Si vota - QdS

Si vota

Pino Grimaldi

Si vota

sabato 19 Settembre 2020

E senza sfera di cristallo è difficile immaginare domani (e lunedì mattino)quanti dei 46.641.856 elettori italici – compresi quelli all’estero: ben il 10% – utilizzeranno il loro diritto di componenti il popolo sovrano che delega, approva o respinge ciò che il parlamento(referendum)od il governo sottopone al suo giudizio. Che di questo in ogni democrazia si tratta: il resto è “bla bla bla”.

Campagna elettorale assordante – usuale -, cambi di opinioni legati, si pensa, a quelli stagionali; speranze di far fuori o meno il governo, legittime; paure di sovvertimenti istituzionali assurde dati i tempi; orologi giudiziari in perfetta sincronia; pandemia in lieve ripresa, scontata per la riapertura delle scuole e per l’aumento della tamponatura testante; talk show 24/24 con tutti a dire tutto ed il suo contrario; financo il Papa a dir cose che sarebbe bene lasciasse al segreto della sua coscienza.

Insomma, una sorta di finimondo mediatico accentuato dal fatto che molta parte degli italiani lavora a casa e si sente condannata all’esilio rendendo questa tornata elettorale sui generis: così come l’attuale governo.
Dentro tanta cornice v’è il dipinto.

Fatto da ben 61.567 sezioni elettorali per far sì che il “sovrano” possa votare: a) referendum “conservativo” delle legge approvata l’8 Ottobre 2019 in quarta votazione dalla Camera con 553 si, 14 no, 2 astenuti; b) rinnovo dei consigli di 7 Regioni che coinvolge 18.473.922 elettori; c)rinnovo consigli di 958 Comuni (Sicilia vota il 4 Ottobre) con 5.683.541 elettori; d)voto suppletivo di 2 collegi senatoriali – 819.000 elettori – Sardegna e Veneto- quest’ultimo il solo a votare per tutto quanto.

Ora dire che una “chiamata alle armi” di tal genere con circa 25 milioni di elettori coinvolti nel cambiare consigli di sette regioni e di circa mille comuni più due collegi senatoriali non abbia alcun significato politico appare riduttivo e legato al fatto che ciascuno dei leader conserva in tasca il poter dire che ha vinto anche se perde, come più volte accaduto.
Diverso se il corpo elettorale vota ed in quanti e come al referendum popolare confermativo delle modifiche degli Art.56, 57, 59 della Costituzione.

Quinto nella storia repubblicana (1946 monarchia repubblica, 2001 titolo V costituzione, 2006 devolution, 2016 abolizione Senato ed altro (Renzi-Boschi proponenti), hic et nunc non cambia nulla.
Ma obbliga se i “si” prevalgono (non v’è quorum) ad approvare una nuova legge elettorale che andrà in operativo nella prossima legislatura (marzo 2023) e dopo che sarà stato eletto il prossimo presidente della Repubblica (2022).

Vi saranno, allora, 400 Deputati e 200 Senatori e si dovrà stabilire quanti abitanti ciascuno rappresenta e quali parti del Paese e le funzioni, forse diverse, delle due Camere. E tutto ciò è “politica” perché cambia l’assetto rappresentativo del Paese e la capacità costituzionale del “popolo sovrano”.
Non pensarlo è scorretto.

D’accordo non è “monarchia o repubblica” come nel 1946. Ma gli rassomiglia.
E pensarci non è scorretto.

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