La querelle innescata dall'impugnativa da parte dello Stato dell'ultima legge di bilancio approvata dalla Regione nel 2020 ci riporta ai mitici anni 80
La querelle innescata dall’impugnativa da parte dello Stato dell’ultima legge di bilancio approvata dalla Regione nel 2020 ci riporta ai mitici anni 80 in cui M. J. Fox viaggiava nel tempo. Cosa dice l’impugnativa:
Tu, Sicilia, nel 2020 non puoi disporre di somme derivanti da un “possibile” accordo futuro per coprirti il disavanzo di ieri.
La questione non è banale giuridichese ma è seriamente amministrativa e politica.
Fare l’azzeccagarbugli nel 2021 dicendo che si attendono le “carte”, quando tutto è già sul sito della Presidenza del Consiglio, mi sembra come dire cip in una giocata a poker.
Ma qui, purtroppo, non si parla di carte da gioco ma della pelle dei Siciliani in un momento molto buio dal punto di vista sociale, sanitario ed economico.
Perché in amministrazione tutto ha una consecutio. Se la variazione di bilancio 2020 ha dei vizi ne consegue che anche l’esercizio provvisorio 2021, che ne è la fotocopia in dodicesimi, sia inficiato, e così gli atti a seguire della finanziaria in esame in questi giorni in Parlamento.
A questo si aggiunge la mancata presentazione alla Corte dei Conti del rendiconto 2019. Che potrebbe anche questo generare rilievi da sanare nella legge di stabilità 2021.
Pertanto non si capisce su quali saldi di bilancio oggi l’assemblea regionale discuta.
Poi c’è il problema tutto politico.
Noi avevamo fatto un accordo, peraltro capestro, con il governo Conte. L’accordo prevedeva una “possibile”, ma non certa, moratoria, attenuata per questi due anni, di spalmatura del disavanzo di quasi due miliardi che la Regione Siciliana ha maturato.
Questa ipotesi prevedeva, improrogabilmente, inoltre che fosse approvato il bilancio della Regione entro il 28 febbraio. Cosa che puntualmente non è avvenuta.
Nel frattempo Conte è tornato a Firenze e Gualtieri agli studi di chitarra acustica. Al loro posto è arrivato uno che non azzecca i garbugli, come si è visto per Arcuri, ma che va dritto supportato dalla sua autorevolezza, che si chiama Draghi ed un ministro del Tesoro che da ex Ragioniere dello Stato sa far di conto senza remissione di peccato.
La prima cosa da appurare, prima di far ammattire i deputati regionali con gli emendamenti alla finanziaria, è se quell’accordo, oggi in bilico per l’impugnativa, è ancora possibile o bisogna rifare i conti.
Si ha la vaga, ma non peregrina, sensazione che per la Sicilia era più facile con Conte che con i conti.
Il dramma è che la Sicilia, i suoi cittadini, le sue imprese i suoi Enti Locali non possono aspettare più stremati da un anno devastante.
La Sicilia deve andare avanti e non giocare, non se lo può permettere, con le macchine del tempo.
Gatto Silvestro