Richard Jewell, regia di Clint Eastwood, arriva nella sale - QdS

Richard Jewell, regia di Clint Eastwood, arriva nella sale

redazione

Richard Jewell, regia di Clint Eastwood, arriva nella sale

venerdì 24 Gennaio 2020

1966, un ex poliziotto rimosso dai precedenti incarichi per gli atteggiamenti troppo zelanti e fuori controllo, nel suo nuovo ruolo di agente di sicurezza sarà il primo a individuare una bomba al Centennial Park

RICHARD JEWELL
Regia di Clint Eastwood. Con Wayne Duvall (Richard Jewell), Katy Bathes (Bobi Jewell), Sam Rockwell (Watson Bryant), Olivia Wilde (Kathy Scruggs)
Usa 2019, 129’.
Distribuzione: Warner Bros Italia

Il 1996 per gli Stati Uniti e soprattutto per la città di Atlanta è l’anno delle Olimpiadi: l’accensione della fiaccola da parte di Muhammad Ali, i record di Michael Johnson, l’attenzione mediatica di tutto il mondo e, per gli abitanti della capitale della Georgia, anche tanti posti di lavoro. A beneficiarne c’è anche Richard Jewell, ex poliziotto rimosso dai precedenti incarichi per gli atteggiamenti troppo zelanti e fuori controllo, che nel suo nuovo ruolo di agente di sicurezza sarà il primo a individuare una bomba al Centennial Park, finendo per essere rappresentato dalla stampa come eroe e, pochi giorni dopo, come principale indiziato della strage.

Un trentenne obeso che vive ancora con la madre e con un possibile deficit cognitivo. È così che Billy Ray (sceneggiatore, la cui fascinazione sul ruolo dei media risale ai tempi de “L’inventore di favole”) e Clint Eastwood (tutta una carriera da regista sui temi della colpa e delle responsabilità individuali e collettive) tratteggiano il protagonista, basandosi su diverse fonti d’epoca ma ancorandosi a una narrazione manichea: asciutta, lineare e cronologica nello stile (neo)classico tipico di Eastwood, ma non esente da cliché, ingenuità psicologiche e personaggi relegati a mere funzioni drammatiche.

In particolare, sorprende il furore acritico con cui gli autori attaccano media e Fbi, rappresentati come elementi disturbanti della società, del tutto autoriferiti, e fatichi non poco per emanciparsi dalla condanna politica ed entrare nei territori dell’indagine psicologica. Quando ci riesce, ovviamente, il film ne guadagna, sia in termini di creatività (una bella sequenza di montaggio in cui la vicenda si fonde con l’elemento sportivo, un dialogo vibrante durante il quale Jewell elabora il proprio doloroso percorso di agnizione), che di profondità (affrontando, per esempio, di petto il tema della dignità individuale), mostrando ancora una volta il lato trasversale dell’ideologia eastwoodiana, reazionaria ma allo stesso tempo umanista.

Il film, però, sembra non riuscire mai a trascendere la dimensione particolare per abbracciarne una più universale e soprattutto nel finale non attenua la sensazione di un brutale moralismo.

Voto: ☺☺☻☻☻

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