A cinque mesi dal decreto dell’assessorato regionale, con cui è stata introdotta la possibilità di considerare la sabbia vulcanica non per forza un rifiuto, qualcosa sui territori si muove. Il primo Comune a fare un passo in tale direzione è stato quello di Acireale, uno dei centri più colpiti dalla ricaduta del materiale espulso dall’Etna durante i parossismi delle scorse settimane.
Ieri il sindaco Roberto Barbagallo ha firmato un’ordinanza con cui viene prevista un’area di raccolta in cui destinare la sabbia. Prima di stabilire che la stessa potrà essere immessa nel circuito produttivo, bisognerà però attendere il compimento di ulteriori passaggi, a partire dalle analisi chimiche a cui la sabbia dovrà essere sottoposta.
Il provvedimento assegna al dirigente dell’Area Ambiente e Protezione Civile, Nicola Russo, il compito “di avviare ogni consequenziale attività per la piena attuazione delle finalità di cui al decreto assessoriale n. 8/Gab del 22 febbraio 2024”.
Si tratta del decreto con cui l’assessore regionale ai Rifiuti, Roberto Di Mauro, ha diramato le linee guida per dare seguito a un proposito che in Sicilia in passato è stato più volte avanzato senza mai però essere reso concreto. Gestire la sabbia vulcanica come una risorsa per il settore imprenditoriale consentirebbe agli enti locali di non sostenere il costo del loro conferimento negli impianti di trattamento e smaltimento.
A livello nazionale, la cornice normativa sta in un comma del decreto che nel 2021 è stato emanato per delineare la governance del Piano nazionale di rilancio e resilienza. Il comma ha integrato l’articolo 185 del codice dell’Ambiente prevedendo il riuso delle “ceneri vulcaniche mediante processi o metodi che non danneggiano l’ambiente né mettono in pericolo la salute umana”.
Fino a oggi, tuttavia, i Comuni erano parsi ancora poco pronti ad avvalersi delle nuove opportunità, anche per via dei non pochi adempimenti che dovranno essere seguiti prima di affidare la sabbia vulcanica ad aziende che, come nel ciclo produttivo delle costruzioni, potrebbero utilizzarla come materia prima. Con l’ordinanza di ieri, il primo cittadino di Acireale ha stabilito che un’area adiacente al campo sportivo verrà utilizzata “per depositare la cenere vulcanica proveniente dalla pulizia dei balconi e delle terrazze delle civili abitazioni, piazzali pubblici e privati, tetti e superfici di copertura di edifici pubblici e privati”.
Il provvedimento del primo cittadino riguarderà soltanto la sabbia che è stata raccolta da luoghi privati o pubblici in cui si presume non ci siano fattori inquinanti tali da poter compromettere la composizione del materiale.
Le linee guida diramate dalla Regione, infatti, prevedono che il riutilizzo sia consentito purché la sabbia sia esente “da evidenti segni di contaminazione antropica che ne rendano tecnicamente impossibile il recupero”. Da questo punto di vista, stando a quanto appreso dal Quotidiano di Sicilia, è stato escluso che la sabbia che per settimane è rimasta nelle strade, a stretto contatto con il passaggio delle automobili, possa avere una destinazione diversa da quella del conferimento negli impianti di trattamento dei materiali da scavo e delle rocce.
Per la restante parte, invece, il Comune ha deciso di affidare a un laboratorio il compito di effettuare le analisi di caratterizzazione del materiale.
Di pari passo alle analisi, il Comune di Acireale pubblicherà un avviso sul proprio sito rivolto a quelle aziende che potrebbero essere interessate al prelievo gratuito della cenere. “È necessario, viste le caratteristiche peculiari dei fenomeni eruttivi-esplosivi in termini di intensità e frequenza, pervenire a un rapido allontanamento delle ceneri dai siti di stoccaggio e pertanto il Comune istituirà un elenco di attività produttive che, essendo già qualificate, dovranno solo comunicare la loro disponibilità al ritiro del materiale”, si legge nelle premesse dell’ordinanza.
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Le linee guida prevedono che le aziende che si faranno avanti saranno autorizzate una prima volta dalla Regione per poi lasciare ai Comuni la gestioni di successivi prelievi. Il decreto di febbraio, inoltre, coinvolge anche l’Arpa per la valutazione della “conformità delle ceneri esclusivamente rispetto ai livelli di radioattività naturale”.