Un affare da oltre due miliardi di euro che coinvolgerà sia i Comuni che le imprese private
Quattro rinvii da settembre scorso a oggi e l’ultima data, almeno per il momento, fissata al 10 luglio. Sono le tappe che raccontano l’andamento a singhiozzo della gara d’appalto che a Messina si terrà per affidare il servizio idrico nell’intera provincia. Un affare da oltre due miliardi e mezzo di euro che inciderà nella gestione della distribuzione dell’acqua in quasi cento Comuni, dal capoluogo fino ai piccoli borghi montani, e che vedrà protagonisti ancora una volta i privati. Anche in questo caso, infatti, così come accaduto a Catania e Siracusa la forma di gestione che vedrà la luce sarà quella della società mista pubblico-privata, con socio di maggioranza i Comuni ma protagonisti per quanto riguarda lo sviluppo della rete idrica le imprese. Tuttavia, a Messina più che altrove, a questa soluzione si è arrivati con non pochi malumori da parte di chi sperava e confidava di riuscire a tenere il servizio sotto l’esclusivo controllo del pubblico.
Le bocciature del Tar
La decisione di prorogare ancora una volta i termini per la presentazione delle offerte da parte delle società che potrebbero essere interessate a diventare il socio privato della futura Messinacque è stata presa da Giuseppe Contiguglia, ingegnere in servizio nell’ufficio tecnico dell’Assemblea territoriale idrica peloritana, l’ente in cui siedono i primi cittadini di 94 dei Comuni della provincia.
Il provvedimento di Contiguglia è stato preso nelle vesti di responsabile unico del procedimento della gara indetta a giugno dello scorso anno. Di fatto si è trattato di una scelta fatta sulla scorta di una serie di eventi accaduti negli ultimi giorni: a partire dalla pubblicazione di quasi una ventina di sentenze da parte del Tar di Catania. Al vaglio dei giudici amministrativi c’erano i ricorsi presentati dai Comuni di Alì Terme, Condrò, Falcone, Galati Mamertino, Letojanni, Librizzi, Messina, Mistretta, Montagnareale, Montalbano Elicona, Oliveri, San Filippo del Mela, San Pier Niceto, San Piero Patti, Saponara, Tortorici. In nessun caso i rilievi degli enti locali sono stati accolti.
A essere contestata è stata la scelta presa dalla commissaria ad acta Rosaria Barresi, inviata dalla Regione per decidere sul tipo di gestione da adottare a Messina. Barresi ha optato per la società mista, mentre in precedenza l’Assemblea aveva ragionato sulla modalità interamente pubblica. Un intendimento che però non si è mai concretizzato in atti concreti. “L’approvazione da parte dell’Ati delle deliberazioni, con le quali l’Assemblea dei Comuni aveva espresso la propria preferenza per la costituzione di un nuovo soggetto a completa partecipazione pubblica, si è risolta – si legge in una delle sentenze pubblicate il 30 aprile – nella mera espressione di un atto di indirizzo che, non solo non è mai sfociata nella effettiva scelta del modello di gestione e nella concreta individuazione del soggetto cui affidare il servizio idrico integrato, ma è stata contraddetta da altra delibera, con cui la stessa Ati ha espresso la possibilità di valutare l’affidamento del servizio alla già costituita società Amam (la società che gestisce il servizio nella città di Messina, ndr), senza che, tuttavia, neanche tale ipotesi sia mai sfociata in una concreta e specifica deliberazione di effettivo affidamento del servizio a quest’ultima società”.
L’assenza di offerte
Se sulla legittimità di affidare ai privati la gestione tecnica del servizio per i prossimi tre decenni non sembra più poter essere messo in discussione, anche se il Tar di Catania deve ancora pronunciarsi sul ricorso presentato dal Comune di Motta Camastra, la cronaca dice che il primo tentativo di espletare la gara si è chiuso con un nulla di fatto.
Era il 29 novembre scorso quando gli uffici dell’Ati di Messina hanno preso atto dell’assenza di buste. Da lì la decisione di riaprire i termini. Ma di fatto si è andati avanti di proroga in proroga. A suggerire di concedere ulteriore tempo alle imprese è stata di recente la stessa commissaria ad acta, con una serie di considerazioni che sono state riportate nella determina del rup Contiguglia. “Già nella fase di gara, prima della presentazione delle offerte, si è presentato un lungo iter di contenzioso avviato da alcuni comuni dell’ambito dell’Ati che, molto probabilmente, ha determinato un forte clima di incertezza da parte degli operatori economici interessati – si legge nel documento – Tale accadimento, tra l’altro, era stato evidenziato da un operatore economico nel mese di ottobre e potrebbe avere fortemente condizionato l’andamento della gara quale concausa della mancata presentazione di offerte alla data del 29 novembre 2023”.
Adesso la speranza dell’Ati è che i pronunciamenti del Tar portino le società del settore a farsi avanti. “L’eventuali di un’assenza di presentazione di offerte metterebbe a rischio il mancato conseguimento degli obiettivi intermedi e finali del Pnrr”, avverte l’Ati. Per capire se l’appello verrà accolto bisognerà attendere ancora due mesi.