La norma approvata quasi all'unanimità dal Parlamento si limita a interventi emergenziali attraverso bonus assistenziali. Riforma Fiscale, proroga del Super Bonus, fondo perduto per le partite Iva
di Daniele
Virgillito
La legge di
bilancio 2021 si limita ad interventi emergenziali attraverso bonus
assistenziali, senza introdurre le
necessarie misure strutturali
per spingere la ripresa. A dispetto dei marginali aspetti positivi contenuti
nella legge di bilancio, come la proroga dell’Ecobonus
e delle detrazioni sulle ristrutturazione maggiorati, bonus
mobili, bonus facciate e giardini per tutto il 2021, nel testo della legge di
bilancio si sprecano gli
esempi di promesse tradite e, tra tutte, la mancata proroga del
Superbonus a l 110% fino al 2024
che, contrariamente a quanto dichiarato più e più volte dall’Esecutivo, rimane al momento ferma al 2021;
purtroppo anche rispetto all’estensione delle norme sulla sospensione delle
rate dei mutui, relativi all’abitazione principale, non si è trovato spazio per
una proroga generalizzata, misura che scadrà, come
originariamente previsto, a dicembre 2020. Rifinanziati, invece, i bonus
per l’acquisto di motorini elettrici e il “buono mobilità” (valido per
l’acquisto, ad esempio, di biciclette, e-bike, monopattini etc.). Si rinnovano con 255 milioni per un altro anno Ape
social e Opzione donna, due modalità utili per anticipare il pensionamento, ma
l’Ape social viene ampliata solo ai disoccupati senza Naspi, non ad altre
categorie, come i lavoratori fragili ancora più indeboliti, purtroppo, dalla
pandemia. A sorpresa slitta di un anno il ritorno alla piena rivalutazione
delle pensioni all’inflazione: dall’1 gennaio 2022 all’1 gennaio 2023.
Confermato, in maniera
consistente e per un lungo arco temporale, il controverso reddito di
cittadinanza, con autorizzazione di spesa incrementale di oltre 196 milioni di
euro per l’anno 2021, 474 milioni di euro per l’anno 2022, e viva via crescendo
fino al 2029 per una somma che complessivamente supera i 4mld.
La strombazzata riforma di semplificazione e riduzione della pressione fiscale è ulteriormente rinviata al 2022. Le risorse messe a disposizione per la riforma sono solo 2,5 mld di euro per l’anno 2022 e 1,5 mld, a regime, a decorrere dal 2023. Si tratta, è piuttosto evidente, di uno stanziamento impalpabile rispetto agli obiettivi annunciati. Degli 8 mld di euro per l’anno 2022 e 7 mld di euro a regime dall’anno 2023, sono destinati alla riforma dell’assegno universale alla famiglia 5,5 mld. Lodevole il tassello del cosiddetto “assegno unico per i figli” anche se rappresenta, però, un piccolo passo per intervenire sull’assoluta inadeguatezza dei meccanismi di detrazione dell’IRPEF e che risolve solo parzialmente la crescente disparità di trattamento, tra lavoratori dipendenti e lavoratori autonomi.
All’auspicata e universalmente desiderata riduzione della pressione fiscale, pertanto, vengono destinate, a regime, limitatissime risorse pari a 1,5 mld di euro e, incomprensibilmente, in un contesto emergenziale come quello che stiamo attraversando vengono destinati 3 mld di euro per ridurre la pressione fiscale solo dei contribuenti con redditi da lavoro dipendente compresi nello scaglione tra 28.000 e 40.000 euro. Questa scelta del governo allontana ulteriormente la possibilità di un riordino complessivo dell’IRPEF nella ricerca di un’equità non soltanto verticale, ma anche orizzontale e incide negativamente divaricando la curva di progressività della pressione fiscale tra lavoratori dipendenti, liberi professionisti e pensionati.
Nonostante i roboanti annunci si è, pertanto, persa un’altra occasione per rilanciare l’economia del nostro Paese e dare certezze e respiro alle innumerevoli categorie sociali, professionali e imprenditoriali travolte dalla crisi.