I ritardi dei pagamenti alle imprese devastano l'economia in Sicilia

Dai ritardi nei pagamenti alle imprese effetto domino devastante per l’economia siciliana

Dai ritardi nei pagamenti alle imprese effetto domino devastante per l’economia siciliana

martedì 11 Luglio 2023

Non è soltanto colpa della Pa: sotto i riflettori anche le attività medie e di grandi dimensioni. L’analisi in un focus della Cgia, che parla di una “cattiva abitudine tipicamente italiana”

PALERMO – Le imprese siciliane, quelle di medie e grandi dimensioni, pagano con estremo ritardo i propri creditori. Che poi altro non sono che le piccole e micro imprese. E in questo modo finisce che il “pesce grande mangia il pesce piccolo”. Se a questo quadro si aggiungono anche i ritardi della Pubblica amministrazione, ecco che viene fuori un circolo vizioso che non fa per niente bene all’intera economia isolana, che si ritrova strozzata in un vortice di ritardi che si accumulano.

Se nel primo trimestre di quest’anno a livello nazionale il tempo medio di pagamento è stato di 69 giorni, le imprese committenti della Sicilia hanno saldato i propri fornitori dopo ben 83 giorni. L’indagine statistica è stata realizzata dall’ufficio studi della Cgia, che ha elaborato i dati di Cribis, società leader in Italia nei servizi per la gestione del credito commerciale e lo sviluppo del business in Italia e all’estero.

Cattivi pagatori, dopo la Sicilia la Valle d’Aosta

Nella classifica dei “cattivi” pagatori, dopo la Sicilia, si trovano le aziende della Valle d’Aosta, con 78 giorni, e quelle del Friuli Venezia e della Calabria con 76. Le aziende pagatrici più virtuose, invece, risiedono in Veneto (con un tempo medio di pagamento pari a 66 giorni), in Lombardia (64 giorni), in Trentino Alto Adige (63 giorni), e, in particolar modo, in Liguria (62). Sempre nel primo trimestre del 2023, la percentuale in cui i pagamenti sono avvenuti dopo i 30 giorni interessa soprattutto il Sud. In Molise il ritardo coinvolge il 14,1% dei contratti, il 14,9% per cento in Campania, il 17,8% in Calabria. Anche in questo caso, al primo posto la Sicilia, con il 18,3% dei pagamenti oltre i 30 giorni.

Trapani all’ultimo posto

Se poi si guarda ai dati provinciali, molte delle maggiori città siciliane ospitano le aziende meno virtuose della penisola. Trapani si trova proprio all’ultimo posto della graduatoria e appena sopra c’è Siracusa. Sempre nelle ultime posizioni ci sono ancora Palermo, Ragusa e Messina. Per settore, i tempi medi di pagamento più elevati vengono praticati dai committenti dei settori della ceramica (91 giorni), dei macchinari (82), della siderurgia e dell’installazione (entrambi con 81), dei servizi alle imprese (77), delle costruzioni (73) e della produzione chimica e della gomma (entrambi con 72). I più virtuosi, invece, riguardano i trasporti (54 giorni), i servizi di ospitalità (49) e, in particolar modo, i servizi alle persone (42).

Con la frenata del Pil i ritardi sono tornati ad aumentare

Se, invece, si guarda alla percentuale dei pagamenti oltre i 30 giorni, i settori più ritardatari in questo inizio 2023 hanno riguardato i bar e la ristorazione (19,7% del totale dei contratti), la grande distribuzione (12,2%), l’alimentare (12,1%) e l’agricoltura (11,4%). Si tratta di un fenomeno atteso: l’economia frena e nelle transazioni commerciali tra privati tornano ad allungarsi i tempi di pagamento delle medie e grandi imprese nei confronti dei propri fornitori. Storicamente è sempre stato così e il fenomeno si è puntualmente ripresentato nei primi tre mesi del 2023: con la frenata del Pil i ritardi sono tornati ad aumentare.

“Questa è una cattiva abitudine tipicamente italiana – hanno commentato dalla Cgia – che consolida l’abuso di posizione dominante delle aziende imprenditoriali più grandi a danno di quelle più piccole. Non solo. L’aspetto più subdolo, comunque, sta nel fatto che lo slittamento spesso intenzionale del saldo fattura consente ai committenti di finanziarsi a costo zero, facendo scivolare i creditori verso l’insolvenza”.

Il differimento dei pagamenti, oltre a rappresentare una modalità molto diffusa in Italia, rischia di pesare negativamente sulla liquidità delle imprese, fino a compromettere la competitività e la redditività, quando per esempio il creditore deve ricorrere a un finanziamento esterno. “E con il nuovo aumento dei tassi di interesse che la Bce – denunciano dalla Cgia – ha annunciato nei giorni scorsi, molto probabilmente la situazione è destinata a peggiorare”.

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