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Salvini nel vicolo cieco. L’Ulivo dei Resistenti

Salvini ha fretta di andare alle elezioni per capitalizzare il suo 34-36% di consensi, secondo i sondaggi. Ma non ha fatto i conti con l’oste.
Chi è l’oste? Tutti quei parlamentari che hanno la quasi certezza di non poter ritornare nei loro attuali seggi, per i quali percepiscono diecimila euro al mese più altre prebende.
Cosicché, si è formato una sorta di Nuovo Ulivo, vale a dire l’insieme di deputati e senatori che si possono denominare i Resistenti.
Resistere tre volte ci ricorda Francesco Saverio Borrelli, capo del pool Mani Pulite scomparso recentemente, e il verbo torna comodo, appunto, a tutti quei parlamentari che, inoltre, non hanno ancora raggiunto la soglia della pensione: quindi andarsene a casa significa farlo in perdita totale.
Di fronte a questa eventualità, persi per persi, forse senza neanche dirselo, si sono trovati tutti sulla stessa linea: quella della Resistenza, quella del prolungamento dell’attuale legislatura fino al termine naturale (2023) o comunque il più lontano possibile dall’odierna decapitazione.


Di Maio ha posto la condizione, per salvare il salvabile, di approvare la Legge costituzionale sul taglio dei parlamentari da 945 a 600, mediante l’ultimo voto della Camera. Salvini, con una mossa da poker, mentre prima era contrario, ha ribaltato la propria posizione dicendo che la Lega intende approvare la norma in questione.
Risposta dell’ex alleato? Va bene, ma a condizione che contestualmente venga ritirata la mozione di sfiducia nei confronti del Governo. E qui la situazione si incarta, perché trova i due ex alleati ancora su soluzioni opposte. Ma intanto Salvini è stato messo alle corde dalla votazione al Senato del 13 agosto, apparentemente innocua e di basso profilo, ma molto significativa per le prospettive.
Che è accaduto al Senato? Che tutti i gruppi parlamentari, a eccezione del centrodestra ricompattato (Lega, FdI e FI), hanno votato per fissare la ripresa dei lavori al 20 agosto.
Questo fatto, apparentemente procedurale, può essere l’indicazione della formazione di una nuova maggioranza, opposta al centrodestra.

Certo, si tratterebbe di una formazione quantomeno eterogenea, che ricorda tanto l’Ulivo di Prodi in cui riuscì a mettere insieme da Mastella a Bertinotti. Quel Governo cadde proprio per l’impuntatura prima di uno e poi dell’altro.
Ci sembra improbabile un’ipotesi di questo genere, però bisogna fare i conti con la natura umana. Si sa, la carne è debole e quando a qualche deputato o senatore viene in mente che dal mese successivo alla chiusura della legislatura dovrà ritornare a essere disoccupato o a percepire uno stipendio di 1.500 euro al mese, può essere preso dal terrore pensando alla perdita della casa dorata in cui si trova, condizione che potrebbe durare ancora tre anni.
Proprio questa è l’incognita: quanto peserà la valutazione di ogni singolo parlamentare nell’evoluzione di questa crisi.
Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ha dichiarato che andrà al Senato per fare dichiarazioni, non per dimettersi. Probabilmente, però, subito dopo si recherà dal Presidente della Repubblica a rassegnare le dimissioni.


Da quel momento, il gioco passerà nelle mani di Sergio Mattarella, che con saggezza ed equilibrio dovrà tentare di capire se c’è la possibilità di continuare con questa legislatura, ovvero sciogliere le Camere.
Lo farà in base agli ascolti dei gruppi parlamentari, per capire se vi è o meno una maggioranza alternativa a quella che vuole andare alle elezioni e cioè il centrodestra.
Vi sono due opzioni: o la formazione di una nuova maggioranza che dovrà esprimere il presidente del Consiglio (quasi certamente non più Giuseppe Conte); ovvero nessuna maggioranza e in questo caso Mattarella nominerà un presidente del Consiglio e pochi ministri per il disbrigo degli affari correnti, in modo da portare il Paese alle elezioni, che saranno probabilmente vinte dal nuovo centrodestra.
La situazione è magmatica, però le prospettive sono chiare. Ci auguriamo che il buonsenso prevalga e che l’interesse della Nazione sia messo veramente al primo posto delle scelte, con coscienza e non con vuote parole.