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Risanare il fiume Simeto, l’iniziativa al centro delle ricerche universitarie

Risanare il fiume Simeto, l’iniziativa al centro delle ricerche universitarie
Fiume Simeto

Al QdS Roberto De Pietro, componente della squadra di lavoro nell’ambito del Prin 2022: “Conservare la biodiversità e rinaturalizzare gli ecosistemi fluviali”

CATANIA – Come emerso qualche giorno fa dal confronto con la professoressa di Diritto privato dell’Università di Catania, Marisa Meli, gli Atenei di Catania, Messina e Palermo hanno dato vita al Prin 2022 Restoring Biodiversity as a Tool for Climate Change Mitigation. Abbiamo intervistato l’ingegnere Roberto De Pietro, membro della squadra di lavoro che fa capo al progetto e, da decenni, impegnato nella conservazione di ambienti naturali in Sicilia, con particolare attenzione agli ambienti fluviali e alle zone umide. Con De Pietro abbiamo parlato dell’importanza e della funzione del progetto e siamo entrati nel merito di uno dei casi studio individuati dall’unità di ricerca: quello del Simeto.

In che modo il Prin 2022‐Pnrr dedicato alla tutela della biodiversità, contribuisce alla conservazione di ambienti naturali in Sicilia?
“Nell’ambito di questo progetto è stato organizzato, lo scorso novembre 2024, un convegno sulla legge sul ripristino della natura. Il regolamento (Reg. Ue n.1991 del 24 giugno 2024) introduce, in particolare, il principio innovativo di recuperare le aree naturali degradate e tra queste quelle fluviali. Relativamente a queste ultime il regolamento prevede il ripristino delle funzioni naturali dei fiumi e della loro connettività, anche attraverso l’eliminazione delle barriere artificiali, a partire da quelle obsolete. Il convegno ha offerto la possibilità di presentare un progetto di risanamento di un tratto del fiume Simeto che proprio l’approvazione della legge sul ripristino della natura rende oggi possibile e attuabile”.

Qual è la situazione attuale del tratto del Simeto su cui proponete di intervenire e quali problemi ambientali presenta?
“Circa 40 anni fu costruita sul fiume Simeto una traversa, denominata Passo Martino, senza essere però ultimata; le opere a essa connesse non entrarono mai in funzione e gli scopi ipotizzati non furono mai raggiunti. Passo Martino costituisce, quindi, un’opera priva di utilità e per la quale non è ipotizzabile alcun recupero attuale o futuro, anche per i vincoli ambientali esistenti nel tratto di fiume nel quale essa insiste. A dispetto di ciò, lo sbarramento determina un grave danno ambientale, in quanto interrompe, e lo fa ad appena 7 km a monte della foce del Simeto, la continuità longitudinale del fiume. A soffrirne sono le biocenosi acquatiche e la fauna ittica in particolare”.

Cosa comporterebbe la rimozione dello sbarramento?
“L’eliminazione dello sbarramento consentirebbe al Simeto di poter disporre di un tratto collegato al mare e libero di scorrere senza ostacoli ben maggiore di quello esistente; la lunghezza del tratto libero passerebbe, infatti, dagli attuali 7 km a quella di 36 km, ovvero a quella compresa tra la foce e la successiva traversa di ponte Barca. Si restituirebbe, inoltre, continuità ai due tratti di fiume a monte e a valle della traversa di Passo Martino che attualmente sono, invece, separati: quello da Ponte Barca a Passo Martino e quello da Passo Martino alla foce”.

Qual è il valore complessivo dell’intervento?
“La demolizione, oltre al contributo, piccolo ma concreto che fornirebbe in termini di conservazione della biodiversità, avrebbe il merito di rappresentare il primo intervento di rinaturalizzazione degli ecosistemi fluviali del Simeto profondamente alterati dalle opere di sbarramento, derivazione e di cosiddetta sistemazione idraulica, realizzate in passato”.