Senza considerare i molteplici fattori che hanno ridotto all'osso i Consorzi di Bonifica, per il sindacato la riforma da discutere all'Ars potrebbe essere un "fallimento". Ecco perché.
In relazione al caso della riforma dei Consorzi di Bonifica attesa in Aula all’Ars “ci scontreremo contro l’ennesimo fallimento politico/amministrativo/gestionale” in Sicilia: è il timore espresso dal Sifus, mediante il segretario regionale Ernesto Abate.
C’è pessimismo, ma anche volontà di porre fine a una situazione che – tra carenze di organico, infrastrutture carenti e problemi ambientali aggravati dallo stato di siccità – tormenta la Sicilia da diversi anni.
La riforma dei Consorzi di Bonifica, Sifus: “Sarà fallimento”
“Da anni, infatti, la politica regionale si è susseguita con l’impegno di approvare un testo di legge che desse un’insegna nuova a questi Enti pubblici strumentali di diritto privato, vigilato e controllato da apparato regionale, credendo che attraverso nuove vesti si risolvessero i problemi che attanagliano la società rurale e il volano economico che ne deriva. Tuttavia il passivismo è stato il peggiore dei risultati, aggravando di fatto lo stato debitorio e quello dei servizi che hanno reso i Consorzi di Bonifica in uno stato comatoso e il comprensorio irriguo sempre più eroso e desertificato, come il resto della Sicilia”, si legge in una nota del Sifus.
Il timore è che la riforma non possa “azzerare le disfunzioni che hanno portato al fallimento societario di un Ente che non è stato in grado di garantire i servizi, la sicurezza ambientale e di evitare i debiti”. Una riforma da sola – spiega il sindacato – è destinata al fallimento, in quanto non può dare soluzione a un problema dalle mille sfaccettature.
Il problema
Il Sifus ribadisce che “i servizi prestati dai Consorzi di Bonifica dipendono da fattori esterni come le precipitazioni atmosferiche, la capacità di vettoriare le acque attraverso la bonifica del territorio, la pulizia di caditoie il ripristino degli argini e il letto delle reti scolanti, valloni e torrenti, l’accumulo di acqua negli invasi e nelle dighe, l’erosione del suolo” e molto altro.
Un altro fattore, una “stortura” che il sindacato mette in evidenza, è il fatto che l’Assessorato all’Agricoltura nomina dei Commissari Straordinari che controllano la gestione dei Consorzi di Bonifica e che gli Enti, a loro volta, vengono vigilati dall’Ente di vigilanza e dal Dipartimento agricoltura. “Controllato e controllore sono la stessa cosa e stanno dalla stessa parte”, commenta Ernesto Abate.
C’è poi la questione dei costi dell’energia elettrica: il Sifus parla di “milioni di euro per ogni stagione irrigua” per i Consorzi di Bonifica (e di riflesso, per i consorziati). “Oggi sono maturi i tempi per aprire alla concorrenza e obbligare prezzi calmierati“, spiega il sindacato. Questa è la principale richiesta alla Regione: intervenire per calmierare i prezzi e ridurre lo stato debitorio dei Consorzi, “che cresce fino ad aggirarsi tra i 150 e i 180 milioni di euro e richiede interventi politici straordinari con misure economiche straordinarie”.
C’è poi la questione dell’organico: l’età media dei lavoratori assunti nei Consorzi di Bonifica è superiore ai 50 anni, c’è carenza di personale di circa 300 unità e questo potrebbe amplificare i già noti problemi degli Enti.
“Considerato che nella proposta governativa sarà vietata ogni progressione verticale all’interno dei POV (Piante Organiche Variabili) dei Consorzi di Bonifica, utile a colmare le vacanze dei ruoli e delle mansioni previste, per ottemperare alle esigenze oggettive del territorio e della relativa programmazione delle attività manutentorie e propedeutiche alla distribuzione irrigua, il fallimento è semplicemente una conseguenza naturale”, conclude il Sifus, invitando la politica a riflettere sul tema.
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