Sicilia

Scandalo sanità, stent e valvole pagate il 20% in più: le mazzette e l’ipotesi talpa in Procura

“Quando voi volete i congressi siamo ditta grossa, quando dovete mettere gli stent siamo ditta piccola, ma come funziona?” Nell’ennesimo scandalo corruzione che attraversa il mondo della sanità siciliana a rimanere sullo sfondo – non è una novità – sono i pazienti. Il quadro tratteggiato dalla procura di Catania, che ieri ha ottenuto la misura cautelare per quattro primari di Cardiologia in servizio in altrettanti ospedali della Sicilia orientale e cinque imprenditori, pone in primo piano i rapporti che lontano dalle sale operatorie avrebbero influenzato le decisioni sulle forniture di dispositivi medici, in particolar modo impianti valvolari aortici transcateteri (Tavi) e stent. 

A finire ai domiciliari, con l’accusa di avere incassato mazzette e avere causato un maggiore esborso alla sanità pubblica, sono stati i medici Corrado Tamburino del Policlinico di Catania, Antonino Nicosia del Giovanni Paolo II di Ragusa, Antonio Micari del Policlinico di Messina e Marco Contarini dell’Umberto I di Siracusa. La gip Giuseppina Montuori ha disposto la stessa misura anche per Rosa Vitale, Francesco Dottorini, Caterina Maugeri e Giancarlo Girlando, tutti a vario titolo legati ad aziende produttrici dei dispositivi. Il nono arrestato è Pietro Sola, 60enne di origine calabrese che, tramite una società organizzatrice di eventi, avrebbe rappresentato il punto d’incontro tra corruttori e corrotti.

Scandalo sanità, tangenti ed eventi formativi

Stando alla tesi del sostituto procuratore Fabio Regolo, ad alterare il mercato di Tavi e stent sarebbe stata la disponibilità dei medici di selezionare i prodotti sulla base di fattori che prescindevano dalla valutazione strettamente tecnico-clinica. Il vantaggio competitivo per le aziende sarebbe derivato dai contributi economici dati per l’organizzazione di convegni ed eventi di formazione promossi dalla Sca, acronimo di Sicilian Cardiovascular Academy, e riconducibile ai quattro medici.

Ad avere un ruolo in tutto ciò sarebbe stata la società Collage, che svolgendo il ruolo tecnicamente definito di provider curava i rapporti con i potenziali sponsor. Una funzione di filtro, richiesta dalla legge per evitare di scivolare in conflitti d’interesse, che però per i magistrati sarebbe soltanto apparente. “A fondi siamo sui 500 (mila euro, ndr). Mancano quelli piccolini, secondo me 550 o 570 ci arriviamo”, dice Sola a Micari.

Il direttore della Cardiologia Invasiva al Policlinico di Messina si mostrava particolarmente interessato alla raccolta dei fondi. Richieste che, stando a Rosa Vitale, procuratrice della Presifarm, Micari avrebbe rivolto direttamente anche ai rappresentanti delle aziende. “Vitale riferiva che Micari – scrive il pm – le aveva scritto perché intendeva conoscere la somma e successivamente giudicava ‘pazzo’ il professore perché con tale richiesta violava la normativa relativa all’organizzazione di tali eventi, in quanto delle sponsorizzazioni è il provider che se ne occupa”.

I contributi delle aziende non sarebbero stati altro che un modo per far arrivare ai medici prebende, in cambio dell’impegno a fare ordinativi cospicui dei dispositivi medici. “Gli ho proposto di fare una lettera d’incarico a tutti di 10mila euro ciascuno, dove io vi metto tutto quello che avete fatto, insomma così cominciamo a smaltire un po’ di cose”, spiega Sola a Contarini, il primario dell’Umberto I di Siracusa.

Scandalo sanità, l’idea della Fondazione

Il piano per gestire gli introiti avrebbe previsto anche la possibilità di avvalersi della E.t.n.a. Foundation, ente che fa capo a Tamburino. È lo stesso noto cardiochirurgo catanese a parlarne con la propria segretaria, riferendo i contenuti di una telefonata avuta con Sola. “Dalla conversazione – scrivono gli inquirenti – si evince che Tamburino si sarebbe accordato affinché (Sola) si adoperi per rifinanziare la fondazione, in difficoltà economiche da alcuni anni”. Più in generale, tra le motivazioni che hanno spinto a chiedere l’arresto dei medici c’è stato il timore che altrimenti si sarebbe potuta perdere traccia del denaro raccolto: “Le conversazioni intercettate hanno mostrato le intenzioni dei medici e del provider di smaltire i finanziamenti di tali eventi attraverso la stipula di contratti di consulenza, circostanza che potrebbe essere facilmente realizzata ove costoro non venissero posti nell’impossibilità di operarla mediante l’emissione di fatture o la falsificazione di altro tipo di documento in modo da occultare le modalità di spesa della somma pari a 500mila euro”.

Scandalo sanità, i malumori delle aziende

Nel corso dell’indagine non sono mancati i casi in cui i rappresentanti delle aziende corruttrici sollevavano perplessità sulle pretese provenienti dai medici. Ancora una volta è Rosa Vitale a lamentare le pressioni dei primari. “Sai che Antonio Micari mi ha scritto quella cosa – racconta la procuratrice della Presifarm a Francesco Dottorini, procuratore della Bionsensors International Italia, azienda di cui Presifarm distribuisce i prodotti –. Voglio andare a dare una risposta a questo pazzo”. A fare infuriare la donna è l’entità delle richieste di contributo che sarebbero provenute dal medico della Sicilian Cardiovascular Academy. Un proposito condiviso da Dottorini, anche lui sottoposto a misura cautelare: “Esatto, non siamo bancomat”.

Scandalo sanità, venti per cento in più

Il giro corruttivo avrebbe previsto l’acquisto da parte delle aziende sanitarie di dispositivi a un prezzo maggiorato del 20 per cento rispetto a quello che previsto dagli accordi stipulati da Consip nell’ambito di gare centralizzate a favore della pubblica amministrazione. A essere accusato di avere omesso di dichiarare l’equivalenza di alcuni dispositivi previsti dalla gara Consip con altri per cui il Policlinico di Catania aveva indetto una gara d’appalto da 10 milioni di euro è Tamburino.

Stando a quanto ricostruito dal direttore del controllo di gestione e della direttrice del servizio Farmacia, che sono stati ascoltati dagli inquirenti, il cardiochirurgo avrebbe causato “un conseguente maggiore esborso da parte dell’azienda e quindi della sanità pubblica” di oltre un milione di euro.

Scandalo sanità, l’ipotesi della talpa in Procura

In questa vicenda c’è anche spazio per un giallo. È legato alla possibilità che qualcuno nelle settimane scorse possa avere informato Tamburino dell’indagine. Una confidenza che avrebbe spinto il primario del Policlinico a rassegnare le dimissioni e a trasferirsi alla clinica privata Morgagni di Pedara. Di questo sospettano gli inquirenti che, ascoltando le conversazioni del medico e lo stupore dei colleghi nel venire a conoscenza della volontà di abbandonare il settore pubblico, hanno integrato la richiesta di misura cautelare alla gip Montuori.

“La mia famiglia mi vuole, io sono stressato. non ce la faccio più”, diceva Tamburino anticipando le dimissioni. La stanchezza e la voglia di andare a lavorare in un contesto più piccolo, però, potrebbero essere stati soltanto un tentativo per evitare la misura cautelare. “Se si è dimesso, vuol dire che gli hanno notificato qualcosa, che lui sa qualcosa. Per dimettersi vuol dire che sa qualcosa”, ragionava il 14 giugno la procuratrice della Presifarm Rosa Vitale. La risposta sarebbe arrivata da lì a poco. 

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