Iniziano le opere di risanamento delle case popolari di via Catanoso. Ecco come procederanno le attività.
Centocinquanta giorni. Tanti ne serviranno per restituire del tutto alla città l’area di via Catanoso, un contesto fatiscente tra fiumare e case popolari proprio a ridosso del Policlinico universitario di Messina. Qui, per decenni, hanno trovato alloggio all’interno delle baracche 24 famiglie.
Sono 73 le persone in totale fatte sgombrare, tra queste anche 17 minori. Per loro si prospetta un futuro migliore dopo una vita spesa a contatto con l’amianto.
Baraccopoli a Messina, demolizione vicino al Policlinico di Messina
Le operazioni di demolizione della baraccopoli di via Catanoso a Messina sono cominciate mercoledì mattina sotto gli occhi del Subcommissario straordinario per l’emergenza abitativa, Marcello Scurria, del sindaco Federico Basile, dell’assessore Salvatore Mondello, del presidente di Arisme Vincenzo La Cava e del presidente del quartiere, Alessandro Cacciotto. Presente anche il Genio Civile in qualità di ente attuatore.
Durante i centocinquanta giorni necessari allo sgombero generale, verranno smaltiti amianto e altri rifiuti pericolosi presenti in elevatissime quantità nella zona, segnata da degrado e incuria di ogni genere. Prima le ruspe distruggeranno i 24 casolari fatiscenti, poi sarà la volta della generale rimozione.
“Oggi lavoriamo per demolire e bonificare quest’area in cui c’è moltissimo amianto – ha spiegato il Subcommissario Scurria – molte baraccopoli già sono state demolite, anche se abbiamo chiaro che tante altre ancora dovremo demolirle”.
Quella delle baraccopoli di Messina è una vicenda che affonda le proprie radici nel tempo, per un’emergenza abitativa divenuta endemica negli anni e nella mancanza di volontà politica di reperire i fondi necessari alla risoluzione di un problema non soltanto di tipo igienico – sanitario, ma anche di tipo sociale.
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Una lunga storia a Messina
Appena un anno fa il Quotidiano di Sicilia ha visitato la baraccopoli del Rione Taormina, dove le condizioni non sono affatto diverse da quelle di via Catanoso. Qui, come aggravante, la pericolosità di un torrente nel cui alveo erano sorte proprio le baracche. E a ogni pioggia torrenziale, un incubo per gli abitanti della zona che si ritrovavano l’acqua fin sopra le caviglie.
“Qui si rischiava la vita – ha spiegato proprio Scurria – perché si stava praticamente sul torrente, quando pioveva gli abitanti stavano svegli perché l’acqua andava a sbattere sul muro che delimita il Policlinico universitario e tornava indietro entrando nelle baracche”.
Ruspe che non saranno in azione in quest’area solo per via Catanoso. Nel piano di risanamento è infatti previsto anche l’abbattimento delle baracche di via Rosso da Messina: qui i nuclei familiari sono molti di più rispetto a quelli che hanno fino a pochi mesi fa vissuto in via Catanoso. Senza dimenticare le baraccopoli che sorgono nottetempo a Camaro, proprio allo svincolo autostradale di Messina Centro.
E poi ancora quelle del Rione Taormina. Ma soprattutto Giostra: la distesa di baracche più importante della città, numericamente parlando. E che in questo caso si estende dallo svincolo autostradale Giostra – Annunziata fin quasi l’incrocio con il viale Regina Elena. Nel mezzo, condomini popolati da gente per bene ma circondati dalle favelas.
Un’emergenza dietro l’altra, come ammette lo stesso Scurria, che sottolinea come sia “difficile scegliere” da dove procedere con le demolizioni, “perché le emergenze sono disseminate in tutta la città”. Subcommissario che per tramite di Arismé si sta occupando anche di trovare una sistemazione alle famiglie con soggetti fragili all’interno dei nuclei familiari. Molti di quelli inseriti in questa speciale graduatoria hanno già trovato una abitazione, altri la troveranno nel corso dei prossimi mesi.
Foto di Hermes Carbone (generica, baraccopoli di Messina)