Boris Behncke, vulcanologo della sezione di Catania dell’INGV, ha spiegato al QdS le dinamiche dell’attività sismica.
Nella giornata di ieri (martedì 30 agosto) un modesto sciame sismico ha colpito il versante occidentale dell’Etna, al confine tra le province di Catania ed Enna. I dati dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia riportano una cinquantina di scosse, con epicentro tra i comuni di Regalbuto, Troina, Adrano e Bronte.
Le scosse più intense, avvertite debolmente dalla popolazione, hanno avuto una magnitudo superiore a 3.0 gradi della scala Richter. Fino a questo momento, la scossa più forte dello sciame è stata registrata alle 21:41 del 29 agosto con epicentro nel comune di Bronte. L’ipocentro dello sciame si trova tra i 4 e i 25 chilometri di profondità, con le scosse più forti registrate tra gli 11 e i 18 chilometri.
A tal proposito abbiamo contatto Boris Behncke, che ci ha spiegato le dinamiche dell’attività sismica. Secondo il vulcanologo della sezione di Catania dell’INGV, la causa dei terremoti in corso “sono i movimenti tettonici legati alla collisione fra le placche africana ed eurasiatica. In quella zona sciami sismici simili sono assai comuni, avvengono periodicamente, e non si conoscono terremoti molto forti”. Le scosse sarebbero provocate dalla normale attività tettonica della zona, che periodicamente risponde con questi sciami alla sollecitazione dovuto allo scontro delle placche.
Dunque, non si tratterebbe di un’attività legata al vulcanismo dell’Etna, in pausa da diverse settimane. Certo, come ci ricorda Behncke, quella porzione di Sicilia è molto attiva dal punto di vista sismologico, per questo motivo non è sorprendente la registrazione di scosse del genere. “Gli sciami sismici normalmente durano qualche ora e poi finiscono, a volte vanno anche avanti per qualche giorno – ma questo qui sembra essersi esaurito. Ovviamente, essendo in zona sismica, di terremoti etnei e non ne vedremo ancora”.
Amedeo Barbagallo