Riforme Ue, pensioni giustizia e burocrazia - QdS

Riforme Ue, pensioni giustizia e burocrazia

Carlo Alberto Tregua

Riforme Ue, pensioni giustizia e burocrazia

mercoledì 27 Gennaio 2021

Merito, responsabilità, produttività

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) obbliga l’Italia a procedere con tre riforme essenziali: pensioni, giustizia e burocrazia. Senza di esse il Piano non verrebbe validato.
Sembra che il Governo sottovaluti tali riforme perché se non attuate secondo gli indirizzi della Commissione europea, non consentirebbero l’erogazione dei finanziamenti. Ma affinché esse vengano accolte, dovrebbero ribaltare l’attuale situazione, il che solleverebbe proteste da ogni parte che solo gli statisti saprebbero superare.
È noto infatti che gli attuali governanti inseguano giorno per giorno il consenso, facendo sondaggi di ogni tipo. Vorrebbero accontentare tutti i cittadini, ma, così facendo, paradossalmente, vanno contro i loro interessi.
Infatti l’interesse generale è quello di fare riforme strutturali che aumentino l’efficienza dei servizi pubblici, ma trovano contrari sia i sindacati che gli stessi cittadini.

Passiamo in rassegna rapidamente le tre riforme. Il sistema pensionistico, così com’è, carica molto la finanza pubblica e si guarda con apprensione il momento in cui i contributi del lavoro attivo non saranno più sufficienti a pagare gli assegni di coloro che sono in quiescenza.
La riforma dovrebbe anche cambiare la struttura delle pensioni, oggi disarticolata e disordinata. Ogni cittadino che cambia lavoro nei suoi circa quarant’anni attivi, potrebbe essere stato iscritto a diversi fondi pensionistici, fra loro scollegati. In Paesi avanzati come la Germania, ogni cittadino entra nel sistema, qualunque lavoro faccia, autonomo o dipendente, con la conseguenza che, quando finisce di lavorare, riceve un assegno che ha tenuto conto di tutte le variazioni avvenute durante il periodo lavorativo.
Con questo meccanismo non si verificherebbe quella assurda anomalia per cui vi sono cittadini che percepiscono due, tre o quattro pensioni. Ovviamente, nel riordino, dovrebbero andare tutte le attività di ogni persona che ha lavorato, anche se avesse fatto il parlamentare nazionale o il consigliere regionale.
Sentiamo molti che storcono la bocca.
La riforma della giustizia non può essere fatta con quella aberrazione sulla prescrizione, voluta da un modesto avvocato del trapanese, oggi casualmente ministro della Giustizia.
La riforma deve semplificare i processi che vanno digitalizzati, eliminando o riducendo gli intervalli di tempo, e obbligando i giudici ad un ritmo di udienze consecutive, anche pomeridiane. Questo comporta il riempimento degli organici (magistrati e personale amministrativo) che in atto è carente.
Il principio costituzionale (ed europeo) della ragionevole durata del processo è stato calpestato in questi ultimi decenni per cui, soprattutto nel settore penale, vi sono cittadini tenuti alla gogna per moltissimi anni, la cui innocenza viene riconosciuta dopo un tempo immemorabile. Inotre, dovrebbero essere vietati i processi in Tv, giornali e web, pubblicando solo sentenze e ordinanze.

La riforma della burocrazia dovrebbe essere anch’essa radicale, introducendo in maniera tassativa e non eludibile i tre valori essenziali di produttività, merito e responsabilità, cui seguirebbe un sistema premio-sanzionatorio che dovrebbe valorizzare i migliori dirigenti, funzionari e dipendenti e mettere in fondo alla classifica i bacchettoni, i nullafacenti e quelli che non hanno voglia di lavorare.
Per queste finalità, sarebbe necessario stabilire un metodo di assegnazione del carico di lavoro, dipendente per dipendente, portato anche dai fascicoli, e dipartimento per dipartimento, area per area, servizio per servizio, determinarne il carico di lavoro come obiettivi, cui poi farebbero riscontro i risultati. Dal confronto fra i primi ed i secondi si evincerebbe la produttività della struttura.
Sarebbe anche necessario che gli attuali pubblici dipendenti di ogni livello e struttura fossero sottoposti gradatamente ad esami, dopo adeguati corsi di formazione, per abituarli alla digitalizzazione e a funzionare mentalmente in tempo reale, in modo che i servizi erogati a cittadini e imprese siano sempre di migliore e maggiore qualità.

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