Manca ancora il via libera dalla Commissione Ambiente dell’Ars. Tutto fermo per gli impianti di Palermo e Catania
Le vacanze sono ormai alle spalle e i motori della politica stanno lentamente riprendendo i giri. All’Assemblea regionale siciliana le attività nelle commissioni legislative e le sedute d’aula a sala d’Ercole sono ripartite, seppure con un calendario non ancora fittissimo, se si considera che la prima metà di settembre dovrebbe concludersi con appena quattro giorni di attività. Ciò che invece in queste settimane non ha conosciuto tregua sono i problemi con cui la Sicilia fa i conti. Tra questi senz’altro la questione rifiuti occupa i primi posti dell’agenda, anche se ciò non implica l’esistenza di soluzioni concrete a breve-medio termine.
Rifiuti, finora tanti proclami ma pochi fatti
Per quanto, infatti, il governo Schifani, sin dal primo giorno del proprio insediamento, abbia ribadito la volontà di lasciare un segno nella gestione del settore finora ai tanti proclami sono seguiti pochi fatti. E gli stessi, per il momento, sono fermi sulla carta, lungi dal tramutarsi in azioni concrete. Per capirlo non servono studi o analisi approfondite: basta andare in giro, dalle città metropolitane alle strade di collegamento con i piccoli centri, per capire come l’intera isola, tranne alcune eccezioni, sia costellata da discariche abusive e un sistema di raccolta disorganizzato che mette in crisi ogni concetto di decoro.
Basso livello di senso civico dei cittadini
Ragionare sulle cause di questo stato di cose, che ormai è entrato a far parte dell’immaginario di una Sicilia dalle tantissime potenzialità ma poco valorizzata e rispettata, è esercizio abusato. C’entra senz’altro il basso livello di senso civico dei cittadini, ma incide altrettanto l’incapacità delle istituzioni di rendere efficiente il sistema. Perché se è vero che per contrastare l’abbandono della spazzatura servono sanzioni puntuali ed educazione, per far sì che alla raccolta dei rifiuti segua un adeguato trattamento sono necessari gli impianti di trattamento.
Su quest’ultimo fronte, la giunta Schifani da qualche mese si dice pronta a dare il là al nuovo piano regionale di gestione, il documento che costituisce la bussola del settore. Tuttavia, dopo il via libera da parte della commissione tecnico-specialistica e la valutazione delle osservazioni provenienti dai territori – dalle associazioni ambientaliste ai Comuni –, a mancare è il parere della commissione Ambiente all’Ars. Un passaggio previsto dall’attuale legge regionale in materia di rifiuti. “La prossima settimana ne sapremo di più”, dichiara al Quotidiano di Sicilia il presidente dell’organismo Giuseppe Carta, quando gli si chiede dei tempi riguardanti la calendarizzazione della discussione.
La novità del Piano rifiuti: i termovalorizzatori
La principale novità inserita nel nuovo piano riguarda i termovalorizzatori: il presidente della Regione e l’assessore Roberto Di Mauro hanno promesso una svolta nella gestione dell’indifferenziato, chiudendo la lunga era del ricorso alle discariche per aprire agli impianti che dall’incenerimento consentono il recupero energetico. Una scommessa che il governo Schifani ha deciso di portare avanti nonostante le critiche (che con molta probabilità diventeranno anche ricorsi giudiziari) di chi ritiene i termovalorizzatori una scelta che va in direzione opposta agli indirizzi dati dall’Unione Europea e che ha deciso di finanziare con 800 milioni di euro di fondi statali. Finché però il piano rifiuti non entrerà ufficialmente in vigore ogni altro tipo di valutazione – dall’individuazione esatta delle aree in cui gli impianti dovranno sorgere alla loro progettazione, dalle valutazioni ambientali alle gare d’appalto, per poi arrivare alla costruzione che richiederà tempo – per il momento resterà al palo.
I rifiuti però, come è ovvio che sia, nel frattempo continuano a essere prodotti. Considerata la drastica riduzione di spazi nelle discariche siciliane, per smaltirli la Regione continua a fare ricorso alle spedizioni transfrontaliere: un export i cui costi ricadono quasi interamente sulle casse dei Comuni che, per legge, sono tenute a finanziare il servizio di raccolta e smaltimento della spazzatura con gli introiti derivanti dalla Tari. Pochi mesi fa, dopo due anni di promesse e altrettanti ritardi, il governo regionale ha liberato le decine di milioni di euro da distribuire agli enti locali come contributo straordinario per quelli che sono stati definiti extra-costi. Un’espressione che tradisce un po’ la realtà delle cose, poiché quella dell’esportazione dei rifiuti – negli ultimi due anni sono finiti in Scandinavia, Paesi Bassi, penisola iberica e anche in Turchia – è tutt’altro una cosa destinata a rimanere nel solco della straordinarietà. Fino a quando i termovalorizzatori non saranno realizzati e funzionanti, la spazzatura dovrà esser mandata da qualche parte.
Un piccolo aiuto potrebbe arrivare da alcune nuove discariche che dovrebbero vedere la luce nel prossimo futuro: a Palermo, la settima vasca di Bellolampo stando agli annunci dovrebbe essere consegnata in autunno, così come quella in fase di completamento in contrada Borranea, a Trapani. In ballo c’è anche l’ampliamento della discarica di Gela. Per ognuno di questi casi, tuttavia, serve fare un distinguo: per quanto negli anni in Sicilia la Regione, a colpi di ordinanze, abbia più volto disposto il conferimento dei rifiuti in impianti che si trovano anche a centinaia di chilometri di distanza dai luoghi di produzione, la legge prevede che ogni impianto destinato ai rifiuti solidi urbani – comprese le discariche – sia destinato ad accogliere la spazzatura proveniente dai Comuni che fanno parte dell’ambito territoriale in cui l’impianto è localizzato. In Sicilia, di ambiti, ne esistono ben 18, anche se una delle tante riforme rimaste incagliate vorrebbe venissero ridotti a nove e combaciare con le province.
A richiamare i contenuti della legge regionale sui rifiuti, nel recente passato è stata soprattutto la società che gestisce la discarica e il Tmb pubblici a Gela. Una scelta dettata dalla preoccupazione di vedere a rischio saturazione spazi destinati ai Comuni della parte meridionale della provincia di Caltanissetta e che già più volte ha portato a un innalzamento della tensione. Tutto ciò a dimostrazione di come nuove vasche e ampliamenti degli impianti già esistenti non potranno comunque far tirare un sospiro di sollievo al governo Schifani e, con esso, ai siciliani.
La Regione avvia uno studio sui rifiuti speciali: obiettivo individuare il fabbisogno impiantistico
Mentre il piano regionale per i rifiuti solidi urbani sembra arrancare a pochi chilometri dal traguardo, nei giorni scorsi il governo Schifani ha provato a fare uno scatto per lo stralcio riguardante i rifiuti speciali. Si tratta di quei rifiuti che non sono prodotti dalle utenze urbane e che restano fuori dal normale giro della raccolta differenziata. Dalle apparecchiature elettriche ed elettroniche (Raee) agli scarti provenienti dalle demolizioni, dai prodotti tessili ai materiali contenenti amianto, fino ai prodotti sanitari e ai fanghi di depurazione, la famiglia dei rifiuti speciali è molto ampia, così come è diversificata la tipologia degli impianti necessari al loro trattamento.
Averne a sufficienza, sia in termini di numero e capacità di lavorazione che dal punto di vista della dislocazione geografica, garantirebbe la possibilità di riuscire a segnare un cambio di passo nella loro gestione, provando anche in questo caso a ridurre al minimo gli scarti da mandare a smaltimento.
Al momento l’ultima fotografia effettuata in Sicilia risale al 2017. O meglio, è in quell’anno che la Regione ha approvato l’ultimo stralcio sui rifiuti speciali ma va sottolineato come i dati al proprio interno – specialmente per quanto riguarda il fabbisogno dei singoli territori – risalgono inevitabilmente a un periodo precedente. Da qui la necessità di arrivare a un nuovo aggiornamento, un’operazione che era stata promessa anche dal governo Musumeci ma che poi non era stata portata a compimento.
L’attuale giunta, invece, conta di riuscirci. Nei giorni scorsi, il dipartimento regionale ha affidato a due professionisti il compito di lavorare ai documenti che verranno successivamente sottoposti alla Vas, la valutazione ambientale strategica. L’incarico, del valore complessivo che si aggira sugli 80mila euro, è andato all’ingegnere Rosario Collura e al geologo Mario Pischedda.
La redazione del piano avverrà in due fasi: nella prima l’obiettivo sarà quello di stabilire gli esatti quantitativi di rifiuti speciali prodotti in Sicilia e a ciò si arriverà attingendo le informazioni dalle dichiarazioni presentate annualmente dagli operatori del settore e incrociandole con i dati in possesso di Ispra; la seconda fase, invece, consisterà in una ricognizione degli impianti esistenti e nella programmazione di quelli che dovranno essere realizzati.
Intanto in materia di rifiuti speciali, a inizio mese il dipartimento regionale ha autorizzato un’importazione di rifiuti Raee da Malta. Si tratterà di 1200 tonnellate che arriveranno via nave a Catania, per poi essere spostate nell’impianto di recupero di proprietà della Fg a Belpasso. Nel complesso sono previste 126 spedizioni.
I rifiuti, prodotti dalla Weee Recycle 4U Ltd e trasportati dalla Electronic Products Ltd, entrambe di proprietà dei maltesi Charles e Doris Galea, comprenderanno sia apparecchiature contenenti sostanze pericolose come clorofluorocarburi, per esempio nel caso di frigoriferi e condizionatori d’aria, ma anche specifiche che si trovano all’interno di televisori e monitor a tubo catodico. A Belpasso arriveranno anche Raee non pericolosi.
La proposta M5s: “Introdurre ecotassa per le discariche”
PALERMO – Negli ultimi giorni, in materia di rifiuti è arrivata la proposta di introdurre una tassa per i titolari degli impianti – sia che si tratti di discariche che di termovalorizzatori – da versare ai Comuni che li ospitano. A proporla è stato il gruppo del M5s all’Ars.
“In un momento storico in cui i Comuni sono costretti a pagare le conseguenze di una pessima gestione regionale dei rifiuti che provoca danni non solo in termini economici, legati agli extra costi per il conferimento degli stessi, ma anche e soprattutto sotto il profilo della tutela dell’ambiente, si pensi ai territori nelle cui prossimità sorgono discariche, ci è sembrato doveroso intervenire con una norma che quantomeno offrisse un minimo di ristoro”.