Ero accoccolato ad ascoltare il fritto, e non il mare, ad un bancone di bar, con aria colpevole, accanto al carcere minorile del Malaspina.
Mentre ero nel mio senso del peccato, davanti ad un calzone fritto mignon, per pudore da reflusso, vengo apostrofato da un tizio.
Ci sono professionisti, manager, ricercatori, che sarebbero qualunque cifra per comprarsi il tempo libero, loro parlano di tempo di qualità, per paludare il fatto che, non rinunciando alla schiavitù del lavoro, la quantità gli è preclusa. L’uomo della sigaretta laterale invece di tempo ne aveva, assai. Chissà quale sarà stata la sua vita, il suo percorso filosofico, quali approfondimenti e tormenti avrà provato per arrivare a questo grado di atarassia, e quindi di libertà. Gli comunico, quasi con vergogna, guardando l’orologio da walking comprato in un noto centro commerciale sportivo, l’orario e lui guardandomi con pietosa accondiscendenza mi ringrazia. La edotta cassiera, dall’esperienza psicologica di massa, mi sussurra mentre pago il mio conto.
Iscriviti gratis al canale WhatsApp di QdS.it, news e aggiornamenti CLICCA QUI
Rifletto che ormai il tempo non si ferma, accelera e si impadronisce di noi con il suo ritmo, a volte, spesso, insostenibile. Cronos, il Tempo, mangia i suoi figli, che è la metafora della nostra caducità mortale, terribilmente rappresentata nel dipinto di Francisco Goya. Forse solo in certe parti dell’Africa ed in carcere non si è schiavi di Cronos.
Così è se vi pare