ROMA – Negli ultimi 80 anni l’Europa “ha vissuto un lungo periodo di pace, quindi non ha mai dovuto fare grossi passi in avanti per quanto riguarda la difesa. Adesso, però, la situazione è cambiata”. Lo sottolinea la professoressa Daniela Irrera, ordinaria di Scienza Politica presso il Centro Alti Studi Difesa – Scuola Superiore Universitaria, Roma, interpellata dal Quotidiano di Sicilia per parlare della nuova direzione che l’Unione europea vuole intraprendere in termini di difesa dopo il recente lancio del piano ReArm Europe promosso dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen.
“Da un lato c’è – e ci sarebbe dovuta essere anche in passato – l’esigenza di investire maggiormente nella difesa. Ciò non significa necessariamente riarmarsi, semmai fare investimenti di altra natura, soprattutto in termini di maggiore coordinamento con gli altri partner e, in particolare, con la Nato”, sottolinea Irrera.
Ora, però, “bisogna fare qualcosa in più, ma questo ‘qualcosa in più’ è difficile che possa essere rappresentato dal riarmo. Chiaramente, l’Unione europea dovrà fare molti sforzi per raggiungere veramente la deterrenza nei confronti della Russia. E le alternative, in questo momento, sono difficili”.
Le prospettive all’orizzonte sono due
Con il cambio di atteggiamento degli Stati Uniti nei confronti dell’Europa, le prospettive all’orizzonte sono due. “O ci si muove verso una vera difesa comune, che non è necessariamente un esercito comune, o ci si rafforza con la Nato”, ribadisce la professoressa. Tuttavia, per fare questo, “occorrerà molto tempo. Questo concetto di riarmo non può da solo ‘spaventare’ la Russia, se vogliamo utilizzare questo termine”.
“Non si tratta soltanto di investire più denaro”
Ma “non si tratta soltanto di investire più denaro”, precisa la professoressa. “Sarà necessario fare scelte di natura logistica. Una serie di strumenti che fino a oggi sono stati forniti dalla Nato. Tuttavia, l’Unione attualmente non ha una propria capacità di coordinamento. Sarà necessario compiere anche uno sforzo di mentalità, perché è chiaro che di per sé la parola ‘riarmo’ spaventa l’opinione pubblica europea”.
“Il concetto di difesa dei Paesi europei – prosegue Daniela Irrera – nasce dal fatto che ci sono stati dei conflitti mondiali e che la guerra va ovviamente ripudiata. La difesa europea riguarda la necessità di fronteggiare le minacce esterne e di essere pronti non ad attaccare, bensì a difendersi. E questo non è un meccanismo facile da comprendere, perché la nostra democrazia liberale è stata costituita su un concetto diverso di difesa che adesso entra in crisi alla presenza di un nemico”.
“L’Europa è ‘accerchiata’ da una serie di minacce”
“Ma non si tratta solo della Russia – sottolinea ancora la professoressa -, perché l’Europa è ‘accerchiata’ da una serie di minacce come quelle che provengono dal Medio Oriente o dal Continente africano in termini di gruppi armati e radicalizzati. Questo implicherebbe essere pronti anche sul fronte tecnologico e della cybersecurity”.
Una difesa comune passa anche attraverso il consenso dei 27 Paesi
Ma una difesa comune passa anche attraverso il consenso dei 27 Paesi che costituiscono l’Unione. A oggi, infatti, esistono anime e visioni differenti all’interno della stessa Comunità. E non sempre è facile trovare una conciliazione. Una spiegazione che trova d’accordo la docente: “Certamente, questo dipende dalla storia di ogni Paese. Dalla prossimità geografica e dalle minacce che si sono già verificate, oltre dalla sensibilità della politica. Chiaramente, la politica contribuisce anche a ‘rappresentare’ le varie minacce per la popolazione. Quindi, nell’immaginario dei vari Paesi europei i pericoli possono essere diversi, fermo restando che, comunque, esistono dei nemici comuni”.

