Scuola: il merito di chi impara e quello di chi insegna - QdS

Scuola: il merito di chi impara e quello di chi insegna

Scuola: il merito di chi impara e quello di chi insegna

Salvo Fleres  |
giovedì 03 Luglio 2025

Scuola, merito e pari opportunità: i veri pilastri per rilanciare l’Italia e superare il mito dell’uguaglianza assoluta

Uno dei nodi fondamentali dal cui corretto scioglimento dipenderà la sorte del nostro Paese riguarda l’organizzazione della scuola, sia dal punto di vista di chi impara, sia dal punto di vista di chi insegna e di chi la fa funzionare.

Le altre questioni, a mio giudizio, riguardano la burocrazia, intesa come Pubblica amministrazione e come procedure; la giustizia, intesa come magistrati, avvocati, imputati e pene; la perequazione infrastrutturale e il sistema produttivo dell’intero Paese, dato che se si è italiani lo si è sia a Milano o a Roma, sia a Palermo o a Catania, sia che si producano ciclomotori o scarpe, sia che si producano arance o riso.

Mi sono soffermato su questi quattro aspetti perché rappresentano esattamente i pilastri sui quali, politica ed istituzioni a parte, si fonda e vive la Repubblica. Personalmente ritengo che, dopo quasi cinquant’anni di bugie, sia venuto il momento di guardare la realtà in faccia. Le bugie tendevano a farci credere che il concetto di pari opportunità, ovvero di pieno e totale diritto ad apprendere, qualunque sia la condizione di partenza, e dunque di pari dignità negli studi, fosse interscambiabile con il concetto secondo cui uno scienziato come Einstein, padre della teoria della relatività, sarebbe uguale al sottoscritto, che conosce appena qualche teorema. Credo che sia venuto il momento di tenere conto che la situazione è profondamente differente. Ed è proprio la presa d’atto di questa differenza che agevola il pieno raggiungimento della pari opportunità, davvero realizzabile, piuttosto che quello, irrealizzabile della generica uguaglianza.

Ignorare le differenze intellettive e culturali vuol dire trascurare il loro tendenziale superamento. Se siamo tutti uguali, perché dobbiamo essere valutati? Se siamo tutti uguali, perché dobbiamo essere pagati in maniera differente? Se siamo tutti uguali perché non abbiamo tutti 10 a scuola, ecc…? Il ragionamento non fa una piega. Il fatto è che non siamo affatto tutti uguali, anzi, siamo profondamente differenti, ma tutti abbiamo lo stesso diritto a studiare, ad apprendere, a essere aiutati se abbiamo delle difficoltà. È solo evitando di negare le differenti condizioni di partenza che si può sperare di superarle. Questo si chiama merito, che non significa affatto emarginazione o discriminazione, bensì perequazione e ragionevole integrazione.

Rendiamoci conto che se la scuola non si dovesse aprire a una riforma fondata sulla valutazione e sul merito, e per questa ragione non dovesse attrezzarsi per superare le differenze intellettive e culturali di partenza, il compito spetterebbe alla società, al mondo del lavoro e dell’impresa, che non hanno la missione istituzionale di colmare le differenze, o resta fuori per tutti: bravi o non bravi, buoni o cattivi e, in questo caso, ad essere penalizzato sarebbe un intero Paese. Per superare il falso concetto di uguaglianza e affermare il realistico concetto di pari opportunità bisogna guardare non solo a chi sta dietro i banchi, ma anche a chi sta dietro la cattedra, non solo a chi sta dietro il banco della Corte, ma anche a chi sta dietro i banchi dell’accusa e della difesa, non solo a chi sta dietro la scrivania di un ufficio, ma anche a chi ci sta davanti, non solo a chi abita in territori che dispongono di autostrade a quattro corsie, ma anche a chi abita in territori che autostrade non ne hanno. Uno Stato che vuole davvero rispettare i contenuti della sua Costituzione deve preoccuparsi di fare in modo di funzionare bene, dotandosi degli strumenti strutturali ed infrastrutturali, istituzionali e legislativi necessari e conseguenti.

Il resto, diciamocelo francamente, è solo “fuffa”, maledettissima ed insignificante “fuffa”, magari spacciata per altisonanti programmi politici di solito pre elettorali, magari illudendo qualche “mente semplice” o qualche “anima buona”, ma sempre di “fuffa” si tratta. La “fuffa” può andar bene per fregare i cittadini per un mese, per un anno, magari per cinque, ma non serve affatto a risolvere i problemi, dunque, prima o poi viene scoperta e allora i cicli politici si accorciano e le delusioni aumentano.

Tag:
Articoli correlati

0 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Commenta

Ediservice s.r.l. 95126 Catania - Via Principe Nicola, 22

P.IVA: 01153210875 - Cciaa Catania n. 01153210875


SERVIZIO ABBONAMENTI:
servizioabbonamenti@quotidianodisicilia.it
Tel. 095/372217

DIREZIONE VENDITE - Pubblicità locale, regionale e nazionale:
direzionevendite@quotidianodisicilia.it
Tel. 095/388268-095/383691 - Fax 095/7221147

AMMINISTRAZIONE, CLIENTI E FORNITORI
amministrazione@quotidianodisicilia.it
PEC: ediservicesrl@legalmail.it
Tel. 095/7222550- Fax 095/7374001
Preferenze Privacy
Quotidiano di Sicilia usufruisce dei contributi di cui al D.lgs n. 70/2017