ROMA – ‘Non Una Di Meno’, per il quinto anno consecutivo, lancia lo sciopero femminista e transfemminista dell’8 marzo. Diversi sindacati di base, informa un comunicato della rete femminista, hanno già accolto l’appello e proclamato lo sciopero generale di 24 ore.
Al centro della protesta, anche la richiesta di una gestione non “confindustriale e patriarcale” dei soldi del Recovery Plan. “L’8 marzo interromperemo ogni tipo di lavoro, senza distinzioni di categoria e di contratto, lo scioperò coinvolgerà anche le figure non riconosciute del lavoro, chi con la pandemia ha perso ogni reddito e le persone migranti che oltre al lavoro rischiano di perdere anche i documenti di soggiorno”.
“La crisi sanitaria, sociale e economica ha colpito ancora una volta il lavoro femminile, migrante, non tutelato, precario, gratuito. I centri anti-violenza si sono trovati a gestire un’emergenza nell’emergenza, i numeri dei femminicidi lo testimoniano e impongono misure urgenti. I dati Istat mostrano come il crollo dell’occupazione riguardi soprattutto le donne (a dicembre 2020, 99mila posti di lavoro persi su 101mila sono di donne). I 209 miliardi per la ‘ricostruzione’ arriveranno in Italia”, ma “alla prospettiva di un piano di ricostruzione patriarcale e confindustriale, vogliamo opporre un piano femminista di trasformazione sociale: un salario minimo europeo e reddito di autodeterminazione, socializzazione della cura, welfare universale e non familistico, un permesso di soggiorno europeo non condizionato al lavoro e alla famiglia, diritto alla salute e all’autodeterminazione, priorità della salute ecosistemica rispetto ai profitti”, conclude ‘Non una di meno’.
