Un confronto su questioni strutturali e non contingenti: ospite di questo Forum con il QdS, alla presenza del direttore Carlo Alberto Tregua e del vice direttore Raffaella Tregua, il rettore dell’Università di Catania, Enrico Foti.

Il Forum del QdS con il rettore Foti (UNICT)
Si è insediato soltanto poche settimane fa ma sembra già avere le idee molto chiare: quali sono le priorità da cui intende partire?
“Ho la sensazione che queste elezioni a rettore siano state seguite dalla città con un’attenzione fuori dal comune. Ci sono alte aspettative. Voglio cambiare la narrazione che vede i nostri giovani andare via perché fuori non solo si studia, ma soprattutto si trova lavoro più facilmente. Non credo sia una realtà ancora attuale, perché sono convinto che a Catania si studi bene e meglio che in tantissimi altri posti. Ci sono tante eccellenze e posso dirlo con cognizione di causa: c’è un’eccellenza che non fa notizia. Quello che vorrei fare prima possibile, anche se non so se riusciremo nei primi cento giorni, è creare una fondazione con partnership pubblico-privato che favorisca tutta la formazione cosiddetta executive. Mi riferisco a quella formazione professionalizzante, tutto ciò che non sono lauree magistrali e dottorati, ma che coinvolge master, master di primo livello, corsi specialistici e altro ancora. Questo progetto deve diventare un link forte e per questo vorrei anche sfruttare un patrimonio non utilizzato rappresentato dagli ex studenti. Ne abbiamo, come Riccardo Mulone di Ubs, con una grande voglia di spendersi. Mulone mi ha detto di ricevere tantissime chiamate dalla Bocconi, ma nessuna dalla sua Università di Catania. Personaggi della sua caratura sono una risorsa per il nostro Ateneo, eppure le nostre attuali procedure amministrative rendono difficoltoso un loro diretto coinvolgimento. Dobbiamo, quindi, creare le condizioni affinché ciò possa avvenire. Riccardo Mulone ha già partecipato a delle conferenze, ma quella è mera testimonianza, noi dobbiamo passare all’azione”.
In dieci anni, tra il 2011 e il 2021, la Sicilia ha perso circa 25mila studenti. C’entra il calo demografico, ma anche la scelta di molte famiglie di mandare fuori dall’Isola i propri figli per studiare. Come fare per trattenere gli studenti e, anzi, attrarne magari di nuovi da altre regioni?
“Molti ragazzi, presi dal richiamo, dalle sirene della vita milanese, si accorgono poi di quanto sia cara. Anche uno stipendio doppio rispetto a quello catanese fa registrare un peggioramento della qualità della vita. Abbiamo in cantiere delle iniziative per trattenere gli studenti e attrarne di nuovi”.
Sui progetti infrastrutturali che riguardano l’Università, quali sono le principali novità?
“Per gli studenti l’Università sta investendo e ha investito sugli alloggi. Abbiamo due progetti sul Vittorio Emanuele e l’Ascoli Tomaselli: sono servizi prevalentemente residenziali. Il primo progetto potrebbe concludersi in un biennio, più anni serviranno invece per il secondo. A Giurisprudenza il restauro è terminato e stiamo cercando i finanziamenti per gli arredi, ma la consegna arriverà in poco tempo. Dovremmo farcela prima di Natale. Quell’edificio è tra i più moderni, me ne sono occupato da direttore, fatto tutto con isolatori sismici. C’è anche il tetto verde per evitare di far defluire le acque sulle strade”.
Didattica innovativa e offerta formativa
Secondo lei l’offerta formativa dell’Università è adeguata a ciò che richiede il mercato o serve qualche innovazione?
“Dobbiamo cambiare rotta e costruire un’Università davvero aperta, accessibile anche fuori orario, fondata su una formazione interdisciplinare che unisca saperi umanistici e ‘scienze dure’. Non possiamo più permetterci una gestione a vista: occorre visione, strategia, responsabilità. Certo, viviamo un problema strutturale: statisticamente la preparazione dei nostri ragazzi è inferiore a quella del Centro-Nord. Le prove Invalsi ce lo dicono, piacciano o non piacciano. Sono un po’ caustico su questo, ma certamente, per quanto riguarda la preparazione scolastica, siamo un po’ più indietro. Per questo l’Università a cui penso dovrebbe offrire un orientamento formativo e non solo informativo”.
Lei è stato a lungo direttore del Dicar, il Dipartimento di ingegneria: quali sinergie è possibile creare tra mondo del lavoro e Università?
“La mia prima uscita dopo l’elezione a rettore è stata in occasione di una riunione Confindustria. Ho trovato la presidente Cristina Busi molto disponibile e ha indicato un riferimento per i rapporti con l’Università che è Mario Indovina. È un rapporto assolutamente funzionale al progetto che abbiamo: non possiamo realizzare la fondazione senza questi rapporti sul territorio. Anche gli investimenti in energia sostenibile potrebbero portare a una ‘nuova ST’”.
Un rapporto più solido con il territorio e i nuovi servizi per studenti e dipendenti
Durante la campagna elettorale, ha detto che l’Ateneo deve essere ambizioso. Ora che ne ha l’opportunità, dove intende farlo arrivare?
“Non è un caso che i primi Atenei più importanti del mondo siano inglesi o americani. Sono di lingua anglofona e pubblicano in lingua inglese o americana. Non è un vantaggio secondario: noi ci sforziamo di scrivere in inglese, ma a parità di contenuti resta la differenza. Le classifiche sono qualcosa di cui tenere conto, ma mi preoccupa meno. Questo si può migliorare con l’organizzazione. Mi preoccupa di più non fare andare via i nostri studenti, perché se partono li perdiamo per sempre: a partire dai miei figli. Oggi si sta verificando un nuovo fenomeno, che ho notato anche durante la campagna elettorale: chi va in pensione si trasferisce dai figli che sono andati via. Vendono tutto e si spostano al Nord. L’impoverimento è un sistema quadratico. Vogliamo provare a fare della città di Catania un centro davvero universitario, creare un rapporto con un territorio solido, anche se subiamo ancora dei furti. Nei giorni scorsi abbiamo subito il quarto furto, il primo con i ladri arrestati in flagranza, ma abbiamo subito un danno da 200mila euro. Per i nostri studenti stiamo pensando a nuovi servizi, ma inizieremo a muoverci a breve anche per il personale tecnico-amministrativo”.
Cosa ci può dire in merito al personale?
“Si guadagna davvero poco, con netti molto bassi. Dobbiamo immaginare alcune misure di welfare per i dipendenti e ne abbiamo individuate tre. Quello a cui penso immediatamente è l’abbonamento ai mezzi pubblici: l’Università paga immediatamente la quota per intero, mentre il dipendente paga rateizzato. Così gli abbonamenti sono già aumentati, i costi ridotti ed è minore anche il numero delle macchine in circolazione”.

