In Italia, tra gli under35 che vivono da soli, quasi uno su cinque non può permettersi un’alimentazione adeguata. È il dato più allarmante dell’ultimo rapporto diffuso dall’Istat sul tema dell’insicurezza alimentare nel 2024. Un documento che rivela un Paese in equilibrio precario tra ripresa economica e nuove forme di povertà. Mentre l’Europa riduce le disuguaglianze, l’Italia arretra: cresce la quota di chi non può permettersi un pasto proteico almeno ogni due giorni, passando dall’8,4% del 2023 al 9,9% del 2024. Un incremento che riporta indietro di quasi un decennio i progressi raggiunti sul fronte dell’inclusione alimentare e che adesso mette sotto la luce d’ingrandimento il disagio vissuto dalle nuove generazioni, tra lavori precari e incertezza sul futuro.
Nel 2024, quasi sei milioni di italiani hanno rinunciato a un pasto proteico per ragioni economiche
Dietro queste cifre si nasconde un fenomeno strutturale che l’Istat definisce “insicurezza alimentare moderata o grave”. Si tratta di una condizione in cui le persone non hanno accesso regolare a un’alimentazione sana, nutriente e sufficiente per condurre una vita attiva. Una dimensione che va ben oltre la fame: tocca la qualità del cibo, la possibilità di scegliere cosa mangiare, e la capacità economica di mantenere un equilibrio nutrizionale adeguato. L’insicurezza alimentare, spiega l’Istat, colpisce oggi soprattutto i giovani e i single. Tra gli under35 che vivono da soli, il 17,8% dichiara di non potersi permettere un’alimentazione adeguata, una quota doppia rispetto alla media generale. Seguono i single di età compresa tra i 35 e i 64 anni (15%) e gli over65 soli (12,6%). La situazione è aggravata dal caro-vita e dall’aumento dei prezzi dei beni alimentari registrato tra il 2022 e il 2023.
Il fenomeno è strettamente legato al reddito e alla condizione abitativa
Tra le famiglie con un solo percettore di reddito, la quota di chi non può permettersi un pasto proteico sale al 14,9%, mentre scende al 7,8% quando i percettori sono due o più. L’insicurezza alimentare colpisce in particolare chi vive in famiglie con un basso titolo di studio: il 13,7% tra chi ha come livello massimo la licenza media inferiore, contro il 6,9% tra chi ha un titolo universitario. Nel Mezzogiorno, il 12,1% della popolazione non può permettersi un’alimentazione adeguata, contro il 9,5% del Nord-Est e il 9,8% del Nord-Ovest. L’Istat rileva che la quota di popolazione che non dispone di soldi sufficienti per acquistare il cibo necessario è pari al 2,7%, ma nel Sud sale al 4,3%. Più di 1,4 milioni di famiglie – oltre tre milioni di individui – hanno dichiarato di aver fatto ricorso ad aiuti alimentari o materiali.
Situazione allarmante anche per i minori
Tra i minori, la situazione è altrettanto allarmante. Oltre 430mila bambini sotto i 16 anni (5,6% del totale) vivono in famiglie che non possono garantire loro un’alimentazione completa e variata. Nel Mezzogiorno la percentuale sale all’8,7%. I più colpiti sono i minori che vivono in famiglie monogenitore (7,8%) e quelli i cui genitori hanno solo la licenza media inferiore (17,9%). In Sicilia, la situazione riflette e amplifica le tendenze nazionali. Secondo le più recenti rilevazioni Istat e Banca d’Italia, oltre il 13% delle famiglie siciliane dichiara di avere difficoltà ad acquistare prodotti alimentari di qualità. Tra i giovani under35 che vivono da soli, la quota di chi non può permettersi un pasto proteico almeno ogni due giorni si attesta al 20%, tre punti sopra la media nazionale. La condizione dei minori in Sicilia segue lo stesso trend: circa il 9% dei bambini e ragazzi sotto i 16 anni vive in famiglie che faticano a garantire pasti equilibrati. La Regione Siciliana, attraverso il Dipartimento Famiglia e Politiche Sociali, ha finanziato nel 2024 il “Piano contro la povertà alimentare”, che prevede 40 milioni di euro per il potenziamento delle mense scolastiche e dei centri di distribuzione solidale. Stante i numeri: niente più che una goccia nell’oceano.
Crisi alimentare economica ma anche culturale
Secondo la Corte dei Conti, solo il 52% dei fondi è stato effettivamente speso entro fine anno. Le associazioni territoriali, come Banco Alimentare Sicilia e Caritas, continuano a supplire alle carenze del sistema pubblico, registrando un aumento del 12% delle richieste di aiuto rispetto al 2023. La crisi alimentare siciliana non è solo economica ma anche culturale. Secondo uno studio dell’Università di Palermo, la riduzione dei consumi di frutta, verdura e proteine animali ha portato a un peggioramento della qualità nutrizionale media delle famiglie. Nel 2024, il 35% dei giovani tra i 18 e i 34 anni dichiara di saltare regolarmente uno dei tre pasti principali per risparmiare.
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