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Se Colombo non salpava Hiroshima si salvava

Se Colombo non salpava Hiroshima si salvava
rischi guerra nucleare in Ucraina

Atomica forse per vendetta

Il 3 agosto 1492 Cristoforo Colombo partiva da Palos con le sue caravelle (Niña, Pinta e Santa Maria). Partì una settimana dopo che era stato tolto l’assedio di Granada da parte degli Arabi, per cui la Regina Isabella dette il via libera al Nostro.
Cosicché, dopo le pene che tutti conoscono – compresa la bonaccia che tenne ferme le tre Navi per circa tre mesi – Colombo sbarcò a Guanahaní, un’Isola delle Bahamas, pensando di essere approdato nelle Indie. Da lì cominciò l’evoluzione delle popolazioni nordamericane mentre solo il 4 luglio 1776, tredici colonie inglesi sottoscrissero la Dichiarazione di Indipendenza di quel Paese.
Che c’entrano questi cenni storici con Hiroshima? Beh, anche se sembra forzato, se non ci fossero stati gli Stati Uniti, quella città non avrebbe avuto l’ecatombe che l’ha distrutta, insieme ai suoi 255mila abitanti. Ovviamente neanche Nagasaki con i suoi 260mila abitanti, sarebbe stata distrutta.

Il nostro storico editorialista, Pino Grimaldi, nell’editoriale pubblicato venerdì 11 agosto, ci ha riferito una suggestiva interpretazione di questo tragico fatto.
Partiamo dall’inizio della dichiarazione di guerra del Giappone agli Stati Uniti con l’attacco a Pearl Harbor, il 7 dicembre 1941, e ricordiamo che tale dichiarazione fu consegnata al segretario di Stato statunitense, Cordell Hull, mezz’ora dopo che gli aerei giapponesi avevano già bombardato la base.
Il comando della flotta aerea era stato affidato al viceammiraglio Chichi Nagumo il quale aveva come base proprio Hiroshima. Per cui, non sembri azzardato pensare se nella decisione di colpire città giapponesi, potè entrare anche un sentimento di rivalsa e forse di vendetta per quell’atto scorretto di bombardare immediatamente prima che la guerra era stata dichiarata.
Infatti, cita Grimaldi, la capitolazione della Germania e dell’Italia, le quali facevano parte del Patto tripartito (detto anche Asse Ro-Ber-To, Roma-Berlino-Tokyo), avvenne nel febbraio del 1945, con la pace di Yalta, mentre la distruzione di Hiroshima e Nagasaki si verificò rispettivamente il 6 e 9 agosto, cioè sei mesi dopo.
Qualcuno può sostenere che si tratti di fantapolitica, ma i fatti e le date sono quelle che vi abbiamo elencato.

“Enola Gay” era il nome del bombardiere B-29 Superfortress pilotato dal colonnello Paul Tibbets, che gli diede il nome della madre. L’aereo, che trasportava l’atomica, aveva avuto l’ordine, molto semplice, di sganciare la bomba e allontanarsi da quell’ecatombe il più rapidamente possibile. Così avvenne e l’equipaggio si salvò.
Il Giappone si arrese, consegnò di fatto tutte le leve politico-amministrative agli Stati Uniti, i quali inviarono il generale McArthur che assunse tutti i poteri a eccezione di uno.

Non si tratta di una curiosità, bensì di un fatto che fa comprendere come il Popolo giapponese sia risorto rapidamente e molto bene, nonostante quella tremenda batosta.
Di che si tratta: i giapponesi chiesero e ottennero di continuare a gestire direttamente la Scuola perché essa è la matrice di tutte quelle leve che un giorno potranno diventare classe dirigente.

La tradizione del Giappone è antichissima e risale al 660 a.C. quando fu nominato il primo Imperatore di quel Popolo, Jinmu, il quale allora era considerato una sorta di figlio del Dio in cui quel Popolo credeva.
Non bisogna dimenticare che il Giappone è colpito frequentemente da terremoti che superano il settimo grado della scala Richter. Per cui, fin dal 1945, ricostruirono tutte le città con palazzi resistenti a tali eventi sismici che, quando oggi si verificano, non creano danni di sorta.
Il Popolo giapponese è laborioso e industrioso. Si dice che molti di quegli abitanti si riposino in piccole cuccette dei treni quando viaggiano.

Questo breve excursus storico vuole essere una divagazione rispetto a tutti i problemi contingenti del nostro Paese e del nostro Popolo, ma se ci pensate bene, molti spunti elencati possono darci una traccia di come i nostri governanti si dovrebbero comportare nell’affrontare problemi non simili, ma di altra natura.
Si tratta infatti – come sempre – di una questione di metodo e di ordine, che chi governa dovrebbe tenere presente, ventiquattr’ore al giorno e sette giorni su sette.