Riforme strutturali e ripartenza - QdS

Riforme strutturali e ripartenza

Riforme strutturali e ripartenza

Salvo Fleres  |
mercoledì 13 Settembre 2023

Per ripartire non bastano le parole, ci vogliono atti concreti

In questi giorni sono in molti a parlare di ripartenza, di rilancio economico, di superamento della crisi. È giusto, bisogna essere ottimisti e propositivi, bisogna “gettare il cuore oltre la siepe” e andare avanti con coraggio e determinazione.
Tuttavia, per ripartire non bastano le parole, né gli scontati auspici, né servono le semplici e “comode” pacche sulle spalle.
Per ripartire ci vogliono atti concreti, perché bisogna concretamente convincere gli imprenditori che investire in Italia è più conveniente che investire altrove, dove i vincoli sono minori, le procedure sono più semplici, l’ordine e la sicurezza sono garantiti e la giustizia è più certa e più celere.
Ma bisogna pure convincere i lavoratori a scommettere su quello che fanno, nel tentativo di farlo sempre meglio, senza temere per il loro futuro.
Per spendere bisogna essere sereni, bisogna sapere che i propri figli non dovranno mai temere di rimanere senza scarpe o senza libri, bisogna organizzare un sistema di tutele universali, che siano pronte a scattare nei momenti di eventuale difficoltà, non certo in prossimità di scadenze elettorali.

Raggiungere questo tipo di obiettivi non è semplice, ci vuole tempo, ma soprattutto ci vuole tanto buonsenso, tanto equilibrio, tanta preparazione, tanta capacità di fare, oltre che limitarsi ad annunciare, e ci vuole tantissima voglia di pensare “alle prossime generazioni”, non alle “prossime elezioni”
Quest’ultimo obiettivo è tra i più difficili da raggiungere, ma anche tra i più importanti, se è vero che si vogliono raggiungere traguardi seri e reali.

Spetta al governo ed alle varie forze politiche essere funzionali a queste attese, che sono presenti nel Paese più di quanto non si possa pensare.
Per riuscire bisogna essere determinati, bisogna mettere da parte certi inutili particolarismi paleo ideologici ed impegnarsi a varare riforme importanti: giustizia, burocrazia, fisco, amministrazione, appalti, welfare, ed in ogni altro settore presenti evidenti condizioni di arretratezza o di inefficienza funzionale.
Senza queste riforme, senza idonee misure capaci di riequilibrare le sperequate condizioni economiche e sociali delle varie parti d’Italia, senza far ripartire il Mezzogiorno, senza sicurezza, senza legalità, senza la forza di risolvere i vari problemi, evitando di limitarsi alla loro gestione a fini elettoralmente acquisitivi, nessuno avrà voglia di investire nel nostro Paese e creare ricchezza e posti di lavoro.
Così come non sarà facile convincere i lavoratori a spendere bene il loro stipendio, a cambiare l’automobile o il frigorifero, oppure ad iscrivere il proprio figlio ad un corso di pianoforte o di chitarra, se essi non saranno sereni, se non avranno la sicurezza sul loro domani e su quello della loro famiglia.
Nessuno investirà mai in Italia se una causa civile continuerà a durare tra i cinque ed i dieci anni e forse di più. Nessuno investirà se i rapporti tra cittadino ed enti pubblici continueranno ad essere fondati sulle “concessioni” e non sulla responsabilità.

Nessuno rischierà il proprio stipendio se all’uscita dell’ufficio postale o della banca, nella quale sarà andato a riscuoterlo, dei rapinatori glielo toglieranno dalle tasche e magari gli spareranno un colpo di pistola in testa.

Insomma, il nostro Paese non può pensare che il proprio futuro dipenda soltanto dalla spesa, posto che sia “buona”, poiché semmai dipenderà dalla spesa utile ed efficace. La crescita, infatti, dipenderà dalla realizzazione di opere funzionali allo sviluppo, all’occupazione produttiva ed alla erogazione di servizi efficienti. Ecco perché senza riforme sarà difficile uscire dalla crisi. Questo approccio al tema, me ne rendo conto, non è per tutti, in modo particolare non lo è per i tanti che ritengono, sbagliando clamorosamente, che la politica ed il consenso si formino soltanto incrementando la spesa e destinandola a fini clientelari.
In realtà è esattamente il contrario: la politica ed il consenso si formano e si strutturano elevando la qualità della vita la quale, a sua volta, cresce anche attraverso le riforme necessarie a disincrostare la società nella quale si è costretti ad operare, alleggerendo il carico di chi ha voglia di correre ed è ben allenato per farlo.
La spesa e la sua distribuzione, speriamo ben perequata e ben distribuita, viene dopo, anche per facilitare l’ipotesi che venga davvero e non rappresenti soltanto uno dei soliti annunci.

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