I retroscena e le intercettazioni del blitz che ha portato alla luce un "business" criminale fatto di soldi, puntate nascoste al Fisco e redditi mai dichiarati.
Una tavola imbandita a festa ma senza cibo, solo soldi. E poi una foto con due mazzette di contanti tenute come una ballerina di flamenco terrebbe altrettanti ventagli. Sono gli elementi più eloquenti che descrivono il tenore di vita di uno dei membri della rete criminale che nel Trapanese, nell’arco di pochi anni, avrebbe maneggiato oltre venti milioni di euro in scommesse clandestine.
Un giro d’affari che, secondo la procura di Marsala guidata da Fernando Asaro, avrebbe garantito al gruppo, al cui vertice ci sarebbe stato un 66enne di Erice conosciuto come Zio Sam, guadagni per diversi milioni. L’uomo che sorride guardando nell’obiettivo si chiama Giovanni Marchese e martedì è stato arrestato dalla guardia di finanza assieme ad altre tre persone. Gli indagati, però, sono una dozzina e tra loro c’è anche la moglie.
Scommesse clandestine e puntate fuori dai radar dell’Adm
Al centro dell’inchiesta ancora una volta è finito il sistema che garantisce di aggirare le norme che disciplinano il settore delle scommesse. Stando a quanto ricostruito dagli inquirenti, Carlo Napoli – lo zio Sam – e i propri sodali avrebbero gestito diverse piattaforme online con indirizzi del tipo .com e .net che, appoggiandosi a società estere non titolari di regolari concessioni in Italia, catturavano l’interesse degli scommettitori grazie a promesse di vincite più remunerative. I profitti delle scommesse clandestine sarebbe stati ottenuti alle spalle dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli e senza possesso della relativa licenza rilasciata dalle questure.
Gli investigatori hanno quantificato in 23 milioni di euro l’ammontare delle puntate raccolte da Napoli e dai propri collaboratori, come Pino Granata, 66enne di Favignana ritenuto braccio destro. Una fiducia che Napoli avrebbe ripagato stipendiando Granata con 1200 euro al mese.
L’associazione a delinquere, che aveva la propria base operativa in un magazzino nella zona di Casa Santa a Erice, avrebbe goduto del contributo di un paio di programmatori informatici e di una serie di agenti ai quali spettava il compito di mantenere i rapporti con gli scommettitori. Raccogliendo le puntate, pagando le vincite e gestendo i conti on line, in barba alla normativa che vieta l’uso di intermediatori.
Il ponte con l’Africa
“Io lavoro Tunisia, Svizzera e Austria”. Tra le intercettazioni riportate nell’ordinanza della gip Sara Quittino c’è una frase che rafforza la tesi secondo cui gli affari di Napoli si sarebbero estesi ben oltre il territorio trapanese. Importanti evidenze in tal senso arriverebbero dal paese nordafricano, dove il 66enne avrebbe contato su Luigi Cascio, un ex pescatore di corallo finito ai domiciliari che, grazie alla propria rete di conoscenze, sarebbe stato capace di portare numerosi scommettitori a utilizzare i siti dell’associazione.
“Guadagni tra i settemila e gli ottomila euro mensili”, quantifica Granata nel corso di una telefonata. Secondo il consulente nominato dalla procura, Cascio avrebbe inviato con cadenza settimanale a Napoli fino a 60mila dinari tunisini – pari quasi a 18mila euro – trattenendo una percentuale sugli incassi delle scommesse clandestine.
Il ruolo di Marchese
L’indagine delle Fiamme Gialle è iniziata dopo avere ricevuto un esposto da parte di una donna che diceva di avere ravvisato stranezze nella gestione delle scommesse effettuate tramite Giovanni Marchese, indicato come “il mio agente”. Ai militari è bastato poco per sospettare che l’operato dell’uomo e della moglie, titolare formalmente di una partita iva per la gestione di sale giochi, potesse non essere trasparente. Dalle verifiche effettuate, è emerso che tra il 2016 e il 2019, a fronte di redditi dichiarati per circa 25mila euro, la coppia avrebbe effettuato puntate su alcuni siti registrati dall’Agenzia delle dogane e dei monopoli per un importo complessivo di oltre 40mila euro.
L’ipotesi che per le mani di Marchese passassero ingenti quantitativi di denaro è stato confermato in seguito a una perquisizione domiciliare effettuata a maggio 2019. I finanzieri, in quell’occasione, sequestrano il computer e il telefono dell’uomo, e portano via appunti dove sono segnate le vincite e i prestiti. A ciò si aggiungono i controlli sui conti bancari e postali aperti da Marchese e Genco: tra bonifici e versamenti in contanti si registrano accrediti per diverse centinaia di migliaia di euro. Trasferimenti che proseguono anche dopo che la donna chiude formalmente la partita iva. “Nel periodo che va dal 2015 al 2019 i coniugi Marchese hanno avuto disponibilità finanziarie pari a 246.575,37 euro”, si legge nell’ordinanza.
Scommesse clandestine nel Trapanese, i contatti con Malta
Ad accendere i riflettori sui coniugi è stata anche una segnalazione partita dal Nucleo speciale di polizia valutaria della guardia di finanza di Roma. “Diffuso utilizzo del contante e numerosi bonifici con controparte azienda di diritto maltese”, è l’oggetto della comunicazione inviata ai colleghi siciliani. Nella nota si fa cenno a una società società maltese che negli anni scorsi è finita nel mirino di diverse procure italiane, per presunti agganci con soggetti legati alla criminalità organizzata. Stando a quanto verificato dal Quotidiano di Sicilia, sono almeno due le società maltesi a cui i coniugi avrebbero trasferito denaro e che in passato sono finite sotto la lente della giustizia. Al momento, però, entrambe risultano tra le concessionarie dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli e non è facile stabilire la natura delle transazioni. Anche perché, stando a uno degli indagati, lo stesso Marchese sarebbe stato un appassionato delle scommesse. “Se avesse potuto si sarebbe giocato pure i chiodi nel muro”, commenta l’uomo, per poi sottolineare che “chi ha un’attività del genere non deve giocare ma far giocare solo gli altri”.