Per le aziende che gestiscono rifiuti urbani l’inflazione ha comportato un aumento dei costi operativi rispetto al 2021 di circa il 14%
Negli ultimi due anni l’inflazione è tornata a galoppare: se dal 2013 al 2020 in Italia le variazioni annue erano fra -0,2 e +1,2, nel 2021 si sale del 1,9%, nel 2022 del 8,1% (per le famiglie circa il 10%) e la stima per il 2023 è 8,5%. Per trovare una inflazione al 9/10% bisogna tornare al 1984.
Le cause dell’inflazione sono molte: il rimbalzo produttivo del post pandemia, la guerra in Ucraina, il rialzo dei costi dell’energia e di molte materie prime, le modifiche degli equilibri commerciali mondiali, negli ultimi mesi probabilmente anche un certo tasso di rialzo prezzi orientato più ai margini che alla copertura dei costi. È probabile che non si tratti quindi di una “fiammata” momentanea ma che ci si debba abituare ad un’inflazione più alta di quella vista negli ultimi 25 anni.
Se le cause dell’inflazione sono molte e complesse l’effetto dell’inflazione sulle imprese è semplice: aumento dei costi.
Da un lato dei costi operativi (carburanti, materie prime, pezzi di ricambio, manutenzioni, ma anche servizi vari), dall’altro i costi di capitale con i costanti aumenti dei tassi di interesse da parte delle banche. Gli stipendi non sono aumentati per adesso di molto, ma anche su questo fronte non potremo continuare cosi a lungo.
Per le aziende che gestiscono rifiuti urbani l’inflazione ha comportato un aumento dei costi operativi rispetto al 2021 di circa il 14%. Come è noto si tratta di un settore regolato, dove ARERA ha definito già un criterio di adeguamento tariffario per gli anni 2022 e 2023 di fatto pari a zero.
Da mesi quindi le aziende di gestione dei rifiuti urbani sopportano un consistente disallineamento fra corrispettivi riconosciuti dagli Enti Territorialmente Competenti (sulla base della metodologia del regolatore) e costi sostenuti.
Una situazione insostenibile che mette seriamente a rischio il comparto, specie in alcuni contesti gestionali dove è stata ipotizzata sia l’interruzione dei servizi di raccolta ma anche la fuoriuscita dal mercato, per una prolungata mancanza di tenuta finanziaria.
Le principali associazioni di impresa già nel marzo scorso hanno sollecitato ARERA ad emanare un provvedimento straordinario di riequilibrio dei corrispettivi a copertura di costi aggiuntivi derivanti dall’inflazione. Ma ARERA sta proponendo solo adesso alcune soluzioni, senza però risolvere in modo definitivo le criticità prospettate. La tecnica regolatoria adottata è un po’ complessa ma la sostanza è semplice. L’aumento dei costi dovuti all’inflazione sostenuti dalle imprese nel 2022/23 saranno recuperati peraltro non è detto integralmente) nel biennio regolatorio 2024/2025 (oltre due anni dopo quindi). A parte le conseguenze finanziarie per tutti di questo ritardo, per le aziende che gestiscono “appalti” poi la proposta è inadeguata: molti appalti scadono nell’arco di 12/24 mesi e in questi casi non è chiaro come le aziende possano beneficiare del recupero tariffario postumo.
Ma la proposta di ARERA è ancora più discutibile. Infatti il Regolatore nazionale propone di inserire nel 2024/2025 una componente di aumento tariffario specifica idonea a coprire i costi addizionali dovuti all’inflazione, ma sempre all’interno dei tetti massimi di incremento tariffario già stabiliti. Nel formulare i Piani Economico Finanziari (PEF) quindi i comuni e gli enti di ambito dovranno “scegliere” se usare il limite di aumento tariffario per coprire gli effetti dell’inflazione (anche pregressa) a scapito di altri obiettivi: investimenti, qualità del servizio, aumento delle raccolte differenziate. Una misura che protegge i consumatori da aumenti della TARI ma che non fa i conti con la realtà sterilizzando di fatto l’effetto inflattivo rispetto ai corrispettivi.
Se l’ipotesi di un provvedimento regolatorio straordinario che intervenisse con una riapertura dei PEF 2023 è stata rigettata da ARERA negli scorsi mesi, vi è l’urgenza oggi di correggere quanto prospettato per gli anni 2024/2025 per consentire al settore non solo di coprire i costi addizionali dell’inflazione ma anche di proseguire nel miglioramento dei servizi per raggiungere gli ambiziosi traguardi dell’economia circolare: raccolta differenziata, impianti di riciclo, recupero energetico.
Chicco Testa
Presidente AssoAmbiente