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Ricerca di audience nemica della civiltà

Ricerca di audience nemica della civiltà

L’inseguimento dell’audience da parte di media e social mina la credibilità dell’informazione, favorendo fake news e disinformazione.

La mia sensazione è che la ricerca spasmodica di audience, prima solo da parte delle cosiddette Tv commerciali e dei settimanali di gossip, adesso anche da parte di autorevoli quotidiani e di roboanti testate giornalistiche, stia allontanando i lettori e i telespettatori dall’informazione, che ogni giorno perde di autorevolezza e di credibilità, allontanandoli anche dalla civiltà e dal buonsenso.

Il fenomeno non riguarda soltanto la stampa e la radio-televisione, perché, per esempio, interessa anche la giustizia, alla quale i “processi mediatici” stanno facendo parecchio male, così come tanto male le stanno facendo i “giudici a caccia di prime pagine”, i “cold case” privi di reali fondamenti probatori, i fatti sostituiti dalle opinioni, le inchieste condotte nei “salotti” e non tra la gente, il linguaggio “politicamente corretto” e tanti altri fenomeni più o meno raffinati che, purtroppo, caratterizzano il nostro tempo.

La verità è che la ricerca spasmodica dell’audience, nell’immediato, è vero che può produrre effetti positivi in termini commerciali (numero di ascolti e numero di copie), ma nel tempo abbassa gli uni e le altre, facendo crescere, in maniera esponenziale, “l’informazione auto-prodotta” attraverso i social, che parte da un presupposto sbagliato e falso, secondo il quale tutti siamo uguali e pertanto qualsiasi cosa venga detta da chiunque, giusta o sbagliata che sia, ha comunque lo stesso peso.

Fortunatamente non è così, perché non è vero che siamo tutti uguali e dunque non è vero che le cose che diciamo hanno lo stesso peso e la stessa autorevolezza. Giusto per non essere frainteso, per quanto mi riguarda “tutti gli esseri umani nascono liberi e uguali in dignità e diritti”, mentre per quanto riguarda il resto “tutti gli esseri umani sono differenti l’uno dall’altro” e meno male! Insomma, chi non sa disegnare non vale quanto Michelangelo; chi non ha mai tirato calci a un pallone non vale quanto Rivera; chi non ha mai letto un bilancio non vale quanto John Maynard Keynes; chi non ha mai letto la Costituzione non ha le stesse competenze di Ugo La Malfa; chi non ha mai ballato non è come Roberto Bolle; chi non ha amministrato neanche un condominio non è come Craxi o Spadolini, né come Cossiga o Pertini, ecc…

L’audience può crescere in tanti modi, ma un maggior numero di ascolti o di lettori non assicura affatto né una maggiore autorevolezza, né una maggiore sincerità, né una maggiore professionalità, né una reale conoscenza dei fatti e neanche una maggiore lealtà nell’ambito della loro narrazione. Sono certo che se un calciatore, o un politico, o un noto imprenditore si esponessero nudi e disquisissero di un qualsiasi argomento otterrebbero tantissime visualizzazioni scaturenti dallo sconcerto, dalla curiosità, dallo sconforto, dall’ironia, dalla delusione, ecc… ma non certo per il contenuto di ciò che dovessero dire, a cui non aggiungerebbero nulla né in fatto di sostanza, né in fatto di credibilità.

Credo che per vivere in una società migliore, in cui il concetto di eguaglianza venga spiegato bene, così come meglio dovrebbe essere spiegato e praticato il concetto di pari opportunità, sarebbe giusto partire proprio dalle differenze reali, non dalle uguaglianze strumentali o sovrastrutturali. In tal senso, credo che il mondo dell’informazione non debba rendersi complice di false costruzioni, più o meno funzionali al potere del momento, né agli uomini o alle donne che lo esprimono, ma debba andare oltre, in direzione della verità, o almeno della oggettività, che già sarebbe tanto. Se la stampa e la radio-televisione non sapranno difendere sé stesse, difendendo i fatti e separandoli dalle opinioni, ascoltando le persone e non i loro “interessati interpreti”, ricercando le notizie e non gli scandali costruiti a tavolino, perderanno sempre di più di credibilità e di ruolo. Lo faranno facendo crescere, talvolta in maniera smisurata, il valore delle fake news, degli scandalismi, degli influencer, dei leoni da tastiera, insomma, di quella “informazione-disinformazione auto-prodotta” che inquinerà non solo la corretta informazione, che rispetta le regole deontologiche e le tecniche professionali, bensì l’intera società, che verrà progressivamente prima sporcata e poi confusa, a tutto vantaggio di chi si è sempre nutrito di morbosità, di paura e di ignoranza.