Sembra un calembour: “Scoperta soluzione, cercasi problema”. Ma in effetti, se ci pensate bene, c’è tanta gente che di esso ne fa quasi una regola di vita, poiché non parte dall’obiettivo che intende raggiungere e cioè la soluzione di un problema, ma anche quando essa è alla sua portata, cerca il problema che dovrebbe averla generata.
Non vi sembri un modo contorto di ragionare, anche perché dobbiamo constatare che esso è diffuso, parecchio diffuso, in quanto non tutti hanno le idee chiare su quanto li circonda; quindi, nel tentativo di farsi chiarezza, ingarbugliano ancora di più le cose.
C’è un rimedio a questo guazzabuglio? Sicuramente: diradare la nebbia, mettere in ordine i termini delle questioni, stabilire la loro compatibilità con la realtà e infine tracciare un percorso per raggiungere un obiettivo, cioè la soluzione.
Quanto precede sembra semplice, ma non lo è affatto, anche perché solo chi è capace di mettere ordine nella propria testa è altrettanto capace di percorrere una via semplice.
La confusione che alberga nella testa di tanti/e cittadini/e la rileviamo quando casualmente e in occasione di determinati fatti, anche gravi, vi è qualche cronista di sito, televisione o radio che si mette vicino il microfono.
Ora, è chiaro che per parlare attraverso esso bisogna avere una certa dimestichezza e vi è anche la componente emotiva che impedisce di esprimersi al meglio. Tuttavia, quando una persona ha un software mentale ordinato può anche esprimersi in altrettanto modo, che poi si condensa nel vecchio modo che insegnavano gli italianisti: “La frase più efficace è formata da soggetto, predicato e complemento”.
Se ogni persona pensante, in quanto tale adottasse questi metodo e tecnica, non solo avrebbe una comunicazione più efficace, ma chiarirebbe al proprio interno ciò che pensa e ciò che esprime con le parole.
Tutto ciò non è semplice e non è facile, poiché quando si tenta di mettere ordine con un certo metodo, la conseguente attività non è né semplice né facile. Tuttavia, è assolutamente necessario che tale metodo venga attivato perché la comunicazione si comprenda.
Nel mondo dell’informazione non tutti quelli che operano scrivendo o parlando o riempiendo i siti ritengono che il metodo della semplicità ed efficacia sia il migliore, forse perché non ne comprendono l’essenza.
È vero che sui siti le frasi sono brevi e gli scritti sono altrettanto brevi, ma non sempre la brevità significa congruenza, non sempre le cose che si scrivono hanno un significato e soprattutto sono di facile e immediata comprensione. In più, chi non ha le idee chiare nel comunicare o nello scrivere, ingarbuglia ancora di più pensando di spiegare quello che sta facendo, come scritto prima.
Mi è capitato più volte di sentire oratori che anziché usare frasi di otto parole, ne usano altrettante di ottanta o di ottocento, poi si fermano, guardano gli astanti, ed esclamano: “Che cosa voglio dire ? …”. Se non lo sanno loro, come è possibile che chi ascolta lo capisca?
Oppure altri comunicatori che dopo aver parlato per venti minuti si fermano ed esclamano: “In altre parole…”. Ogni commento è inutile.
Perché il tema in rassegna è in questa rubrica? Per la semplice ragione che la comunicazione deve avere una sua componente etica, vale a dire deve essere compresa senza che uditori e lettori facciano alcuno sforzo. Quindi sta a noi, quando comunichiamo qualcosa, compiere lo sforzo della chiarezza, della semplicità e dell’efficacia. Nessuno di coloro che sente deve interpretare, ma ha il diritto di ricevere un messaggio intellegibile. Ciò anche per evitare equivoci, che sono alla base della discordia.
Quando si è chiari nel trasmettere un messaggio non vi sono equivoci e quindi si può trovare l’altra parte più o meno d’accordo, ma su una questione che non lascia dubbi.
Mi sia permesso sottolineare questa parte poco diffusa e poco discussa delle interrelazioni fra le persone. Mi sia permesso perché è dovere di ogni responsabile di un’informazione pubblica, qual è quella di un quotidiano come il nostro, evidenziare le cose che non vanno e portare all’attenzione come fare per raddrizzarle.
