Scostamenti (debiti) producono inflazione - QdS

Scostamenti (debiti) producono inflazione

Carlo Alberto Tregua

Scostamenti (debiti) producono inflazione

giovedì 15 Settembre 2022

Politica suicida dei governi

La campagna elettorale, verso la conclusione, fa esasperare i toni dei protagonisti, fa aumentare le menzogne e le balle che raccontano, trasferendo nell’irrealtà le loro promesse. Fra queste, la miriade di cose che vorranno fare e che comporteranno solo nuovi debiti, senza crescita.
Mario Draghi, riprendendo la ben nota tesi di John Maynard Keynes (1883 – 1946), “Fate debito produttivo”, sostiene e ripete quasi monotonamente: “C’è debito buono e debito cattivo”.

La sua affermazione ricalca il pensiero del grande economista britannico e cioè che si deve far debito per fare crescere l’economia, ma non si deve far debito per fare crescere l’assistenzialismo.
Ora, i primi due governi di questa Legislatura (Conte uno e due) hanno abusato di assistenzialismo, soprattutto con le due disastrose leggi (Quota 100 e Reddito di cittadinanza) che hanno apportato nuovo debito per oltre una dozzina di miliardi, senza far crescere di una virgola il Pil.

Un’altra legge è stata approvata da quei governi e cioé il cosiddetto Superbonus 110%, buono in teoria, pessimo nella sua formulazione e realizzazione. Infatti, sono stati fissati massimali dei prezzi di beni e servizi forniti, quasi doppi rispetto ai prezzi di mercato. Inoltre è stato inserito il più dieci oltre il cento per cento, forse con la riserva mentale di destinare questo compenso al ruolo delle banche.
Cosicché si è verificato un buon avvio delle opere, ma che costano allo Stato indebitamente decine di miliardi.

Quota 100 è una “boiata pazzesca”, direbbe Paolo Villaggio, perché ha fatto andare in pensione persone relativamente giovani e ha caricato il bilancio dello Stato di molti miliardi per finanziare le anticipate pensioni.

Altra “boiata pazzesca” è il Reddito di cittadinanza, che però ha una parte positiva riguardante l’assistenza ai poveri. Una legge scritta da incompetenti o gente in malafede per la parte relativa all’attivazione del lavoro, mentre positiva per la parte relativa al sostegno dei veri poveri e non dei nullafacenti.

Ora ci troviamo di fronte a una svolta, ma in una situazione economica tremenda.
La campagna elettorale, come prima si scriveva, fa dire menzogne colossali a tutti i protagonisti dell’arco costituzionale perché tutti parlano di spese, contributi a fondo perduto, sussidi e altre prebende clientelari, senza mai indicare la fonte finanziaria per coprirli. Anzi, qualcuno è più spudorato perché continua ad usare la parola magica “scostamenti”. La malafede di costoro è evidente perché non usano la parola giusta, cioé “debiti”, che pagheranno i giovani.
Ricordiamo che in atto il debito pubblico è di 2.766 miliardi (Banca d’Italia, giugno 2022), vale a dire 46.900 euro per ogni cittadino/a.

A questo pessimo risultato sono giunti tutti i governi degli ultimi decenni, che, per contro, non sono riusciti a fare decollare il Pil. Quindi hanno usato il debito “cattivo” e non quello auspicato da Keynes, cioé il debito “buono”. La spiegazione è semplice: il debito “cattivo” attira voti, quello “buono” li respinge.

Quali gli immediati rimedi che dovrà mettere in atto il prossimo Governo? Non potrà fare più nuovo debito perché la Bce rallenterà fortemente l’acquisto di titoli di Stato a costo zero fino alla conclusione dell’operazione. La conseguenza sarà che il Tesoro italiano dovrà vendere nuovi titoli per pagare quelli in scadenza nel mercato, il quale pretenderà interessi fra il cinque e il sei per cento. La conseguenza ulteriore sarà che sul bilancio statale annuale vi sarà un incremento di uscite per nuovi interessi, stimato da più parti in circa trenta miliardi. Quindi nuovo debito e allontanamento dai parametri di Maastricht.
Non solo, ma la Bce sarà costretta ad aumentare ulteriormente il tasso di interessi (che in atto è 1,25 per cento) per raddoppiarlo in sei / otto mesi. Questo è lo strumento più importante per rallentare la tremenda inflazione.

Da questo quadro si spiega l’avvicinamento evidente di Giorgia Meloni – probabile prossimo presidente del Consiglio – a Mario Draghi e a Sergio Mattarella, perché avrà bisogno delle due personalità per affrontare il bilancio dello Stato 2023 e schivare, nei limiti del possibile, il rischio dell’aumento incontrollato dello Spread.

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