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L’impianto per trattare terreni contaminati di Eta Owac, ritardi nei lavori: chiesta nuova proroga, ecco perché

L’impianto per trattare terreni contaminati di Eta Owac, ritardi nei lavori: chiesta nuova proroga, ecco perché
Eta Owac, progetto impianto per trattamento di terreni contaminati

I lavori, previsti a Catania in un’area che ricade in località Grotte San Giorgio, sono iniziati l’anno scorso ma la loro conclusione non avverrà entro l’estate.

Un’altra proroga di dodici mesi per spostare il termine per il completamento dell’impianto al 2026. La richiesta, che un mese fa è arrivata sul tavolo dell’Assessorato regionale all’Ambiente, proviene dalla Eta Owac, società che da quasi un decennio ha in mano un’autorizzazione per costruire uno stabilimento dotato dei macchinari necessari al trattamento di terreni contaminati da sostanze anche pericolose.

I lavori, previsti a Catania in un’area che ricade in località Grotte San Giorgio e si trova a circa quattro chilometri dal Villaggio Delfino, sono iniziati l’anno scorso ma la loro conclusione non potrà avvenire entro l’estate, quando dovrebbe scadere l’autorizzazione integrata ambientale rilasciata dalla Regione.

I ritardi per i lavori dell’impianto di Eta Owac

All’origine dei ritardi ci sono questioni burocratiche e – a detta dell’azienda – anche contrattempi causati dagli eventi climatici. Quel che è certo è che se la Regione dovesse concedere una nuova proroga, l’impianto di trattamento vedrebbe la luce a un decennio dal momento in cui fu autorizzato. Un periodo lungo in cui si sono registrati anche cambi al vertice della società.

L’impianto di Eta Owac, la società e i legami con la galassia Caruso

La Eta Owac ha sede legale in via Cosmo Mollica Alagona, nella zona industriale di Catania. Amministrata dalla 59enne Giovanna Gagliano, fa parte delle imprese di proprietà della famiglia Caruso, imprenditori di Paternò che negli ultimi anni si sono imposti in più settori – dai rifiuti alle costruzioni, dall’energia alle bonifiche – e che in passato sono stati coinvolti in indagini che interessavano la criminalità organizzata, ma da cui sono usciti indenni. Le quote di Eta Owac sono di proprietà della Hub Services Spa, del 56enne Gaetano Caruso, e della Caruso Spa, i cui soci sono il 37enne Salvatore Caruso e la 31enne Rita Caruso.

Risalendo a ritroso la storia dell’impresa, costituita nel 2014, emerge che in passato ad amministrarla sono stati altri imprenditori. Tra loro, il palermitano Rocco Martello, già consulente dei fratelli Leonardi. Questi ultimi sono i proprietari – ma la società è sotto sequestro – di Sicula Trasporti e sono stati condannati – il procedimento non è ancora giunto a sentenza definitiva – nel processo Mazzetta Sicula. Tra gli amministratori di Eta Owac, fino al luglio 2020 c’è stato anche Salvatore Leonardi, tra gli imputati di Mazzetta Sicula.

Il lungo iter

Dal punto di vista amministrativo, la storia dell’impianto di Eta Owac inizia a luglio del 2015, quando l’assessorato regionale al Territorio dà l’ok alla valutazione d’impatto ambientale del progetto che punta a gestire terreni contaminati da un’ampia varietà di matrici inquinanti: dai metalli pesanti ai rifiuti provenienti dalle attività di raffinazione del petrolio.

L’anno dopo, a fine 2016, arriva anche l’Aia, l’autorizzazione integrata ambientale. Con questo titolo, l’impresa è autorizzata a realizzare lo stabilimento e avviare le attività, a patto di rispettare una serie di prescrizioni di carattere ambientale.

Tuttavia la strada non si rivela in discesa e, complice “la notevole complessità impiantistica”, nel 2020 la Eta Owac chiede e ottiene una proroga di due anni dell’efficacia della Via, anche “al fine di renderlo compatibile con la data di scadenza del decreto di Aia”.

L’iter – ricostruito nella nota dello studio legale Rotigliano, con cui l’impresa ha chiesto un nuovo prolungamento della scadenza – registra un’ulteriore novità nel 2022, quando a gennaio l’impresa chiede la verifica del rispetto delle condizioni ambientali incluse dalla Regione nella Via per ciò che riguarda la fase di progettazione. Prima del responso passa un altro anno abbondante: è il 19 maggio 2023, infatti, quando l’allora assessora al Territorio Elena Pagana firma il decreto che ufficializza l’ottemperanza delle prescrizioni. Incassato il giudizio positivo, la Eta Owac chiede e ottiene una nuova proroga di due anni, con la scadenza della Via che viene aggiornata al 29 ottobre 2025.

Con l’avvio dei lavori di costruzione comunicati a febbraio 2024, c’è chi aveva pensato che le opere si sarebbero potute completare in tempo ma così non sarà. Per Eta Owac, il motivo degli ulteriori ritardi è legato ai tempi con cui è stato acquisito un nulla osta rilasciato dall’Autorità di Bacino soltanto a marzo in merito alla realizzazione di un sistema di raccolta delle acque meteoriche.

“Tale autorizzazione, consente di fatto – si legge nella nota inviata – di procedere all’ultimazione delle opere civili che in difetto di predetta autorizzazione non potevano essere ultimate. Una volta ultimate le opere civili si procederà all’installazione delle componenti tecnologiche in atto alla piattaforma autorizzata, le cui commissioni di acquisto sono state già da tempo definite a meno di quelle interdipendenti dalle opere civili”.

All’origine della richiesta di rinviare di un anno la scadenza della Via c’è poi un’altra questione: “L’intensa stagione piovosa appena trascorsa, in uno all’evento meteorologico di natura straordinaria del 17 gennaio, ha rallentato in maniera imprevista il cronoprogramma”, affermano i legali dell’azienda.

Come funzionerà l’impianto

“La crescente diffusione delle attività industriali dovuta alla domanda, sempre maggiore, di prodotti e servizi da parte dei paesi industrializzati, se da un lato ne permette lo sviluppo economico, dall’altro ha determinato, negli ultimi anni, l’inquinamento delle aree di insediamento degli impianti e di quelle limitrofe. Col tempo, quindi, è cresciuta sempre di più la necessità sia di ridurre le emissioni degli impianti esistenti e di nuova costruzione sia di riportare le condizioni fisico-chimiche dei siti inquinati a quelle originarie”. È questa la premessa su cui poggia l’iniziativa imprenditoriale della Eta Owac. Il progetto prevede la realizzazione di tre capannoni dotati delle tecnologie necessarie a gestire i processi di desorbimento termico e inertizzazione.

“I terreni contaminati da sostanze organiche saranno trattati attraverso il processo di desorbimento termico, mentre i terreni contaminati da inorganici (ad esempio metalli pesanti) saranno trattati tramite inertizzazione in matrice solida a base cementizia. Qualora si dovesse presentare la necessità di trattare terreni contaminati da tutte e due le categorie di contaminanti, l’impianto opererà con i due processi in serie”, viene spiegato in una relazione illustrativa.

L’autorizzazione della Regione prevede una capacità massima di trattamento annuale di 100mila tonnellate per la sezione di desorbimento e di 50mila tonnellate per i terreni da sottoporre a inertizzazione. “I terreni trattati, a differenza di quanto accade nei processi di termodistruzione, non vengono distrutti; essi mantengono le loro proprietà fisiche e ciò permette il loro riutilizzo come riempimento”, hanno assicurato i progettisti.

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