PALERMO – L’adeguamento Istat delle tariffe è stato applicato in Sicilia anche alla retta minima di mantenimento per donne che sono state vittime di violenza e che vivono all’interno di strutture di protezione dedicate a loro e ai rispettivi bambini, allontanati da una situazione familiare pericolosa e di forte disagio. È stato infatti pubblicato il decreto del dirigente generale del Dipartimento regionale della Famiglia e delle Politiche sociali, che ha approvato l’aumento della retta minima nella “casa d’accoglienza a indirizzo segreto o analoghe strutture di ospitalità in emergenza” per donne sole con figli minori o diversamente abili, che hanno subito maltrattamenti.
Aumentati fondi per i Centri antiviolenza
In particolare, la somma giornaliera per l’effettiva presenza nelle strutture è stata portata da 62 euro oltre Iva a 73 euro oltre Iva, applicando i vari indici registrati negli anni successivi all’uscita del decreto assessoriale 124/2018, che prevedeva che i Comuni andassero annualmente ad adeguare le tariffe a quanto determinato dall’Istat. Il decreto prende le mosse dalla sentenza del Tar Sicilia, in riferimento al ricorso presentato da un insieme di associazioni antiviolenza contro l’assessorato regionale della Famiglia, delle Politiche sociali e del Lavoro, per l’annullamento del decreto che ha come oggetto “Retta casa di accoglienza per gestanti e donne con figli”, che tagliava la retta per le donne dopo un anno di permanenza nella struttura e per le giovani donne al compimento del ventunesimo anno d’età e dopo un ulteriore anno di permanenza nella struttura.
Il Tribunale ha deciso di sospendere l’atto incriminato, ritenendolo poco efficace nel sostegno alle donne che si trovano in stato di bisogno a causa di violenze subite, e ha chiesto che l’assessorato esplicitasse le modalità di calcolo utilizzate per l’adeguamento della retta agli indici Istat relativi agli anni intercorsi dall’approvazione della precedente retta. Cosa che, evidentemente, dal 2018 non era stata fatta. L’adeguamento della retta, quindi, permette di sostenere al meglio possibile i centri antiviolenza, luoghi in cui si offre consulenza accogliendo le donne che hanno subito abusi, e che affrontano ogni giorno spese non indifferenti.
I primi centri antiviolenza in Italia risalgono agli inizi degli anni Novanta
Si tratta di realtà relativamente recenti: i primi centri antiviolenza in Italia risalgono agli inizi degli anni Novanta. Fino ad allora, le donne vittime di maltrattamenti non avevano luoghi a cui rivolgersi per essere ospitate o semplicemente ascoltate e sostenute nei propri diritti. In Sicilia purtroppo sono pochissime le strutture presenti sul territorio: se ne contano appena 0,12 ogni 10 mila donne. Questo significa anche uno svantaggio territoriale per la donna, costretta a lunghi spostamenti, non sempre affrontabili, per trovare un aiuto, un conforto, un supporto che sia psicologico, legale ed economico per uscire dalla propria condizione di vittima di violenze. Il lavoro dei Cav va di pari passo con quello del 1522, che offre ascolto telefonico immediato, 24 ore su 24, per poi essere indirizzati al meglio alla struttura più consona alle proprie necessità. Oltre al numero telefonico, è disponibile il sito web 1522.eu, che permette di chattare con operatori preparati e di accedere ad informazioni utili in autonomia.

