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Ars, la ripresa dei lavori dopo le feste. In prima commissione la riforma sulla dirigenza regionale

Ars, la ripresa dei lavori dopo le feste. In prima commissione la riforma sulla dirigenza regionale
Ars Sala d’Ercole

Previsti lavori in prima commissione, dove si trova il ddl che punta alla riforma della normativa sull’ordinamento della dirigenza regionale.

Archiviate le vacanze natalizie, oggi l’Assemblea regionale siciliana dovrebbe riprendere le proprie attività. Il calendario prevede lavori in prima commissione, dove si trova il disegno di legge di iniziativa governativa che punta alla riforma della normativa sull’ordinamento della dirigenza regionale.

In agenda c’è un primo esame degli emendamenti al testo firmato dal presidente della Regione Renato Schifani e dall’assessore alla Funzione pubblica Andrea Messina. Il percorso verso la discussione e il successivo voto in Aula della legge è ancora lungo, ma sarà interessante capire quale percorso avrà il ddl su un tema che, per quanto interessi direttamente l’apparato burocratico della pubblica amministrazione, inevitabilmente coinvolge anche la politica.

Venticinque anni fa

L’ultima legge sulla dirigenza dell’amministrazione regionale siciliana risale al 2000. Il ddl del governo Schifani punta ad aggiornare il quadro normativo allineando “l’ordinamento della dirigenza a quella di tutti gli enti del comparto funzioni locali e, al contempo, a eliminare le criticità determinate dal mantenimento della cosiddetta terza fascia dirigenziale che, nell’assetto originario della legge regionale citata, doveva avere durata meramente transitoria”, si legge nella relazione che chiarisce il testo. Dove si ricorda che “nelle Regioni, incluse talune Regioni ad autonomia speciale, e negli enti locali, la dirigenza è infatti ordinata in un’unica qualifica; i livelli di responsabilità e, conseguentemente, le retribuzioni, si differenziano in ragione degli incarichi attribuiti”.

Ruolo unico

Il disegno di legge prevede che l’istituzione del ruolo unico della dirigenza venga articolato in aree di competenza “al fine di tener conto delle professionalità tecniche necessarie in alcuni rami dell’amministrazione regionale”.

Per accedere alla qualifica dirigenziale servirà passare dal concorso pubblico, a cui potranno si potrà prendere parte soltanto in possesso di “laurea specialistica o magistrale oppure di diploma di laurea” nel caso di titoli conseguiti prima dell’entrata in vigore del decreto 509 del 1999 e di alcuni requisiti come l’avere avuto un’esperienza quinquennale “nell’area immediatamente inferiore a quella dirigenziale” o triennale nel caso di possesso di “dottorato di ricerca o master di secondo livello o del diploma di specializzazione” conseguito presso specifiche scuole. Per ambire a entrare nel novero dei dirigenti regionali si potrà anche avere un’esperienza biennale come dirigenti in “enti e strutture pubbliche non ricomprese nel campo di applicazione” oppure essere soggetti “che hanno ricoperto incarichi dirigenziali in amministrazioni pubbliche per un periodo non inferiore a cinque anni”.

Le procedure concorsuali, inoltre, dovranno prevedere una quota non inferiore al 50 per cento dei posti destinati all’accesso dall’esterno, mentre sulla parte restante non più del 30 per cento potrà essere riservato “al personale dell’amministrazione regionale, in servizio a tempo indeterminato”. In merito alle prove di selezione si legge che “i bandi definiscono gli ambiti di competenza da valutare e prevedono la valutazione delle capacità, attitudini e motivazioni individuali, anche attraverso prove, scritte e orali”.

Superare la terza fascia

Il ddl del governo punta a superare la cosiddetta terza fascia che fu istituita nel 2000 e che sarebbe dovuta rimanere soltanto a tempo determinate. Un regime transitorio che invece è perdurato fino a oggi creando – si legge nella relazione – “disfunzioni organizzative e asimmetrie con l’ordinamento nazionale”. A bacchettare la Regione negli anni scorsi è stata la Corte dei conti. “Ha stigmatizzato la risalente e irrisolta problematica della terza fascia dirigenziale – viene ricordato nella relazione –

A distanza di quasi vent’anni questa anomalia ordinamentale permane, con l’effetto distorto di non rinvenire più personale dirigenziale in prima e solo sparute unità in seconda fascia a seguito dei pensionamenti intervenuti, mentre la totalità delle unità dirigenziali risulta inquadrata in terza fascia in distonia con quanto avviene a livello statale e con una palese asimmetria, in molti casi, tra inquadramento giuridico e attribuzione di funzioni e responsabilità”. Per la Corte dei conti la particolarità siciliana rende “assai problematico, allo stato attuale, procedere all’assunzione di nuovo personale dirigenziale senza aver prima posto fine alla situazione di stallo determinata dal mancato superamento della terza fascia dirigenziale”. Dati alla mano, aggiornati al 2023, su 698 dirigenti in servizio, tre soli sono di seconda fascia, mentre i restanti sono in terza fascia.