Rotolando a Sud, capitolo 4 - Sotto il vulcano - QdS

Rotolando a Sud, capitolo 4 – Sotto il vulcano

Rotolando a Sud, capitolo 4 – Sotto il vulcano

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domenica 22 Agosto 2021

Come Dip si fosse fatto convincere a mollare il suo rifugio a Sud per andare a Nord non se lo ricordava...

Come Dip si fosse fatto convincere a mollare il suo rifugio a Sud per andare a Nord non se lo ricordava.

Era estate piena e le Eolie, il posto più a nord dell’arcipelago siciliano, erano straripanti di turisti. Quello scassaemme (dove emme sta per quella parola che in Sicilia è inopinatamente sulla bocca di tutti) di Piccione gli aveva portato a lamiera il cervello.

L’Ingegner Piccione detto Pippo era diventato il più
inseparabile amico di Dip dai tempi in cui si era fermato tra Scilla e Cariddi.
Pippo era un messinese in pietra e trasudava una cultura dello Stretto in tutti
i sensi.

  • Non fare il solito “baciannicchio” che insegue
    l’amor sacro. Quello profano va benissimo. Cerca di invitare quelle tue amiche
    continentali e andiamo tutti a Stromboli. Non dici sempre che è un’isola
    magica? Prendi due camere in qualche resort di lusso e partiamo!

Ora vorremmo, per chi non è messinese, lingua natale dell’ing Piccione, tradurre la parola Baciannicchio. Questa parola si usa solo in terra messinese e parlo di Messina città. È molto tipico della lingua siciliana, perché di lingua si tratta e non di dialetto, avere parole usate solo in un posto della Sicilia. Per esempio il termine liscìa a Catania indica quello strano stato umorale in cui si ha la cosiddetta ridarella e si scoppia a ridere per qualunque scemenza che possa minimamente essere ilare. Lo stesso termine a Palermo si definisce sivo. Come potete comprendere ci vuole un vocabolario pure per gli stessi isolani, figuratevi per gli stranieri.

Ora torniamo al termine Baciannicchio. Il nicchio è ciò che in catanese viene denominato pacchio, ed in palermitano sticchio. In buona sostanza si parla di fica.

Ora colui che è aduso solamente a baciarla, in senso
metaforico, ad accostarsi ad essa, non è proprio un grande seduttore. Non va a
fondo della questione, approfondendola, penetrandola.

Si limita a girarci intorno, alla questione in oggetto. O perché
è un’inutile cicisbeo, o per confusione. Ci si avvicina, come per un bacio a
sfioro, ma non conclude.

Dip si offendeva molto quando Piccione gli dava del
baciannicchio. Lui era solo innamorato di un archetipo che non riusciva a trovare.
E per questo si confondeva in tentativi in cui la potenza non si traduceva in
atto.

Di fatto era uno sfigato nel gioco dell’amore. Si lanciava
con entusiasmo, rotolando poi giù da torri che sembravano eburnee, ma che non
corrispondevano mai al suo immaginario.

Più che un baciannicchio era un Don Chisciotte , la cui Dulcinea si era persa da qualche parte.

  • Ma quale Don Chisciotte! – sibilò a sangue
    freddo Piccione – Ma ti sei visto? Da quando ti è venuta la fissa della cucina
    sei più somigliante ad un Sancho Panza. Poi sta cosa che sui fornelli ribalti
    ste minchiate filosofiche ci ha rotto francamente la minchia!

Con Giannotti ormai ti chiamiamo il
gastrosofo!

Quando Piccione Ingegner Pippo si metteva a “camurria” c’era
solo una possibilità per farlo desistere. Cedere.

Dip controvoglia, come un condannato al patibolo, chiamò Catena, sua amica  continentale. Che poi parliamo di Benevento, non di Bolzano. Invitò lei e le sue amiche, Assunta e Antonia a farsi un giro alle isole Eolie.

Catena era simpatia pura, effervescente ed intelligente e,
come tutte le beneventane, un po’ strega. Nel medioevo sarebbe finita sul rogo,
con quel suo parlar forbito e la erre arrotata. Aveva lingua tagliente e
cervello incalzante. Si occupava di strade, diceva lei, ma non si capiva se le
costruisse o le battesse. Potevano essere tranquillamente entrambe le cose.

Assunta era un altro tipo. Era un fiore calabro. Avete
presente una gatta dagli occhi verdi e dalle dentali fortemente pronunciate.
Lei.

Magra ma ben fatta, sinuosa e ammiccante, si muoveva indolentemente come i felini. Dip pensò questa è perfetta per Piccione. Anche se l’altra, Antonia, ex neocatecumenale pentita, che aveva già tentato di fargli capire che la sua fedelta alla “causa” era assoluta , poteva essere un approccio piu’ semplice. Vabbè speriamo in bene pensò Dip. Non avrebbe sopportato lo scassamento di zebedei di una delusione del suo amico Ingegnere. Chi lo sarebbe poi stato a sentire con i suoi sproloqui misogini.

– Le femmine, a parte 
sciuparti il portafoglio, e quantunque quelle mezzorette di piacevole
sottomissione, a che servono? Quando ne incontri una simpatica con cui farsi
una mezza “bira”, come l’idraulica biondina amica nostra, mica ti arrapa, può
mai arraparti un idraulico esperto in fogne e scoli?

Oddìo, Dip una mezza idea sull’idraulica biondina se l’era
fatta. Ma studiarsi apposta il flusso di Gauss per averci a che fare era
troppo. Tutto era pronto. Catena nelle sue arti di paraninfa era fatta apposta
per quell’avventura. Speriamo vada bene, per nulla convinto, pensò Dip.

Agli aliscafi per Stromboli Pippo si presentò accompagnato
dal mefistofelico fratello, tale Scipione. Che cavolo pensasse suo padre quando
gli mise questo nome non è dato sapere. Forse era un anarchico, e volendo
contestare il potere costituito, gli mise il nome del leggendario Cartaginese.

Comunque la cosa di farsi accompagnare dal fratello maggiore
non deponeva bene. Non rappresentava un segno di solitario machismo. Salendo
sul natante il nostro Dip notò altri particolari. Lo spavaldo e spaccone ing.
Piccione detto Pippo cominciò a rimpicciolirsi come un Tersite davanti ai figli
di Ilio. Si sedette in un cantuccio con fare timido ed un sorriso da Gioconda.
Dip che conosceva l’avversione di Pippo per il moto ondoso, nonostante fosse
nato in contrada marinara, ritenne, sperò, che fosse un banale mal di mare. Per
fortuna Scipione, che aveva l’occhio di triglia per queste fattispecie, lo
sostenne nella conversazione per intrattenere le gentili ospiti. Scipione, se
non avesse fatto in vita il commesso viaggiatore sarebbe stato un perfetto
attore. Ho detto perfetto, non eccelso. Non un Carmelo Bene. Un Alessandro
Gassmann piuttosto.

Dip senti Iddu, il vulcano appena messo il piede nudo sul
pontile di quell’isola estrema. Stromboli è un luogo dotato di un grande campo
magnetico e lo avverti immediatamente. Certo devi toglierti le scarpe e
camminare a piedi nudi. Ad alcuni questa cosa rende nervosi, altri si
disorientano, alcuni cadono in depressione, a Dip gli stabilizzava invece
l’umore. Le cose prendevano lo scivolo che dovevano avere, senza che le sue sovrastrutture
mentali si mettessero di traverso. Non si accendevano nemmeno a Stromboli.

La Sciara del fuoco con quei pietroni rutilanti assomigliava molto al suo piano inclinato esistenziale.

Lui, come Iddu, tratteneva le cose dentro di sé a lungo, non
dandone conto esternamente. Poi, all’improvviso, eruttava.

Iddu, per chi ancora non lo avesse capito, è il vulcano che
sovrasta Stromboli e che periodicamente senti borbottare. Ti dice che lui c’è.
È vivo e vegeto. Si ricorda di tutti quelli che passano dalla sua isola. Come Rossellini
e la Bergman, che qui vissero un’amore splendido nella casa rossa dopo la
chiesa madre.

Fu il primo caso di stalking cinematografico con la grande, ma inviperita per il tradimento, Anna Magnani che girava un film sputato uguale nell’isola di Vulcano.

Lui, Iddu, si ricordava di Dip, si erano conosciuti tanti
anni prima, e quando mise il piede sulla sua terra gli fece subito sentire la
sua energia.

Sbarcati sull’isola Piccione   prese di lato Dip e sibilò.

  • Gionni io dormo in stanza con te!.

Sulle prime non capì, pensava che volesse scegliere con piu’
circospezione la sua ancella estiva e non buttarsi senza una attenta scelta. Il
dramma si aprì all’aperitivo. Si trovavano alla Tartana, a Luglio, piena
estate, sapete cosa significhi?

Fiumi di mojiti in enormi bocce intrise di cannucce, per aspirare, erano ovunque. L’House estiva, del famigerato DJ Pippolis, sparava tutti i suoi decibel, orde di donne in costume e pareo, bagnate dal sudore, dall’alcol e da altro, si roteavano come dervisce sulla tolda di quel piccolo, ma stracolmo locale. Ovviamente le nostre accompagnatrici erano nel pieno della mischia, su dei cubi improvvisati, si muovevano con famelici movimenti, significativi del prosieguo. Scipione era già al terzo cocktail e non lo trattenevo piu’. Ma dov’era l’ingegnere?

No, Dip non ci poteva credere. Lui, Piccione l’indomito, per
chi aveva la ventura di dover ascoltarne le gesta, l’ultimo Gigirizzi, il
Playboy dello stretto, il divoratore di passere solitarie, era in un angolino
con sguardo da Bambi spaventato dalle bellezze mediterranee invitate per lui.

Si rifugiava sotto le corte gonnelle di un’amica di famiglia
e di una frigidissima, esangue, biondina che aveva i soliti archetipi delle sue
note disavventure. Magra e androgina, priva di seno e pericolosa carnalità.
Ovviamente per quella notte sparì alle prove d’amore organizzate per lui. Il
povero Dip non sapeva che fare piu’ . Era sparito pure Scipione. Lui si trovava
solo con quelle donne esuberanti, affamate di cibo ed altre cosette, a cui era
stato promessa una vacanza de fuego, e che ora erano inbelvite ed
insoddisfatte. Qualcuno doveva pagare il conto.

Era mattina ormai e Dip guardava sfatto Strombolicchio.
Notte di zanzare e vergogne. Molte vergogne, per un innamorato dell’amore. Mai più
si disse.

Ma la vita purtroppo non era un libro che si può riscrivere,
se la prima stampa non è venuta bene. Era cruda, come una tartare.

Tartare di tonno

Quando vuoi fare bella figura con un antipasto scenico la
Tartare a “ciambella” di tonno è la morte sua.

Prendete un bel pezzo di tonno crudo, possibilmente della
coda, dove la carne è più soda, e fatela in piccoli dadini.

Tagliate finemente uno scalogno, mi raccomando finemente. Se
non lo trovate un cipollotto va bene pure.

Prendete un avocado maturo e fatelo anch’esso in
piccolissimi dadini.

Aggiungete capperi delle Eolie e del timo limonato.

Amalgamate questo impasto con della soya a cui aggiungere un
mezzo cucchiaino di senape, una punta di miele e del lime.

Una volta amalgamato il tonno con il preparato precedente
versatelo in un uno stampo per fare i dolci a ciambella spalmando
precedentemente con un po’ di olio i bordi.

Mettete 3 ore in frigo e servite rovesciando con cautela lo
stampo su un piatto da portata.

Al centro della ciambella di tonno mettete un insalatina di
datterini e mentuccia.

La mentuccia noi palermitani la usiamo come il pane. Va bene su tutto.

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