Home » La riscoperta della storia dell’ebraismo in Sicilia

La riscoperta della storia dell’ebraismo in Sicilia

La riscoperta della storia dell’ebraismo in Sicilia
ebraismo sicilia

Dopo anni di oblìo, la svolta arrivò nel 1997 con la costituzione della Charta delle Judeche dell’Isola

La Sicilia è stata frequentata da ebrei fin dall’anno duecento. Dal 1492/1493, questa terra è stata accogliente e tollerante tanto che hanno prosperato fino a diventare circa il 20% della popolazione residente. Poi la cacciata a mani di re Ferdinando II e Isabella d’Aragona.

Da quel tempo fra conversioni più o meno forzate e persecuzioni, gli ebrei si sono assottigliati quasi a divenire un’entità insignificante numericamente. Ma i marrani (convertiti a forza e giudaizzanti in privato) si sono conservati per lungo tempo, lasciando insieme ai precedenti correligionari, ampia traccia della loro esistenza.

Comunque quei pochi soggetti ancora identificabili, nulla hanno fatto per tentare una riorganizzazione, ovvero un ritorno pubblico alla fede dei padri. Nell’Italia del tempo rimanevano ampie comunità che vivevano tra mille soprusi e periodi di normale vivere civile, mentre le dominazioni si avvicendavano, ma a sud e nelle isole la storia teneva il sentimento ebraico nascosto e secretato tra le mura domestiche o peggio nell’animo di ciascun individuo. Tuttavia la storia rimaneva e il tempo non riusciva a cancellarla. Molti scrivevano del lustro e delle innate capacità degli ebrei siciliani, nessuno, tuttavia riusciva a ritrovare una strada utile per un ritorno.

Nel 1997 la Charta delle Judeche di Sicilia

Solo nell’anno 1997, l’Istituto internazionale di Cultura ebraica in uno all’assessorato per gli Enti Locali della Regione Siciliana, rompeva gli indugi e costituiva la Charta delle Judeche di Sicilia. Un’associazione che metteva insieme tutti i sindaci che avevano ospitato sui loro territori comunità ebraiche. Risposero all’appello ben 54 sindaci ivi compresi i rappresentanti delle nove province. Un enorme consenso che raccontava quanto si ritenesse importante il risveglio della storia ebraica di Sicilia. Non si parlava della storia degli ebrei esistenti altrove, bensì della storia siciliana che riguardava un popolo perseguitato e cacciato che meritava comunque di essere ricordato e, perché no, invitato a rinascere per continuare a scrivere la storia ebraica della Sicilia.

Così si scoprì il grande interesse storico e culturale che la società siciliana nutriva per il popolo ebraico della sua terra. Tutti chiedevano un riscatto e un ritorno attraverso il racconto di quanto florido fosse stato il passato di tale popolo in Sicilia. Ciò poiché una grande massa di ebrei non erano stati dei conquistatori o una popolazione di passaggio su quella terra. Erano invece stati veri ebrei siciliani che avevano disegnato la loro storia, il loro ebraismo, le loro innate peculiarità ed enormi qualità in una terra sulla quale erano nati e cresciuti e che orami li riconosceva come parte integrante e fondante del suo popolo.

La Charta (così viene succintamente definita) da quel tempo a tutt’oggi si è sempre occupata e preoccupata di fare apprezzare a ogni comune associato la propria storia dimenticata e trascurata per troppi motivi. Una storia che, raccontata, diventava viva e attuale, presente nei ricordi degli storici locali e nelle famiglie che ancora hanno contezza di gesti strani e riti ingiustificati, che adesso trovavano una ragione e una collocazione non solo nei gesti ma anche nei cuori e nel sentimento ebraico che molti nutrivano e non sapevano riconoscere. Così ogni convegno, ogni dibattito, ogni festa ebraica tornava a essere celebrata su iniziativa della Charta con il consenso partecipativo ed entusiasta della cittadinanza e delle autorità comunali. Venivano fuori da ogni contesto necessità di conoscere e di riconoscersi nel sentimento ebraico di cui si ritornava a discutere e che alla domanda posta all’uditorio, “Dove sei?” a molti faceva tremare i polsi, con l’immediata necessità di approfondire la propria identità e del perché molte domande presenti nel loro io adesso volevano caparbiamente una risposta.

Era il sentimento ebraico siciliano che aveva bisogno di recuperare un proprio spazio per riacquisire una nuova ed antichissima identità. L’archeologia fece da sponda a tale sentimento, rispondendo alle esigenze di ricostruzione della storia e della cultura. Del modello sociale ebraico del tempo e della cultura e tradizioni che lo stesso modello riusciva a tramandare.

Ricostruzione e rinascita dell’ebraismo siciliano

Miriadi di storici, archeologi e semplici cultori, si sono avvicinati per fornire il loro contributo alla ricostruzione e alla rinascita dell’ebraismo siciliano. Una popolazione di attivisti, di ebrei nell’anima e di simpatizzanti, si sono stretti attorno alla Charta per sposarne le iniziative o solo per spronare a continuare nella ricerca e possibilmente nel ritorno di quelli che furono i tempi delle giudecche di Sicilia. Così si scrivevano i nomi ebraici alle strade della giudecca di Palermo e di Siracusa; si celebrava il processo ai mandanti dell’eccidio degli ebrei di Modica presso l’Aula consiliare dello stesso Comune; si celebravano la Giornata della memoria e le feste ebraiche; si accendevano le Cannukkà nelle maggiori piazze delle città; si riconoscevano gli eccidi degli inquisitori nelle mura delle carceri di Palazzo Steri a Palermo; si tiravano fuori le epigrafi ebraiche del trecento presso il Museo civico di Catania; si riempivano di reperti archeologici ebraici i musei di Modica e di Kamarina; si realizzava il primo percorso turistico archeologico ebraico di Sicilia nella cuspide Sud meridionale, presentato con successo al Taurisma di Firenze; si organizzava nelle scuole medie dell’Isola il concorso “Conosci la tua giudecca”; e molto altro ancora! La cultura ebraica aveva trovato posto nel sentire comune della società siciliana.

Circa vent’anni dopo la costituzione della Charta, ci si persuase che il tempo era divenuto maturo per ricostituire una delle due comunità che erano state fiorenti nella città di Catania, fino al 1492. Si trattava di cavalcare un ritorno, non di una nuova comunità, ma della rifondazione di una delle due già esistenti nella nostra città. Ogni società ha il diritto di ripercorrere la propria storia al fine di appropriarsi delle passate identità. Per alcuni tale diritto non era legittimo e non esistevano ebrei in Sicilia.

Frattanto si costituiva anche la Charta delle giudecche della provincia di Reggio Calabria, che associava ben 24 sindaci nella sola provincia di Reggio. La comunità iniziava a muovere i suoi primi passi, i simpatizzanti, i marrani, i portatori di vivo sentimento ebraico giungevano con pressanti desideri di partecipazione ed anche di pura e reale voglia di conversione. La comunità ha selezionato rigorosamente, riconoscendosi nell’ortodossia sefardita, concedendo accesso a quelli che si sono rilevati essere poi vere colonne della fede ebraica di Sicilia. La società siciliana ha accolto l’iniziativa con grande entusiasmo e partecipazione attiva, condividendo ogni shabbat e festa tipica delle ricorrenze dell’ebraismo siciliano.

Lo strato culturalmente attrezzato della società siciliana ha chiesto di volere partecipare a ogni evento e i locali della sinagoga, frattanto concessi dal Comune di Catania, hanno dato accoglienza a un folto pubblico di sostenitori, frequentatori e semplici curiosi, tra cui molti hanno intrapreso un sincero percorso di ritorno alla loro fede ebraica. Non si sono fatti attendere turisti di fede ebraica proventi da ogni parte del mondo che partecipano regolarmente a feste e shabbaton con cadenza regolare. Il nostro BetDdin sta lavorando con grande impegno e professionalità alla ricostruzione delle colonne dell’ebraismo siciliano; mentre le migliori organizzazioni internazionali ebraiche guardano con grande interesse al nostro percorso di rinascita, al punto che uno splendido Sefer torà ci è stato donato dalla Comunità ebraica di Washington che lo ha introdotto in sinagoga accompagnato dalla delegazione dei giovani della sinagoga centrale di tale città con cui si è organizzata una festa di strada alla presenza di molte autorità cittadine e nazionali.

La comunità da sempre è guidata da rabbini ortodossi di grande cultura e di importante talento internazionale. Talora ci viene ricordato che una delle più importanti mitzvà è quella di preparare una casa per il Signore. Un luogo ove Lui possa trovare giusta accoglienza. Un nuovo Miskan in una città che aveva dimenticato la presenza divina. Bene, la Sicilia ha costruito il suo Miskan e la presenza divina si è posata su di esso. Gli ebrei sono tornati e questa volta non intendono fuggire nuovamente. Quello che H. edifica gli uomini non possono distruggere.

Baruch Triolo
Presidente della Comunità ebraica di Catania