È stato confermato lo stato di agitazione della sanità privata annunciato dal 21 al 24 febbraio, nonostante l’assessore alla Salute, Giovanna Volo, abbia fissato per i prossimi giorni l’incontro con i sindacati dei laboratori di analisi e dei fisiatri.
Quaranta milioni di fondi in meno per la sanità privata
Il problema sono principalmente i 40 milioni di fondi in meno a loro destinati, ma è richiesta anche una rimodulazione del budget dei privati convenzionati in base alle specificità di ogni branca. «L’assessore ha convocato i tavoli tecnici relativamente a due branche della specialistica, escludendo tutte le altre 23 (cardiologia, radiologia, oculistica, odontoiatria ecc..) per cui è evidente che non c’è la volontà di chiarire la situazione – ha dichiarato a Qds Salvatore Gibiino, coordinatore del Cimest (Coordinamento intersindacale di medicina specialistica ambulatoriale di territorio)- Noi chiediamo di poter erogare le prestazioni ai pazienti siciliani senza soluzione di continuità, invece, con i budget ridotti terminiamo i fondi già a metà mese e dobbiamo erogare le prestazioni a pagamento oppure in convenzione devono aspettare anche sei mesi».
«Rispetto al 2021 ci hanno tolto i fondi per circa 40 milioni di euro, dicono che è a causa del piano di rientro regionale ma il budget è stato ridotto solo a noi delle strutture private convenzionate per dialisi, Rsa ed altri invece il problema non si è posto – ha riferito Filippo Iannelli, presidente ASSOCENDIS-ANDIAR Sicilia (Associazione Nazionale di Diagnostica per Immagini dell’Area Radiologica) -. Il 2020 non ci è stato pagato, non abbiamo firmato il budget, ma abbiamo fornito comunque le prestazioni perché c’era l’emergenza. Durante l’esplosione della pandemia, infatti, l’assessorato ci ha mandato una Pec in cui ci ha detto che dovevamo restare aperti e offrire tutti gli esami richiesti, cosa che noi abbiamo fatto. Adesso non ci vogliono pagare».
Cosa succede se la sanità privata resta senza fondi?
Il cittadino dovrebbe fare gli esami secondo uno scadenzario che decide il medico curante secondo dei criteri di priorità, per cui se è richiesta una prestazione urgente deve essere eseguita entro le 72 ore, se è breve entro 10 giorni, poi entro 30 o 60 giorni. Stando a quanto raccontano i privati, però, con poco budget diventa difficile per le strutture erogare i servizi richiesti. «Dato che i fondi sono insufficienti, chi è fortunato arriva a fare gli esami entro le date previste, se si supera il budget vengono prenotati con scadenze anche di sei mesi per alcune prestazioni, per cui non viene rispettata l’urgenza che decide il medico curante – precisa ancora il dottore Gibiino del Cimest – Ciò comporta che se il paziente ha un tumore, un’ischemia cardiaca o una maculopatia all’occhio e viene ritardata la diagnosi di sei mesi, la patologia si aggrava con conseguenze dannose anche per la vita stessa del paziente, senza contare l’aumento dei costi per il sistema sanitario pubblico. L’assessorato deve quindi capire che bisogna aumentare lo stanziamento – prosegue – perché siamo arrivati ad un punto di non ritorno. L’anno scorso abbiamo erogato prestazioni extrabudget gratuite per rispetto del paziente, ma adesso non lo possiamo fare più perché abbiamo avuto il 30% di aumento delle materie prime a causa dell’inflazione e non ci possiamo più permettere di fare prestazioni gratis, altrimenti rischiamo il fallimento. Noi abbiamo delle piccole aziende che devono produrre degli utili o rischiamo di dover licenziare il personale se andiamo ancora in passivo».
Riduzione retroattiva del budget
Quindi, le strutture private accreditate aspettano ancora il pagamento delle prestazioni erogate nel 2020, nel 2021 alcune Asp hanno pagato le aziende e altre no. Nel 2022, il precedente assessore alla Salute regionale, Ruggero Razza, ha emanato un decreto che ha diviso il territorio in distretti e ha deciso di assegnare il budget in base a questi. La logica di questa organizzazione impone che ogni paziente faccia gli esami nel proprio distretto, ma non sempre il territorio indicato consente al cittadino di fare un determinato esame, per cui è costretto ad uscire dal proprio distretto e fare gli esami a pagamento oppure attendere i tempi biblici della sanità pubblica. «Adesso nel 2023 hanno ridotto retroattivamente il budget di alcune strutture, sempre secondo la logica dei distretti, sull’anno precedente. Quindi, nel 2022 mi hanno detto di lavorare considerando il budget del 2019 e nel 2023 mi dicono che il mio budget è ridotto di 150 000 euro, ma io queste prestazioni lo già erogate – lamenta Filippo Iannelli – Per cui noi chiediamo che siano pagate le prestazioni che abbiamo fatto durante il periodo Covid del 2020 e che per il 2023 sia previsto un budget congruo alle prestazioni che devono essere eseguiti. Inoltre, vogliamo che siano firmati i budget per l’anno in corso entro febbraio, coma le legge richiede. Non è corretto che dobbiamo ancora firmare il budget di tre anni fa, per giunta ridotto».

