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Rifiuti, la stangata della Tari vessa ancora i siciliani: un salasso figlio di ritardi trentennali e politica miope

Rifiuti, la stangata della Tari vessa ancora i siciliani: un salasso figlio di ritardi trentennali e politica miope
A Catania si pagano 600 euro di Tari, a Cremona 200

A Catania si pagano 600 euro, a Cremona 200. Discariche, export e impianti assenti: l’Isola è “condannata” ai rincari

PALERMO – La Sicilia si mantiene ancora ben lontana dagli obiettivi europei che prevedono, sul totale dei rifiuti raccolti, il raggiungimento del 65% di riciclaggio effettivo e un utilizzo della discarica per una quota non superiore al 10%. Si tratta dell’evidenza che emerge dallo studio “Rifiuti urbani, fabbisogni impiantistici attuali e al 2035”, realizzato da Utilitalia su dati Ispra e giunto alla sesta edizione. Un gap che dipende, secondo il rapporto, dal numero insufficiente di impianti di trattamento dei rifiuti urbani e non adeguatamente distribuiti sul territorio.

In Sicilia discariche piene e rifiuti spediti all’estero

Che l’Isola non sia in grado di gestire adeguatamente il ciclo di smaltimento dell’immondizia è un po’ il segreto di Pulcinella. Per tanto tempo, infatti, dai confini regionali sono partite “spedizioni” di immondizia verso Paesi esteri con l’intento di tamponare le emergenze che si sono replicate per anni (e per le quali vengono spesi annualmente 100 milioni di euro). E sempre negli stessi periodi le strade di Palermo, Catania, Messina e delle altre città siciliane si sono riempite di “munnizza” a causa delle discariche piene che hanno dovuto chiudere le porte all’arrivo di nuovi carichi. Tutto questo in attesa di vedere in piedi i sospirati termovalorizzatori che la Regione, dopo anni di rinvii e promesse disattese, intende realizzare una volta per tutte a Palermo e Catania.

I tanti sospirati termovalorizzatori

Un argomento che venne affrontato per la prima volta nei primi anni 2000 da Totò Cuffaro, al tempo governatore e commissario per la gestione dell’emergenza rifiuti, e poi criticato dal suo successore Raffaele Lombardo, anch’egli nominato commissario straordinario per l’emergenza. Fu poi Rosario Crocetta a valutarne nuovamente l’opportunità attraverso l’idea di impianti di piccole dimensioni. In seguito venne Nello Musumeci – ennesimo presidente regionale a ottenere l’investitura da Roma per mitigare l’allarme munnizza – che annunciò la pubblicazione del bando esplorativo per la realizzazione di due termovalorizzatori. Arriviamo poi ai tempi più recenti, con l’attuale governatore Renato Schifani che, nel febbraio 2024, è stato nominato da Palazzo Chigi come commissario straordinario per il completamento della rete impiantistica integrata del sistema di gestione dei rifiuti.

Per i termovalorizzatori stiamo facendo tanto, ci stiamo battendo”, ha ribadito Schifani in un passaggio della sua ‘memoria ‘difensiva’ dal j’accuse delle opposizioni in Aula prima del voto di sfiducia del 2 dicembre. L’ex presidente del Senato ha preso parte alla firma, lo scorso settembre a Palazzo d’Orléans, dell’affidamento dei servizi di ingegneria e architettura per la progettazione di fattibilità tecnico-economica per la costruzione dei due impianti.

Il piano regionale, lo ricordiamo, può contare sugli 800 milioni di euro provenienti dall’Accordo per la coesione siglato a maggio dello scorso anno tra lo stesso governatore isolano e la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. Il cronoprogramma dei lavori, annunciato in una nota della Regione, prevede la posa della prima pietra entro gennaio 2027 – appena in tempo per le elezioni Regionali che si terranno presumibilmente in primavera – e il completamento dell’opera per giugno 2028.

Anche Roma in attesa della costruzione di un termovalorizzatore

Il progetto siciliano si muove in parallelo con quello di Roma, dove è attesa la costruzione di un altro termovalorizzatore. Il piano, presentato a ottobre 2024 dal sindaco Roberto Gualtieri, prevede l’edificazione della struttura a partire da gennaio 2026 per una durata complessiva dei lavori di 32 mesi. Questa “sinergia” di interventi, così come sottolinea ancora lo studio di Utilitalia che abbiamo citato diverse righe fa, dovrebbe aiutare il nostro Paese ad accrescere “la propria capacità impiantistica per circa 2,4 milioni di tonnellate”, avvicinandosi così agli standard richiesti dall’Europa.

In Sicilia si continua a pagare la Tari più alta dell’intero Paese

Il tempo, come sempre, sarà il giudice di queste previsioni. Nel frattempo, però, in Sicilia si continua a pagare la Tari più alta dell’intero Paese. Secondo i dati contenuti nel rapporto 2025 dell’Osservatorio Prezzi & Tariffe di Cittadinanzattiva, sulla base di una famiglia tipo composta da tre persone proprietaria di un’abitazione di 100 metri quadrati, calcolata in 402 euro, in rialzo del 3,1% rispetto al 2024 quando l’esborso era conteggiato a 390 euro: il terzo risultato peggiore dietro a Puglia (445 euro) e Campania (418 euro).

Catania la città con la Tari più “salata”

Catania si conferma ancora una volta il capoluogo di provincia più “salato” d’Italia: ai piedi dell’Etna i residenti spendono ben 602 euro annui da pagare per la gestione dei rifiuti urbani, quasi il doppio della spesa media nazionale che si ferma a 340 euro l’anno. La quota in aumento è dell’1,1% rispetto al 2024, quando si pagavano 596 euro. Un dato in netta contrapposizione con quello che viene segnalato a Cremona, il capoluogo di provincia meno caro d’Italia, dove i residenti nel 2025 hanno messo sul piatto dell’imposta appena 196 euro, con una differenza di 406 euro rispetto ai più “sfortunati” abitanti del capoluogo etneo.

Per l’Amministrazione di Palazzo degli Elefanti il primato poco lusinghiero “risente in maniera significativa del fenomeno dei conferimenti illeciti provenienti dai Comuni limitrofi, i cui rifiuti finiscono per gravare sul capoluogo incrementando sensibilmente la quota di indifferenziato raccolto”. C’è poi il nodo, già risaputo, della “saturazione degli impianti”, così come quello della “bonifica” in corso delle discariche abusive ma che comporta, “tuttavia”, un “inevitabile aumento dei quantitativi di rifiuto non separato, con conseguente aggravio dei costi di smaltimento che, per legge, devono essere integralmente coperti dalla tariffa.

Nel resto dell’Isola le cose non vanno meglio e lo si capisce dal “podio” di questa classifica regionale. A Trapani, la seconda città più cara della Sicilia, si spendono 463 euro per la stessa tassa e ad Agrigento i cittadini devono versare 456 euro. Ma se le grandi città sono rimandate per quanto riguarda il ciclo della raccolta della differenziata, la situazione appare differente nei piccoli Comuni dove le percentuali si attestano su livelli positivi. Non è un caso che proprio le piccole realtà siciliane siano state tra le più premiate dalla Regione siciliana con l’assegnazione delle somme per gli extracosti sostenuti per il conferimento e trattamento dei rifiuti, per un totale di 25 milioni di euro, mentre altri 20 milioni sono stati assegnati a quei centri che hanno raggiunto il 60% di raccolta.

Tra questi ben figura, per esempio, il Comune di Lucca Sicula, nell’Agrigentino, che conta appena 1.689 abitanti e che riceverà oltre 35 mila euro per il traguardo dell’87,15% di raccolta raggiunta nel 2024. Esempio virtuoso anche quello di Santa Venerina, 8.400 anime nel Catanese, dove verranno erogati più di 57 mila euro alla luce dell’88,49% di raccolta. E a Sinagra, in provincia di Messina, la raccolta differenziata ha raggiuto il 95,72% per una premialità di oltre 37 mila euro. E poi ancora, per citare ulteriori realtà, San Giuseppe Jato (56 mila euro), Pedara (81 mila euro), Trecastagni (67 mila euro), San Cipirello (45 mila euro) e Sambuca di Sicilia (47 mila euro). La nostra Isola, ancora una volta, si conferma terra a due velocità.

S.R.

Costi di conferimento elevati e impianti pieni. E ora anche per la plastica si rischiano grane

PALERMO – In bilico tra passato e futuro, con problemi vecchi e nuovi da affrontare. Il momento della Sicilia sul fronte dei rifiuti è tutto qui. Il governo Schifani, fresco di fiducia incassata all’Assemblea regionale siciliana, va verso la fine dell’anno con la consapevolezza che i termini di lavorazione dei progetti di fattibilità tecnica-economica per i due termovalorizzatori che dovranno essere realizzati a Palermo e Catania sono già partiti.

Da capitolato d’appalto il raggruppamento di società e professionisti formato da Crew srl, Systra spa, Martino Associati Grosseto srl, E.Co srl, Utres Ambiente srl, Ing. Corrado Pecora e Ibi Studio srl – vincitore della gara d’appalto aggiudicata a settembre da Invitalia – ha cinque mesi di tempo per finire di redigere il primo livello di progetti, comprensivo della relazione geologica. Dopodiché toccherà attendere l’indizione della gara per la progettazione esecutiva e affidamento delle opere di costruzione dei due impianti.

A fine novembre, invece, sempre Invitalia ha nominato la commissione giudicatrice di un’altra gara che si intreccia a quella aggiudicata a settembre. In ballo, infatti, c’è l’affidamento del servizio di verifica sia dei progetti di fattibilità tecnico-economica che di quelli esecutivi. Una commessa che a base d’asta vale oltre sette milioni e che ha visto a metà settembre scadere i termini per partecipare alla procedura.

Nel frattempo, però, serve pensare alla quotidianità. La spazzatura indifferenziata continua a pesare sui conti dei Comuni che, per quanto siano in procinto di ricevere i contributi straordinari che la Regione è tornata a riconoscere per sostenere gli extra-costi derivanti dalle spedizioni all’estero, da anni sono alle prese con un aumento della Tari. Tassa che per legge deve essere finanziata dai contribuenti, quindi dai cittadini.

Gli stessi che in moltissimi casi faticano a riconoscere una giustificazione agli esborsi a cui sono chiamati, a fronte di servizi spesso non all’altezza: sono tanti, infatti, i territori in cui la pulizia lascia a desiderare. E per quanto va ricordato che la causa originaria di tale problema sia da ricondurre innanzitutto sullo scarso senso civico dei cittadini, è naturale comprendere i motivi di disappunto per coloro che oltre a fare una corretta raccolta differenziata pagano anche le tasse, in una terra in cui la percentuale di morosità resta ancora molto alta.

Il problema della plastica differenziata

Ma se tutto ciò rientra ormai, almeno da quando le discariche siciliane hanno visto ridurre drasticamente gli spazi liberi per abbancare la spazzatura, tra i problemi vecchi con cui la Regione e i Comuni hanno a che fare, da qualche mese si è affacciata sulla scena pubblica un’altra criticità. È quella che tira in ballo non più l’indifferenziata, bensì parte della differenziata. Nello specifico la plastica e, a strascico, visto che gli impianti di raccolta spesso sono gli stessi, di carta e cartone.

Gli impianti in cui tali tipologie di rifiuti vengono stoccati, per poi essere inviati nei siti in cui si procede alle operazioni di riciclaggio, sempre più spesso finiscono per rimanere pieni arrivando a stoppare i conferimenti da parte dei Comuni. Questo si traduce in mancate raccolte nelle strade e a nuove polemiche da parte dei cittadini.

A incidere in questo caso è la concorrenza a prezzi quasi dimezzati che arriva dalla Cina, capace di fornire plastica certificata come proveniente da attività di riciclo e di un livello di purezza superiore a quella ricavata dalla raccolta differenziata in Italia. L’allarme, in tal senso, è già stato lanciato dai consorzi di filiera Conai e Corepla.

A riguardo però c’è chi dall’interno della Regione riflette su come esista un collo di bottiglia anche a monte. La questione riguarda il percorso compiuto dalla plastica e nello specifico il passaggio prima dai siti che Corepla indica come centri comprensoriali (Cc) e da questi ai centri di selezione e stoccaggio (Css). Di questi ultimi in Sicilia ce n’è soltanto uno a Termini Imerese. Sulla carta le aziende titolari dei Cc potrebbero rivolgersi ad altri impianti non convenzionati con Corepla, ma in questi casi si troverebbero a dover affrontare costi di conferimento che nel caso di consegna a impianti della rete consorziale non sono previsti.

Facile dunque capire perché si decida di fare riferimento a Termini Imerese, anche al costo di attendere i tempi di accettazione di quest’ultimo impianto. L’alternativa, è ciò che aleggia dalle parti dell’assessorato, sarebbe quella di fare in modo che sia la Regione a contribuire ad ammortizzare i costi per portare la plastica altrove. Una possibilità che il governo Schifani al momento vorrebbe non prendere in considerazione.

S.O.