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Santa Sofia, il teatro di strada che rifà il borgo (e i conti)

Santa Sofia, il teatro di strada che rifà il borgo (e i conti)

Dal 1992 “Di Strada in Strada” unisce arte, comunità e sviluppo locale

Milano, 14 ago. (askanews) – In un’Italia spesso incagliata tra la nostalgia per le glorie passate e le beghe del presente, c’è un borgo dell’Appennino romagnolo che ha scelto un’altra strada. Letteralmente. Dal 1992, Santa Sofia (4.100 abitanti) ospita “Di Strada in Strada”, festival di arte urbana che in cinque giorni trasforma piazze e vie in un palcoscenico internazionale.

Nato quasi per scommessa, ispirato alla kermesse “Buskers” di Ferrara, oggi è un evento maturo, con un’identità precisa: non più dilettantismo bohémien, ma una programmazione professionale, costruita nel tempo da un piccolo gruppo di amici con un principio tanto semplice quanto rivoluzionario: pagare gli artisti. E portarli da ogni angolo del mondo: Francia, Argentina, Spagna, Australia. “Non potendo girare il mondo, lo abbiamo portato a Santa Sofia”, spiega il direttore artistico Flavio Quadrini, “per questo la gente del posto, qui, si lascia coinvolgere”.

Sul piano logistico ed emotivo, il motore è la Pro Loco, che riesce a mobilitare 150 volontari tra i 16 e gli 85 anni. Gente che indossa la maglietta del festival come una divisa d’orgoglio. “Quel giorno è tanta roba, ti senti parte di un progetto”, racconta Manuel Griffoni, storico organizzatore.

I numeri spiegano perché il festival è più di una festa paesana: 20mila presenze, quasi cinque volte la popolazione; un indotto che compensa la scarsità di strutture ricettive con B&B e appartamenti privati; un bilancio di 250mila euro sostenuto da biglietteria, fondi comunali, regionali e nazionali e soprattutto dagli stand gastronomici. Il tutto condito da turismo “leggero” e sostenibile: niente plastica, materiali compostabili, cauzione sui bicchieri. La mattina dopo, il paese è pulito.

Non è solo spettacolo: è rigenerazione sociale ed economica. In un’Italia in cui il “fare comunità” è spesso parola vuota, qui è pratica quotidiana, almeno per cinque giorni all’anno.

Eppure, sul piano nazionale, il teatro di strada resta marginale. Lo ricorda l’ANAP (Associazione Nazionale Arti Performative): nel 2024, oltre 18.500 rappresentazioni e 1,1 milioni di ingressi a pagamento, per un volume d’affari di 35 milioni di euro e quasi 900mila presenze gratuite. Nonostante questo, il settore riceve briciole dal Fondo Nazionale per lo Spettacolo dal Vivo: lo 0,38% al circo contemporaneo, 800mila euro al teatro di figura, meno dello 0,1% al teatro di strada.

Un recente emendamento porterà a 1 milione di euro annui per il 2026 e 2027. L’ANAP lo definisce “un passo importante, ma ancora insufficiente”. Carlo Alberto Lanciotti, presidente di ANAP-Agis, rivendica il ruolo che queste attività artistiche hanno per lo sviluppo culturale, sociale, turistico dei territori: “L”indagine Sponsor Value di StageUp – IPSOS del 2013 ha rivelato che la frequentazione dei festival del teatro di strada è la 9° attività del tempo libero degli italiani e che il pubblico di questi eventi è equivalente a quello di tutto il resto del comparto teatrale (circa 26 milioni di persone). Ogni euro speso in questi eventi è in grado di restituirne ai territori circa 7. Come è possibile che in Italia non si investa su questa incredibile risorsa?”.

Santa Sofia, dunque, non è solo un festival d’agosto: è la prova che le arti performative, se radicate nei territori, possono diventare infrastrutture culturali. Tonico dell’anima e ossigeno per l’economia. E che, forse, la politica dovrebbe guardare meno alla nostalgia e più a quello che accade, con ostinata normalità, in certi piccoli borghi.