causa dell'inflazione. Lo afferma l'Istat
Nel 2022 le retribuzioni contrattuali in termini reali sono tornate sotto i livelli del 2009, a causa dell’inflazione. Lo afferma l’Istat, in audizione nelle commissioni Bilancio di Camera e Senato, impegnate nell’esame della Nadef. ”La forte risalita dei prezzi degli ultimi anni ha riportato in primo piano il tema del confronto tra inflazione e dinamica delle retribuzioni”, sottolinea l’Istituto.
”Tra il 2009 e il 2021 le retribuzioni contrattuali hanno fatto registrare una crescita in linea con quella dell’inflazione e di poco superiore a quella dell’Ipca-nei. La straordinaria crescita dei prezzi nel 2022 (+8,7% misurata sulla base dell’Ipca) ha fatto però sì che le retribuzioni contrattuali in termini reali siano tornate al di sotto dei livelli del 2009”.
Istat, gli stipendi non aumentano e l’inflazione punisce
In base alle informazioni disponibili per il 2023, la differenza tra la crescita dell’inflazione e quella delle retribuzioni contrattuali sull’intero periodo (2009-2023) sarebbe pari a 12 punti percentuali, passando dai 4,1 punti per l’agricoltura e 4,7 punti per l’industria, ai 13,6 punti per i servizi privati, ai 19,5 punti per la pubblica amministrazione.
In quest’ultimo settore, ricorda l’Istat, il blocco della contrattazione e delle retribuzioni varato nel 2010 ha determinato il mancato rinnovo per i trienni 2010-2012 e 2013-2015; inoltre, per il rinnovo del triennio 2022- 2024, al momento, è stato previsto solo il finanziamento strutturale per l’indennità di vacanza contrattuale e l’erogazione di un importo una tantum per il 2023 (pari all’1,5% dei minimi tabellari), che ha comportato, con riferimento al personale non dirigente, un aumento retributivo medio pro-capite pari a circa 40 euro lordi mensili.
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