Nel Forum con il ministro della Pubblica amministrazione, Paolo Zangrillo, mi è stata confermata la metafora secondo la quale la Pa può essere configurata come un autobus il cui motore funziona con qualche cilindro in meno. Conseguentemente il driver, cioè il ministro che il Governo ha delegato per guidare la Pa, ha grosse difficoltà a farla marciare a un’andatura ordinaria, per raggiungere le mete in tempi ordinari.
Il ministro ha appunto concordato con questa metafora e ci ha spiegato l’aspro lavoro che ha cominciato due anni e mezzo fa e che intende portare a compimento entro la fine della legislatura, cioè il 2027. Le numerose attività sono elencate puntualmente all’interno e quindi ve ne faccio grazia.
Devo dire che la mia impressione di Paolo Zangrillo è stata positiva, anche perché, dal suo modo di argomentare, dall’ordine con cui ha esposto il suo programma e quanto ha già fatto, ho capito che è un competente. Infatti è stato un manager per oltre trent’anni.
La Pubblica amministrazione è uno dei più gravi problemi del nostro Paese, perché la lentezza di esecuzione delle decisioni governative comporta un rallentamento nel rinnovamento delle istituzioni, assolutamente necessario perché spesso obsolete.
Ma vi è un altro grosso problema che ha l’Italia e cioè quel Drago chiamato Debito, che ad aprile 2025 ammontava a oltre tre trilioni di miliardi. Per lo stesso debito l’Italia pagherà quest’anno intorno a ottanta miliardi. Il rapporto debito-Pil 2023 è del 137, 3 per cento.
Ricordiamo che il parametro obbligatorio europeo, entro cui dovrebbe stare il debito, è il sessanta per cento. Quindi i Governi di questi ultimi trent’anni, e anche i precedenti, hanno portato con il loro lassismo ad allargare i cordoni della borsa a dismisura, perciò tale indebitamento ora ricade su queste e sulle future generazioni.
Il guaio è che questo debito non è servito per investimenti, per finanziare infrastrutture varie, per fare manutenzione del territorio, eccetera, bensì per la spesa corrente (cattiva) spesso erogata per motivi clientelari.
La questione che oggi vi sottoponiamo non è nuova, ma non possiamo che riportarla a galla frequentemente, perché non si vede un cambiamento di rotta. Per esempio, continua a essere enorme l’economia non rilevata, che comprende quella illegale e l’altra dell’organizzazione malavitosa, stimata in circa centonovanta miliardi. Tale economia genera evasione fiscale, stimata intorno a novanta miliardi. Come leggete, cifre macroscopiche che mettono in ginocchio l’Italia e contro cui i Governi hanno fatto poco, come dimostrato dai dati prima riportati.
Al contrario, i Governi dovrebbero essere capaci di risolvere questi gravi problemi strutturali, mettendo in atto attività idonee, calendarizzate, con cronoprogrammi tassativi e responsabilizzando i dirigenti pubblici a osservarli, pena la cessazione del rapporto di lavoro.
Come vedete, anche questi argomenti ci riportano alla Pubblica amministrazione in quanto, come dicono i francesi: “Tout se tient”.
Un altro obiettivo da perseguire è quello dell’indipendenza energetica. Ancora oggi l’Italia è dipendente dall’estero per oltre il sessanta per cento, il che significa pagare l’energia molto di più degli altri Paesi, come la Francia, che invece è totalmente autonoma perché ha l’energia nucleare. Un risparmio di un terzo sull’energia si riflette sui prezzi finali di prodotti e servizi, che così diventano competitivi (quelli francesi) o non competitivi (quelli italiani).
Ancora un grave problema da affrontare riguarda il gap fra il Sud e il Nord del Paese. Le otto regioni settentrionali hanno un Pil totale e un Pil pro capite doppio di quello delle otto regioni meridionali (isole comprese), il tasso infrastrutturale, idem, la qualità della sanità è nettamente superiore nel Nord rispetto al Sud e via elencando.
La Questione meridionale è sempre stata trattata da tutti i Governi come una questione a sé stante, invece è un problema dell’Italia intera.
Nella direzione di unificare gli standard economici e sociali andò la Germania, dopo la caduta del Muro. Oggi, fra Est e Ovest non vi sono praticamente differenze. Ma l’Italia non è la Germania.

