È stato pubblicato in questi giorni il rapporto Istat che traccia un bilancio di quelle che sono le condizioni di salute e l’offerta sanitaria presente nelle città metropolitane del Paese. ISTAT ha pubblicato un’analisi comparata spazio-temporale fra città metropolitane e rispettive articolazioni territoriali tesa a rappresentare scenari di salute della popolazione e caratteristiche dell’offerta sanitaria.
Neanche a dirlo, per la Sicilia è crisi nera: Messina e Palermo sono le peggiori province italiane – dietro solo a Napoli – per il capitolo delle morti evitabili: 23 morti ogni 10 mila abitanti per casi di malasanità nei due capoluoghi di provincia siciliani. Ma prima proviamo a fare un passo indietro e spiegare in che modo è possibile leggere queste statistiche.
Attraverso una selezione di temi e indicatori, il report prende in considerazione diversi fattori: tra questi, anche l’offerta ospedaliera in termini di posti letto e il ricorso all’ospedalizzazione, con particolare riferimento ad alcune gravi patologie. Viene analizzato inoltre lo stato di salute della popolazione attraverso lo studio della mortalità evitabile nelle sue componenti, prevenibile e trattabile, e la mortalità per alcune cause.
È un dato impressionante quello che emerge dal rapporto Istat che traccia una situazione poco lusinghiera dal punto di vista sanitario per tutta l’Isola. Sanità che sarà ulteriormente compromessa dai tagli di circa un quarto dei posti letto presenti in Sicilia per un risparmio complessivo di 200 milioni di euro.
Di recente, proprio sul Quotidiano di Sicilia, abbiamo mostrato come parte di questi fondi siano stati impiegati dall’assessorato alla Salute, sottoforma di “spesa emergenziale”, per tentare di ridurre le infinite liste d’attesa alle quali sono costretti i pazienti che optano per la sanità pubblica siciliana (LINK).
Trattandosi di una analisi che riguarda solo le città metropolitane, per la Sicilia sono presenti i dati di Palermo, Catania e Messina. A far riflettere anche le statistiche provenienti da oltre Stretto e che mostrano il grado di fiducia degli abitanti nei confronti delle proprie istituzioni sanitaria: nella città metropolitana di Reggio Calabria, senza dunque andare troppo lontano, oltre un quarto dei pazienti preferisce andare a curarsi altrove. Lo stesso dato, a Genova, intacca solo una persona su dieci.
Catania e Messina non restano indietro nei dati riguardanti le patologie tumorali: nella fascia d’età 0-74 anni e insieme alle città metropolitane di Genova, Napoli e Cagliari, le due siciliane sfiorano 12 dimissioni ogni 1.000 ricoveri. Ma Catania (15 decessi ogni 10mila) è anche la città nella quale la mortalità per tumore è la più alta tra le tre province dell’Isola e la più alta d’Italia, dietro soltanto a Napoli, e anche l’unica nel Paese in cui la mortalità cresce rispetto al periodo precedente la pandemia (+7,9%).
Sempre la città etnea, nell’ambito dei ricoveri nella stessa fascia d’età per malattie cardiocircolatorie, fa registrare un livello di dimissioni di 9,4 per 1.000. A Messina e Cagliari è possibile tracciare un disallineamento nel rapporto tra ricoverati maschili per malattie dell’apparato respiratorio (210) a dispetto dei ricoveri femminili (100).
Parlando di decessi evitabili nelle città metropolitane (ovvero i decessi che avvengono nella fascia di età 0-74 che potrebbero essere evitati o ridotti in quanto riconducibili a cause di morte contrastabili con un’adeguata e accessibile assistenza sanitaria, con la diffusione di stili di vita più salutari e con la riduzione dei fattori di rischio ambientali), in base alle statistiche del 2021 risultano essere circa 20 ogni 10mila abitanti (19,2 a livello Italia) con un incremento del 16,6% rispetto alla media del periodo 2017-2019.
Il trend della mortalità evitabile nelle città metropolitane è determinato prevalentemente dalla crescita della componente prevenibile che si attesta a circa 13 decessi ogni 10mila nel 2021 e nel 2020 (12,8 a livello Italia). Da segnalare che la crescita della mortalità prevenibile è dovuta in gran parte ai decessi causati da Covid-19, pari a 3,5 nel 2021 e 3,3 nel 2020 ogni 10mila abitanti.
Le città metropolitane del Mezzogiorno segnano i valori più critici della mortalità evitabile, che raggiunge il suo massimo nella città metropolitana di Napoli (27,1 per 10mila nel 2021), seguita da Messina e Palermo (circa 23 ogni 10mila). Sempre a Messina si muore troppo a causa delle malattie del sistema circolatorio nella fascia 0-74 anni. Con quasi otto decessi ogni 10mila abitanti, rispetto al 5,2 a livello italiano, la città dello Stretto presenta il tasso di mortalità più elevato d’Italia.
Catania è terza nel Paese per numero complessivo di posti letto disponibili (ordinari e in day hospital) e tra le poche città metropolitane a superare un letto ogni mille abitanti. Proprio la città etnea, insieme a Palermo, fa registrare il poco lusinghiero dato che riguarda una “costante propensione all’emigrazione ospedaliera maschile fuori dalla propria regione di residenza”: come per Reggio Calabria, ma con percentuali differenti, anche palermitani e catanesi ripongono dunque poca fiducia negli ospedali dell’Isola.
Eppure “in Sicilia complessivamente le tre Città metropolitane di Palermo, Messina e Catania offrono il 68% dei posti letto regionali”, un dato che conferma come i posti ci siano, per chi intende curarsi. A mancare, dunque, è proprio la fiducia nei confronti del sistema sanitario regionale. Aspetti che possono essere influenzati anche per via delle enormi attese alle quali sono costretti i pazienti che appunto scelgono di restare.
In Sicilia, poi, si muore non solo di morti evitabili: si muore troppo a prescindere. Ancora una volta da bollino rosso la situazione di Messina (1,7 decessi ogni diecimila) e Palermo (1,6 decessi ogni diecimila residenti). Bologna presenta in tal senso i valori invece più bassi: 0,8 decessi ogni diecimila). Statistiche che più in generale evidenziano ancora una volta quella che è l’ampia distanza che separa le strutture sanitarie del Nord Italia da quelle invece delle Isole. Qui l’elevata presenza di posti letto che si evidenzia nelle tre città metropolitane, non corrisponde necessariamente a una qualità delle cure mediche erogate.
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