Il debito pubblico è aumentato enormemente e aumenterà ancora con i prestiti europei
Il secondo punto di forza della nostra economia è l’elevato risparmio delle famiglie che controbilanciano il risparmio negativo dell’amministrazione pubblica.
Quando iniziammo la ricostruzione nel dopoguerra non potevamo contare su questa risorsa. La scarsità di risparmio era una delle difficoltà maggiori per l’avvio della ricostruzione. Il famoso piano Vanoni degli anni ’50 era tutto incentrato su come avviare un processo virtuoso di formazione del risparmio per mobilitare, attraverso lo stesso, le grandi energie del lavoro che restavano inattive.
Oggi questa disponibilità c’è, in misura forse eccessiva, e sarà rafforzata sul fronte della finanza pubblica dal piano europeo “Next Generation Europe”. Il problema, quindi, consiste essenzialmente su come avviare nel circuito produttivo parte del risparmio privato nazionale accanto a quello che verrà finanziato dall’Unione Europea.
Nel frattempo, il debito pubblico è aumentato enormemente e aumenterà ancora con i prestiti europei. Io appartengo al gruppo di quelli che pensano che sarà sicuramente necessaria una manovra di finanza pubblica straordinaria per riportare il debito pubblico entro limiti ragionevoli.
Le forme tecniche di questa manovra possono essere molto diverse ma sulla sua necessità tecnica e politica, concorda un gruppo minoritario ma significativo di esperti studiosi ed operatori che ricordo nelle pagine 266 e seguenti del mio libro Al di là del Tunnel, nel capitolo intitolato ”Il ricatto del debito pubblico e il prestito della Rinascita”.
Ho parlato di ricatto perché c’è una linea di pensiero maggioritaria, che comprende la visione economica del Tesoro, della Banca d’Italia e di chi ruota intorno a questa congregazione (alla quale temo appartenga anche Draghi), che continua ad alimentare la fiaba che il riequilibrio verso parametri più accettabili del debito pubblico si realizza solo attraverso lo sviluppo del PIL.
Secondo le stime del Ministero dell’Economia, anche con il Recovery Fund europeo, ci vorranno dieci anni e cioè fino al 2031 e oltre (se tutto va bene) per riportare il debito pubblico ai livelli pre-Covid cioè al 130% sul PIL, un parametro che già veniva considerato troppo elevato.
Questi altri dieci anni e, forse, oltre, vissuti ancora e sempre sul ciglio del burrone è quello che io chiamo il ricatto del debito pubblico. Ed a questo ricatto io mi ribello anche a nome dei miei nipoti. Ma io non conto niente.
E’ necessario che molti italiani si ribellino e che i nuovi politici che devono ricostruire l’Italia si rendano conto che la ricostruzione passa anche attraverso la liberazione da questo ricatto.