Il mare siciliano non gode di buona salute. Lo conferma la relazione strategia marina del 2024 pubblicata da Arpa Sicilia, che sintetizza un anno di monitoraggi condotti nell’ambito della direttiva europea 2008/56/Ce sulla tutela dell’ambiente marino. L’obiettivo è valutare il cosiddetto Ges, il buono stato ambientale dei nostri mari, ovvero il punto in cui l’ecosistema marino riesce a mantenere equilibrio e biodiversità senza subire danni dalle attività umane. I dati raccolti raccontano una realtà fatta di luci e ombre, ma a prevalere sono le criticità ambientali: fondali marini danneggiati dalla pesca a strascico, presenza diffusa di metalli pesanti e mercurio ben oltre i limiti di legge, spiagge invase da rifiuti e microplastiche, e nuove specie aliene che si affacciano nei porti siciliani.
Tra gli aspetti più preoccupanti emerge lo stato dell’integrità del fondo marino. Arpa Sicilia rileva che nelle aree monitorate, in particolare al largo di Termini Imerese, il buono stato ambientale non è raggiunto. La pesca a strascico continua a esercitare un impatto significativo: gli habitat risultano semplificati, dominati da specie resistenti e poveri di quelle più vulnerabili o strutturanti. In pratica, la rete a strascico “spiana” il fondale, distruggendo la complessità ecologica che permette la vita a molte altre specie. Gli indicatori ecologici parlano chiaro: la diversità funzionale è ridotta, la resilienza degli ecosistemi è bassa e gli equilibri naturali risultano alterati. Tutti segnali che confermano un evidente degrado.
Gravi anche i risultati relativi al descrittore 8 – contaminanti. I sedimenti marini rivelano concentrazioni di sostanze tossiche e metalli pesanti allarmanti. Circa il 20% dei campioni supera i limiti di legge per residui di composti organici come Dde, Ddd ed esaclorobenzene, mentre nel 78% dei campioni prelevati in 19 stazioni si registrano livelli di arsenico e cromo oltre soglia. Ma è nei pesci che la situazione diventa davvero preoccupante. Le analisi sul biota (organismi marini) mostrano concentrazioni di mercurio fino a 100 volte superiori al limite normativo di 20 microgrammi per chilo (µg/kg). A Mazara del Vallo il merluzzo contiene 42,6 µg/kg, mentre una triglia pescata a Termini Imerese ha raggiunto addirittura 2640 µg/kg. Valori che destano forte preoccupazione, anche se Arpa precisa che la copertura dei dati non è ancora sufficiente per esprimere una valutazione complessiva.
Altro punto critico riguarda il descrittore 10-rifiuti marini. Nessuna delle spiagge monitorate ha raggiunto il buono stato ambientale: tutte risultano in stato di “non Ges”. Le quantità di rifiuti solidi superano i limiti stabiliti dalle direttive europee e dal programma Unep-Map. Le analisi sui microrifiuti – in particolare le microplastiche – rivelano dati drammatici. Nelle stazioni di Mondello, Augusta e Playa di Catania le concentrazioni sono fino a 100 volte superiori al valore soglia. Ciò significa che in alcune aree le microparticelle di plastica sono ormai parte integrante dell’acqua marina. Anche i rifiuti galleggianti, seppur meno numerosi, sono composti quasi esclusivamente da polimeri artificiali.
Novità sul fronte delle specie non indigene
Non mancano poi le novità sul fronte delle specie non indigene (Nis). Nel porto di Catania sono state individuate due nuove specie mai segnalate prima in Sicilia: Phallusia nigra (un tunicato appartenente al phylum dei cordati) e Dynoides amblysinus, un crostaceo isopode. Nel complesso, nel 2024 sono state rinvenute 34 specie aliene, di cui solo due di nuova introduzione. Nel porto di Siracusa, invece, non si registrano nuove entrate, ma sono state ritrovate nove specie già note, confermando la loro permanenza e adattamento agli ambienti portuali.
Al QdS interviene Anna Abita, direttrice ad interim dell’area mare di Arpa Sicilia
“Cricità nel sistema, occorre una maggiore sensibilizzazione di cittadini e decisori politici”
Sullo stato delle acque che circondano l’Isola, abbiamo intervistato Anna Abita, direttrice ad interim dell’area mare dell’Arpa Sicilia.
Dottoressa Abita, ancora una volta emerge che lo stato dei mari siciliani è preoccupante sotto diversi punti di vista. Ci faccia un quadro della situazione: che voto darebbe al mare siciliano e perché?
“La direttiva quadro sulla strategia marina (direttiva 2008/56/Ce, marine strategy framework directive Msfd, ndr) rappresenta il principale strumento adottato dall’Ue per proteggere e salvaguardare l’ambiente marino, promuovendo al contempo la sostenibilità delle attività legate al mare. Il decreto legislativo 190 del 13 ottobre 2010 di recepimento della Msfd individua le azioni strategiche in materia di ambiente marino da realizzare nelle tre sottoregioni alle quali afferiscono i mari italiani: Mar Mediterraneo occidentale, Mar Ionio e Mare Mediterraneo centrale, Mare Adriatico. Ciascun ciclo sessennale di implementazione del decreto legislativo prevede, a partire dal 2012, la valutazione dello stato ambientale (articolo 8, ndr), la definizione di Ges (articolo 9, ndr), la definizione dei traguardi ambientali (articolo 10, ndr), i programmi di monitoraggio (articolo 11, ndr), i programmi di misure (articolo 12, ndr). L’articolazione dei monitoraggi per gli 11 descrittori individuati dalla strategia marina nelle tre sottoregioni marine richiede l’adozione di protocolli metodologici standardizzati e condivisi su tutto il territorio nazionale. Gli 11 descrittori qualitativi fanno riferimento a molteplici aspetti dell’ecosistema marino quali la biodiversità, l’introduzione delle specie non indigene, lo sfruttamento delle risorse ittiche, le reti trofiche, l’eutrofizzazione, l’integrità dei fondali marini, le alterazioni delle condizioni idrografiche, i contaminanti in mare e nei prodotti della pesca, i rifiuti marini e il rumore sottomarino. In particolare nel 2024, Arpa Sicilia ha realizzato dei monitoraggi relativamente a biodiversità, specie non Indigene, eutrofizzazione, integrità fondo marino, contaminanti e rifiuti marini. I dati relativi ai contaminanti, ai rifiuti e alla pressione antropica sui fondali hanno mostrato elementi di criticità per il sistema”.
Le microplastiche restano uno dei problemi preponderanti. Perché questa eccessiva presenza nei mari siciliani?
“Purtroppo si tratta di un problema su scala globale. È chiaro che il nostro report riguarda i dati dei mari siciliani, da cui emerge che la quantità di rifiuti supera i valori soglia stabiliti dalla Comunità Europea. La causa è da addebitarsi all’enorme uso di plastica ‘usa e getta’ che viene utilizzata soprattutto nei paesi occidentali”.
“Tantissimi i progetti portati avanti da Arpa in questi anni non solo per il monitoraggio ma anche per il miglioramento degli ecosistemi. Che risultati avete ottenuto?
“Arpa ha tra le sue funzioni quella di partecipare a progetti che riguardano lo scambio di competenze, esperienze e sensibilizzazione del pubblico sulle tematiche di tutela e valorizzazione dell’ambiente. Istituzionalmente, però, i compiti di elaborazione di misure rivolte alla mitigazione e al miglioramento dello stato dell’ambiente riguardano il decisore politico ai diversi livelli”.
Se non si cambia marcia al più presto, secondo lei, cosa potrebbe accadere ai mari siciliani e in che tempi?
“È fondamentale proseguire sia il monitoraggio delle matrici ambientali per valutarne nel tempo gli effetti che effettuare campagne di informazione e sensibilizzazione, a cui Arpa partecipa in sinergia con i diversi altri soggetti della società civile e gli organi istituzionali”.
Secondo lei le istituzioni ai vari livelli cosa possono fare in tempi relativamente brevi per provare a cambiare questo preoccupante trend?
“Queste problematiche non possono in larga parte essere risolte nel breve periodo, poiché coinvolgono dinamiche complesse che richiedono tempo e azioni coordinate su più livelli. Sicuramente una più approfondita conoscenza degli ecosistemi e una maggiore sensibilizzazione dei cittadini e dei decisori politici circa lo stato di qualità dell’ambiente potrà indirizzare le scelte verso soluzioni sostenibili e rispettose dell’ambiente, che necessitano anche di una modifica dello stile di vita del mondo occidentale, che finora ha sfruttato la natura come se le risorse ambientali fossero inesauribili. L’uomo deve imparare a convivere con il mondo naturale avendone rispetto e cura”.

