Home » Se Dio esiste perché pregare?

Se Dio esiste perché pregare?

Se Dio esiste perché pregare?

Siamo abituati dalla millenaria Chiesa di Roma a riferirci, per quanto riguarda la religione cattolica, ai quattro Vangeli di Matteo, Giovanni, Luca e Marco, mentre essa non tiene conto, anzi consiglia di non leggere, gli altri otto Vangeli, detti apocrifi.
Non sono poi messi in evidenza i settantatré libri della Bibbia, cioè quarantasei dell’Antico Testamento e ventisette del Nuovo Testamento.
Meno che mai, da ragazzi – nelle scuole pubbliche che dovevano essere separate dalla religione (ma non lo erano) – ci parlavano dell’origine della religione ebraica, cioè del Talmud babilonese, o delle altre religioni alle quali “appartengono” miliardi di cittadini/e del mondo. Mai alcun riferimento alla religione islamica, che trova fonte nel Corano, le cui regole sarebbero state dettate a Maometto nel VII secolo d. C. Anche in questo caso quel testo contiene regole etiche di ben più antica tradizione.

E poi bisogna ricordare che quattrocento anni prima i grandi filosofi greci, da Socrate a Platone ad Aristotele e a tutti gli altri, ragionavano sull’esistenza degli dei e sul loro rapporto con gli uomini.
Ancor più indietro nel tempo va ricordato Confucio (Cina), vissuto fra il 551 e il 479 a.C., quindi morto a circa settantadue anni. I suoi pensieri, i dialoghi, le sentenze, sono riuniti in un testo di oltre mille pagine che si intitola “Analecta”. Esso è pieno di insegnamenti e di riferimenti etici che sono ben anteriori alle religioni cristiana, ebraica, islamica.
Per non parlare della Trimurti indiana (Brahma, Shiva e Vishnu), venerata da 1,4 miliardi di persone, con le loro credenze e le loro idee.

A fronte di questo scenario, sul quale sono proiettati moltissimi individui, ve ne sono forse altrettanti che non credono all’esistenza di una deità, ovvero di un essere superiore, ovvero di un “Super Architetto” che ha inventato tutto quello che esiste e che noi conosciamo.

Non bisogna scordarsi che la maggior parte delle cose esistenti non le conosciamo e quindi la nostra sapienza è limitatissima, con la conseguenza che viene evidenziata una sorta di supponenza e di presunzione rispetto a ciò che i nostri occhi non vedono e le nostre orecchie non sentono.

La domanda che sorge è: ma se Dio non esiste, perché pregarlo? Dal che ne discende la risposta ovvia che vale la pena pregarlo in quanto esiste. Non è un gioco di parole, ma un ragionamento che vuole cercare di tenere con i piedi per terra tutti quelli che pensano con la testa degli altri e non con la propria testa.
Per essere invece persone che pensano con la propria testa e non con quella degli altri occorre che non ci si prenda sul serio, pur essendo seri, perché bisogna dubitare delle cose che non si vedono e credere in quelle che si possono dedurre dai fatti e dalle circostanze.

A mio modesto avviso, per quello che vale, non sembra possibile che in questo nostro piccolo mondo vi siano meccanismi che funzionano alla perfezione: il circuito dell’acqua (evaporazione e pioggia), i tre movimenti della Terra (rotazione, rivoluzione e inclinazione), la copertura della nostra atmosfera che impedisce agli oltre mille gradi del Sole di bruciarci, i mondi umano, animale e vegetale che si integrano e vivono in armonia. Eppure è così.
Potremmo continuare l’elencazione, ma chiunque si accorgerebbe che sarebbe inutile se solo riflettesse su questi meccanismi.

Uno dei difetti di quella parte di umanità su cui versano le diverse religioni è il dilemma se esista l’Aldilà, cioè la vita dello spirito quando cessa quella del corpo. Anche su questo argomento abbiamo scritto più volte, ma forse vale la pena esprimere qualche breve considerazione.
Sull’Aldilà poggia il potere delle religioni, di tutte le religioni, che cercano di coartare i viventi facendo loro immaginare una vita eterna.
Hans Küng, nel suo memorabile saggio di oltre mille pagine “Dio esiste?”, solo quando finì di scriverlo vi aggiunse il punto interrogativo. Dal che si potrebbe dedurre che Dio non esista. Ma se così fosse, perché allora pregarlo?
Io credo ragionevolmente e deduttivamente che il “Supremo Architetto” vi sia, anche per gli argomenti prima esposti, e che ognuno di noi debba seguire un solo comandamento o precetto: “Rispettare gli altri meglio che noi stessi”. Tutto il resto è un corredo di argomenti e di parole che lasciano il tempo che trovano.