Con l’entrata in vigore della seconda parte della Riforma Cartabia si è allargato il campo applicativo connesso a questo tipo di procedimento
La mediazione dei conflitti, promossa dalla recente riforma della Giustizia, secondo Maria Martello, esperta di mediazione, rappresenta una interessante risposta di civiltà all’imbarbarimento delle relazioni nel nostro tempo. Con l’entrata in vigore della seconda parte della Riforma Cartabia (luglio 2023) sono aumentate le materie per cui il procedimento di mediazione diventa condizione di procedibilità della domanda. Si è allargato, infatti, il campo applicativo della mediazione che per le procedure depositate fino a giugno 2023 comprendeva: condominio, diritti reali, divisione, successioni, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento da danni medici e sanitari e da diffamazione a mezzo stampa, contratti assicurativi, bancari e finanziari.
Le nuove materie sono associazione in partecipazione, consorzio, franchising, opera, rete, somministrazione, società di persone e subfornitura. “Siamo tutti chiamati – scrive Maria Martello nel volume da lei curato ‘Il senso della mediazione dei conflitti. Tra diritto, filosofia e teologia’, – a capire la portata di questa riforma. Dalla sua corretta applicazione dipende la qualità della risposta al bisogno di giustizia di ogni cittadino”. Non a caso, nel volume sono presenti alcuni saggi – di L. Tomassone, di L. Breggia, di P. Bovati, di R. Bartoli, di T. Greco – in cui vengono analizzate le radici filosofiche e spirituali che ispirano il senso profondo della mediazione e ne giustificano “il valore”. Per Maria Martello, la mediazione per la risoluzione dei conflitti rappresenta uno strumento per affrontare un contenzioso attraverso “un dialogo costruttivo, diverso da quello giudiziario”, meno oneroso e più rapido.
E se, “con la riforma della giustizia, la mediazione è la novità del nostro tempo”, essa a pieno titolo rientra in un cambiamento epocale e potrebbe contribuire a snellire la macchina della giustizia. Per questo, merita “di divenire oggetto di studi, di riflessioni e di dibattito” nell’urgenza di evitare che la sua introduzione “non venga compresa e vissuta come evolutiva”. Certa che “la mediazione il senso ce l’abbia”, ed è quello riparativo e rigenerativo, Maria Martello ribadisce che essa “va riconosciuta e rilanciata all’interno della riforma della giustizia e non va assolutamente tradita”. La mediazione può avere l’effetto rigenerativo, di cui parla Marta Cartabia, solo quando la sua applicazione consente a chi è stato “ingiusto” di tornare “giusto”. Altrimenti, rappresenta “una promessa mancata… che forse vale meno della risposta giudiziaria al conflitto”.
Occorre – afferma Maria Martello – “andare a fondo” della questione “per non farla andare a fondo”. Occorre riconoscere la giustizia quale “un’esigenza primaria della persona, come lo è il diritto alla salute, all’istruzione, alla serenità nei rapporti”. Il mediatore professionale è una figura nuova per il nostro ordinamento giudiziario: non è un giudice, o un avvocato, è una figura che mantiene l’imparzialità del giudice, ma non è tenuto a decidere al posto delle parti, in base ai principi del diritto. La sua funzione è quella di aiutare le parti a raggiungere un accordo, da loro condiviso e accettato.