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Servono merito e responsabilità Dirigenti pubblici, chi non fa va punito

Il disastro dell’Italia, oltre ai cancri della criminalità organizzata, della corruzione e dell’evasione fiscale, è il sistema pubblico che non funziona, perché le leggi sono scritte in modo ingarbugliato e caotico e i burocrati colgono l’occasione per applicarle male o disapplicarle.
è inaudito che dal sito della Presidenza del consiglio si rilevi che, alla data del 31 ottobre di quest’anno, i decreti attuativi delle leggi approvate sotto i governi Letta, Renzi, Gentiloni, Conte uno e Conte due, non ancora emessi, sono ben 696, di cui alcuni riguardano addirittura la legge di bilancio 2019 (145/18) che si esaurirà in una quarantina di giorni.
Questo modo tutto italiano di approvare leggi, che in buona misura non diventano esecutive perché non correlate a relativi decreti attuativi, è una delle cause del caos che c’è nel settore pubblico.Tale caos fa venire meno la cosiddetta certezza del diritto che, sempre più spesso, appare conforme al suo rovescio.

L’altro corno del dilemma, che rende tutto estremamente difficile e che respinge qualunque voglia di investire nel nostro Paese, è l’insieme della burocrazia e dei suoi quattro milioni circa di dipendenti, compresi quelli delle partecipate pubbliche.
La regola primaria di ogni burocrate, dirigente o dipendente è: chi non fa non sbaglia. è lecito avere timore di commettere errori, per cui è necessario essere ben preparati e competenti, in modo da muoversi in un ambito che si conosce, prendendo le giuste decisioni e approvando correttamente autorizzazioni e concessioni in un tempo europeo, esattamente come fanno le burocrazie austriaca, olandese, finlandese e via enumerando.
Non si capisce perché la nostra burocrazia non debba prendere ad esempio consorelle che funzionano bene e che, per conseguenza, erogano servizi di qualità ai propri cittadini che pagano i loro stipendi.
Qui da noi, invece, non c’è la gara a chi è più efficiente e più meritevole, tanto, anche se si è incapaci o se non si producono risultati, lo stipendio arriva lo stesso e con esso le ottime valutazioni di carriera, con la progressione della stessa carriera anche se si è asini o posseduti dalla malavoglia di lavorare.
Di fronte ai due gravi difetti prima indicati, cioè cattiva formulazione delle leggi e pessimo funzionamento della burocrazia, i rimedi sono contrari nel senso che diremo.
Le leggi vanno approvate nella loro interezza senza demandare ad alcun decreto successivo l’attuazione di questa o di quella parte. Devono essere scorrevoli, rapide, precise, comprensibili e leggibili dai comuni cittadini, come prevede la Costituzione. Per formulare le leggi in siffatto modo occorrono due requisiti: che si sia competenti e che si sia onesti.
Ma voi ne vedete in giro legislatori competenti ed onesti? Non sempre. Ecco spiegata la ragione dei marchingegni legislativi fatti apposta per consentire a tutti di ciurlare nel manico e interpretare le leggi in qualunque modo più favorevole a chi intende utilizzarle per scopi personali.
Intendiamoci, questo modo di fare le leggi non è dei nostri giorni, risale a decenni orsono. tuttavia in questi ultimi anni, l’imbroglio di leggi non trasparenti è aumentato di giorno in giorno.

I burocrati vanno trattati bene, premiati quando meritano e sanzionati quando demeritano; a loro va tolto l’alibi cui ricorrono per non evadere le richieste dei cittadini: dicono che il rischio di sbagliare è elevato, per cui è meglio ritardare l’evasione delle richieste il più possibile e comunque firmare i documenti in tempi biblici.
Questo comportamento segue la regola aurea dei burocrati: chi non fa non sbaglia. Il rimedio consiste nel rovesciare tale detto: chi non fa o ritarda, è punito severamente.
Bisogna mettere in una tenaglia i burocrati: da un canto l’obbligo del fare, e fare bene; dall’altro la sanzione nel caso non si faccia o si faccia male. Insomma, costringerli a restare sulla via dell’efficienza e dell’efficacia, mettendoci ogni briciola della propria capacità, in modo da perseguire gli obbiettivi del proprio lavoro e cioè il servizio ai cittadini.
Dunque, chi non fa va punito, non solo con sanzioni pecuniarie che colpiscano il suo stipendio, ma anche con annotazioni negative sul curriculum professionale.
Qualcuno vedrà questa riforma? non certo io. Spero la veda mia nipote e tutti i giovani della sua generazione.