Uno sguardo alle novità relative al sistema sanzionatorio che sono state inserite all’interno della Riforma tributaria. Previste linee di demarcazione ben definite che possano eliminare ogni dubbio sulla qualificazione delle irregolarità
ROMA – L’articolo 13 del Dlgs 471 del 18 dicembre 1997, stabilisce la differenza tra credito (o eccedenza) non spettante (utilizzato in misura superiore a quello spettante) e credito inesistente (utilizzato in compensazione), applicando, nel primo caso, la sanzione pari al 30% del pagamento effettuato in misura inferiore al dovuto e, nel secondo caso, la sanzione amministrativa che va dal 100% al 200% della misura del credito irregolarmente utilizzato.
Nel prevedere tali sanzioni amministrative, la citata versione del Dlgs 471 definisce (art. 13, comma 4) credito “esistente e non spettante” quello utilizzato in misura superiore a quella prevista oppure in violazione delle modalità di utilizzo previste dalla legge”. Definisce, invece, “credito inesistente” (articolo 13, comma 5) quello per cui manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo e la cui inesistenza non sia riscontrabile mediante i controlli di cui agli articoli 36 bis, 36 ter del Dpr 600/73 e 54 bis del Dpr 633/72.
Dal punto di vista penale/tributario, è l’articolo 10 quater del Dlgs n. 74 del 10 marzo 2000 che stabiliste la rilevanza penale della fattispecie dell’indebita compensazione, distinguendo, ai fini della commisurazione delle sanzioni, l’ipotesi di crediti non spettanti (comma 1) e di crediti inesistenti (comma 2), sostanzialmente richiamando a tal fine i concetti prima citati e previsti in materia di sanzioni amministrative.
C’è da dire che, nella realtà, le suddette definizioni hanno creato talvolta problemi interpretativi, creando zone fumose con inevitabili controversie, sia in materia amministrativa che in materia penale. Al riguardo è intervenuta la Corte di Cassazione (sentenza numero 7615/2022), la quale ha affermato alcuni principi come quello secondo il quale le due fattispecie non possono sovrapporsi essendo assolutamente alternative (o si tratta di credito non spettante o di credito inesistente), disponendo, in pratica, la separazione delle due fattispecie, portando alla fattispecie meno rilevante tutte le situazioni caratterizzate dal dubbio o in cui l’intento fraudolento non risulti sufficientemente provato.
Intanto, con l’articolo 1 del Dlgs n. 13 del 12/2/24 (Decreto delegato sull’accertamento), con l’inserimento nel Dpr 600/73 dell’articolo 38 bis, è stato previsto in maniera organica l’atto di recupero dei crediti non spettanti o inesistenti, da notificarsi, rispettivamente, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di utilizzo ed entro il 31 dicembre dell’ottavo anno successivo a quello di utilizzo.
Giova osservare che, in base alle modifiche già in vigore (riguardanti l’atto di recupero), è sempre ammessa la definizione della sanzione con il pagamento di un terzo entro il termine per la presentazione del ricorso (prima tale agevolazione, art. 16. c. 5, era riservata solo al caso di credito non spettante); non è ammessa la riscossione graduale in pendenza di giudizio (nel senso che gli atti di recupero andranno pagati per intero, anche in caso di ricorso); esiste un termine differenziano del termine per la notifica dell’atto riguardante il credito inesistente (otto anni) e quello riguardante il credito non spettante (cinque anni).
Nessun chiarimento, tuttavia, risulta nel cennato testo legislativo riguardo alla definizione dei crediti non spettanti e inesistenti. Tale chiarimento è contenuto, però, nel Decreto legislativo riguardante la riforma del sistema sanzionatorio tributario, penale e amministrativo, decreto il quale porta il n. 87, è datato 14 giugno 2024 ed è stato pubblicato nella Gazzetta ufficiale n.150 del 28 giugno 2024.
Il citato decreto legislativo sostanzialmente rinvia alle norme sanzionatorie penali la definizione delle due fattispecie prima cennate, prevedendo:
a) all’articolo 1, comma 1, lettera g-quater, del Dlgs 74/2000, che sono crediti “inesistenti” “1) i crediti per i quali mancano, in tutto o in parte, i requisiti oggettivi o soggettivi specificamente indicati nella disciplina normativa di riferimento; 2) i crediti per i quali i requisiti oggettivi e soggettivi di cui al numero 3) sono oggetto di rappresentazioni fraudolente, attuate con documenti materialmente o ideologicamente falsi, simulazioni o artifici”.
b) ed allo stesso articolo 1, comma 1, lettera g-quinquies, che sono crediti “non spettanti” “1) i crediti fruiti in violazione delle modalità di utilizzo previste dalle leggi vigenti ovvero, per la relativa eccedenza, quelli fruiti in misura superiore a quella stabilita dalle norme di riferimento; 2) i crediti che, pur in presenza dei requisiti soggettivi e oggettivi specificamente indicati nella disciplina normativa di riferimento, sono fondati su fatti non rientranti nella disciplina attributiva del credito per difetto di ulteriori elementi o particolari qualità richiesti ai fini del riconoscimento del credito; 3) i crediti utilizzati in difetto dei prescritti adempimenti amministrativi espressamente previsti a pena di decadenza”.
Finalmente, una linea di demarcazione che non dovrebbe far sorgere più dubbi sulla esatta qualificazione dell’irregolarità.