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Giovanni Pizzo  |
sabato 22 Ottobre 2022

Mentre l’Italia dopo meno di un mese dalle elezioni si è rimessa in moto, la Sicilia pascola con un fare abulico.

Mentre l’Italia dopo meno di un mese dalle elezioni si è rimessa in moto, la Sicilia pascola con un fare abulico. L’altro giorno un’avveduta imprenditrice siciliana della Sicilia orientale mi ha chiesto ma del governo, degli assessori, dei dirigenti generali ancora non si sa nulla? No gli ho spiegato, una norma del governo precedente ha posticipato la nomina degli assessori, la conferma successiva dei capi dipartimento, all’insediamento della nuova Assemblea Regionale. Cosa che avrebbe un senso se si dovesse votare la fiducia e se fossimo in un sistema di elezione parlamentare del presidente della Regione, ma così non è. Di fatto Schifani governa da solo, con un suo capo di gabinetto, con le carte che ormai abulici capi di gabinetto del precedente governo gli mandano da guardare, ma su cui non avendo una giunta non opera. Potrebbe farlo con decreti del Presidente ma lo stile di Schifani è altro, molto cauto e palermitano in questo. Per cui tutto è fermo. L’imprenditrice catanese, di cui sopra, mi chiede ma così con chi se deve interloquire? Come si fa ad andare avanti, avanti appunto, parola che risuona in ogni finale di conversazione a Catania. Non si va avanti, si galleggia in una bonaccia senza vento come il mare di oggi, in cui le vele non si gonfiano nemmeno se tutto l’equipaggio si mette a soffiare. Di fatto siamo a fermo biologico–politico. Il Parlamento regionale, causa ritardi di promulgazione eletti da parte dei tribunali competenti, si insedierà solamente il 7 novembre forse. Per cui mentre l’Italia ha perso un mese scarso noi ci prendiamo altri 15 giorni almeno di ferie politico-amministrative. Sempre che si trovi una quadra nella maggioranza. La colpa è di voi palermitani, mi dice la mia interlocutrice catanese, che siete statici e legati ad una visione di potere non fattiva, mentre noi catanesi abbiamo deciso di mollare Palermo, tanto non gira un euro, e ci siamo diretti su Roma, abbiamo il Ministro del Mare, e pure Urso al Mise, anzi alle Imprese ed al made in Italy, lui perfetto ed elegante, è di Catania anche lui. E Ignazio La Russa, seconda carica dello Stato, è di Paternò, sempre avanti noi catanesi, non perditempo come voi palermitani che le chiamate arancine, da noi hanno la punta perché noi svettiamo. E siamo sicuri che qualche altro catanese fa il sottosegretario, vediamo va, avanti.
Cosa gli vuoi rispondere, davanti a queste osservazioni concrete basate su una cultura della competizione schumpeteriana, mentre noi sorseggiando lenti i nostri caffè, in cui lo scorrere del tempo ha altri ritmi, in cui lo stare immobili, seduto magari in un angolo del bar Mazara, tirava fuori nella riflessione di un’epoca un capolavoro come il Gattopardo. Ma per uno che scrive un capolavoro ci sono tanti scriba mediocri come il sottoscritto.
Cosa rispondere alla simpatica amica catanese che vede scorrere le lancette senza risultati tangibili? Che ha ragione. I tempi cambiano e non si può vivere di rendita di posizione, così care ai palermitani. C’è un nuovo clima nel Paese, ops scusatemi, Nazione, ed è la prima volta di una donna, forte e volitiva, Premier. Certo i problemi sono tanti ed imponenti, ce la farà? Sicuramente ce la metterà tutta, dopodiché, se non riuscisse, c’è sempre un Signore canuto, affidabile, da cui ha ricevuto l’incarico, si chiama Mattarella. Guarda il caso è di Palermo.
Così è se vi pare.

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