“La rivoluzione del Sud. Perché il Mezzogiorno può cambiare l’Italia” è il titolo del recente lavoro di Davide Carlucci, giornalista e scrittore che, diventato primo cittadino di Acquaviva, ha dato vita alla prima rete di sindaci meridionali, rivendicando una distribuzione equa dei fondi del Pnrr. Il libro, come ha spiegato lo stesso Carlucci, è una riflessione personale e pubblica insieme. Racconta il Sud, ma anche la sua storia: una storia di “ritornanza” che fa da contraltare alla “spartenza”.
Tutto il Sud, Sicilia compresa, ha conosciuto la “spartenza”: una parola che Andrea Camilleri, riprendendola da Bordonaro, ha contribuito a imprimere nella memoria dei siciliani. Già il titolo del libro di Bordonaro, “La spartenza”, era, secondo Camilleri, indicativo: “La spartenza” era uno spartire, una straziante divisione tra i due mondi, la Sicilia che si lasciava, luogo di miseria, e gli Stati Uniti dove si approdava.
La “spartenza” coglieva davvero la radice amara, tossica della partenza, della separazione dalla propria patria. Lo stesso Camilleri nel 1949, “per campare scrivendo, per fare teatro”, era stato costretto ad andare a Roma. Non certo come gli emigranti per gli Stati Uniti, con la valigia di cartone e lo spago che la teneva ferma, ma un po’ più comodamente, perché era emigrazione all’interno della propria patria, anche se nelle peggiori condizioni… perché negli anni Cinquanta-Sessanta erano diffusi i cartelli a Torino con “Non si affitta a meridionali”.
Anche Carlucci ha lasciato il Sud per andare a lavorare a Milano come giornalista, ma è tornato nella sua città natale. Una storia di “ritornanza” attiva: un ritorno, come nel romanzo “La Ritornanza” dello scrittore catanzarese Vincenzo Ursini, che va oltre il concetto di “memoria” per arrivare a quello di “radici” e di impegno civico. La scelta di Carlucci di tornare, “spinta da un sentimento più profondo della nostalgia, si è trasformata in un progetto concreto di trasformazione del territorio” attraverso la riqualificazione delle zone periferiche, la riapertura di spazi culturali, l’attivazione di progetti di partecipazione e sviluppo e di recupero delle zone suburbane. Il Piano Periferie è stato attivato attraverso un progetto strategico e con la partecipazione congiunta di 41 Comuni.
Il centro politico del libro è, però, il Recovery Sud, la rete di Comuni nata da un’idea condivisa tra Carlucci e lo scrittore Pino Aprile, autore di “Terroni”. Mentre Aprile ne intuiva la necessità storica, Carlucci è stato colui che l’ha strutturata e portata avanti. Oggi il Recovery Sud è una realtà trasversale, apartitica, in cui decine di sindaci del Sud, di varia fede politica, lavorano insieme per dare voce ai territori meridionali nelle politiche nazionali ed europee. I sindaci si sono ribellati, guidando la protesta contro l’autonomia differenziata – il tentativo di dividere l’Italia in base alla ricchezza – e chiedendo una nuova agenda politica nazionale che rimetta il Mezzogiorno al centro di uno sviluppo equo per opporsi alle mafie, valorizzare i beni confiscati alla criminalità e riscoprire la propria identità attraverso la letteratura e la musica.
Oggi, questo Mezzogiorno, secondo Carlucci, è in grado di proporre all’Europa un modello di sviluppo alternativo. Un Sud che contesta il progetto dell’autonomia differenziata proponendo un nuovo modello di sviluppo economico, politico, sociale e culturale. Non più lamenti sul Mezzogiorno ‘depredato’ dai piemontesi, non più rappresentazioni folkloristiche, non più piagnistei perché il Sud, per citare Giarrizzo, “non ha bisogno di lacrime”. Il Sud non ha bisogno di assistenzialismo perché ha potenzialità e capacità per avviare azioni di sviluppo autonomo, ma occorre che il Meridione sia al centro dall’agenda politica e abbia un suo ministero. Grazie alla pressione della rete Recovery Sud i sindaci sono riusciti a passare dal 40% al 46% dei fondi Pnrr destinati al Mezzogiorno. Una cifra, però, ancora lontana dal 65% che sarebbe spettato al nostro Sud.
Pina Travagliante
Professore ordinario di Storia del pensiero economico dell’Università degli Studi di Catania

